La lettera della figlia aveva toccato il cuore a chi l’aveva letta qualche giorno fa ed aveva fatto riflettere perché aveva messo in luce il silenzio di chi sta sta soffrendo nei reparti di terapia intensiva, dove si è ritrovato a lottare per la vita. Di quei familiari appesi alla speranza di una telefonata, che è l’unico punto di contatto con quel loro caro, a cui non possono nemmeno tenere la mano.
Si è spento all’età di 81 anni Gianpiero Carollo, maestro elementare, professore di Liceo e preside del Corradini di Thiene.
Carollo è stato anche per 15 anni sindaco di Lugo, dove ha lasciato un’impronta forte dell’uomo che era. Lo ha ucciso il covid, preso in ospedale, dove era stato ricoverato per una brutta caduta in giardino.
Il calvario di questo grande insegnante, che aveva messo il suo bagaglio a disposizione della comunità, era iniziato il 31 ottobre scorso, quando aveva riportato la frattura di due vertebre cervicali.
Dieci giorni di ricovero nel reparto di ortopedia a Santorso, quindi il trasferimento all’ospedale di Vicenza, dove era stato sottoposto ad un intervento di neurochirurgia per la stabilizzazione della frattura.
A raccontare gli ultimi giorni di Gianpiero Carollo è stata, prima della morte, la figlia Elisa, avvocato 40enne che ha scritto una lettera al presidente della Regione Luca Zaia per portarlo a conoscenza non solo del dramma che stava vivendo per le condizioni del padre, ma anche per rivolgergli un appello affinchè richiamasse i veneti al rigore nei comportamenti quotidiani.
Dopo l’intervento, Gianpiero Carollo sembrava essersi ripreso, aveva superato l’operazione e moglie e figlie finalmente avevano ripreso a vedere la luce.
Tutto è cambiato dopo tre giorni, quando i medici hanno contattato i familiari del professore per comunicare loro che il covid lo aveva infettato.
Da qui, “il lento straziante precipitare della situazione, una settimana e papà si è ammalato di polmonite bilaterale – ha raccontato la figlia Elisa nella lettera a Zaia – I medici ci hanno detto che la condizione era grave e lo hanno ricoverato in terapia intensiva, dove è stato intubato. I dottori hanno poi deciso di passare dall’intubazione alla tracheotomia. La diagnosi era molto seria e mamma aveva riferito ai medici che papà non avrebbe voluto l’accanimento terapeutico”.
Gianpiero Carollo si è spento durante queste feste ‘diverse’, dove tra lagne social di chi dichiara di sentirsi in prigione e sotto dittatura solo per non poter pranzare in dieci , c’è chi muore in solitudine. Uomini e donne superficiali che sbraitano come forsennati per una mascherina sul volto che trovano ingiusta mancano di rispetto a chi soffre in un reparto di terapia intensiva con un tubo in gola. Leoni da tastiera che proprio non ce la fanno, prima di scrivere, a pensare a chi giornalmente, chiude gli occhi per sempre a causa di un virus maledetto, che nonostante i vaccini faremo fatica a metterci alle spalle.
La storia di questo insegnante, emblema dell’uomo buono, generoso, rispettoso delle regole della società, colpisce. Ma è la lettera che la figlia Elisa ha scritto a Zaia mentre il papà lottava intubato in un letto della terapia intensiva a rappresentare uno schiaffo in faccia a chi si lamenta ogni santo giorno e non si rende conto di quanto accade a pochi passi da casa sua.
La lettera è garbata. Elisa Carollo confessa al governatore del Veneto di non essere tra quelli che l’hanno votato, ma di avere apprezzato le modalità con cui ha gestito la prima ondata dell’emergenza coronavirus. Affranta dal dolore, ignara della morte in agguato dell’adorato papà, Elisa chiede al presidente, a nome di tante altre famiglie italiane che sono in contatto con la terapia intensiva, se non sia opportuno ritornare ad ‘una linea più dura, forse più impopolare, ma senza dubbio salvifica’.
“Papà fino al 31 ottobre era un uomo che andava a fare camminate in montagna, leggeva giornali e libri, si curava nel fisico e nella mente, ha contratto il virus in ospedale e non perché è andato al bar o in centro a fare l’aperitivo infischiandosene bellamente delle regole e della salute altrui”.
Natalia Bandiera