Hanno finto perdite economiche che in realtà risalivano a prima del Covid, oppure hanno riesumato una società inattiva da cinque anni. Alcuni fondi sono perfino finiti in Cina. C’era perfino un imprenditore che diceva di essere schiavo del vizio del gioco e anche lui ha beneficiato di aiuti Covid, salvo poi usarli per scommette su piattaforme di gioco online. Il suo caso come gli altri è uno di quelli che la Guardia di finanza di Treviso ha trovato e denunciato nell’ambito dei controlli sul corretto uso degli aiuti, stanziati dallo Stato per fronteggiare l’emergenza da Covid sfociata in crisi di liquidità e aumento dell’indebitamento delle imprese. Nella corsa a queste risorse i furbetti non sono mancati: l’indagine della Gdf di Treviso ha consentito di individuare e denunciare 51 imprenditori, che hanno ricevuto senza averne diritto, o hanno utilizzato per finalità non consentite, oltre 1,5 milioni di euro di aiuti statali, sotto forma di prestiti garantiti o contributi a fondo perduto. I finanziamenti con garanzia pubblica sono previsti per assicurare la liquidità alle imprese messe alle corde dal Covid, ma con l’obbligo di destinare le somme a finalità connesse al fabbisogno aziendale; i contributi a fondo perduto, invece, sono stati introdotti e assegnati in proporzione alla diminuzione di fatturato causata dall’emergenza coronavirus.
Ma nei casi scoperti dalle Fiamme gialle “numerose imprese non avevano alcun diritto a ottenere i benefici”: li hanno incassati tramite false autocertificazioni o nascondendo informazioni sulle reali condizioni economiche; altre, pur avendone titolo, hanno utilizzato la liquidità ottenuta per finalità completamente estranee alle esigenze imprenditoriali. E nei trucchi adottati ci sono veramente tanti espedienti.
Tra le numerose violazioni accertate dalla Gdf, il caso più frequente è quello riscontrato in 28 società che, al momento della presentazione della domanda di finanziamento, hanno dichiarato di non avere perdite pregresse, non dipendenti dall’emergenza Covid, mentre, in realtà, si trovavano già in stato di difficoltà: hanno ottenuto indebitamente prestiti per 780.000 euro, che lo Stato, nella sua veste di garante, si troverà costretto a restituire nell’ipotesi -non remota per la Gdf- in cui le imprese non siano in grado di farlo. A conferma di questo rischio, basta citare la circostanza che una di queste società, non appena ottenuto il finanziamento garantito, è stata messa in liquidazione volontaria. Diversi, poi, i casi di utilizzo di dichiarazioni o documenti falsi, come quello di tre società cartiere, inserite in un meccanismo di emissione di fatture false: hanno avuto prestiti garantiti per 129.000 euro ne hanno richiesti altri 400.000 euro, bloccati però da una segnalazione al Mediocredito Centrale, organismo che garantisce, conto dello Stato, i finanziamenti.
E ancora: uno dei denunciati ha presentato dati completamente falsi sulla sua attività, che di fatto non è stata mai esercitata; un altro ha chiesto gli aiuti con una partita Iva inesistente, riuscendo comunque a ottenere liquidità per 11.500 euro; c’è stata la riesumazione di una società inattiva da cinque anni, che ha ottenuto 4.000 euro perché penalizzata dalla crisi economica dovuta alla pandemia. Alcuni imprenditori, poi, per avere il contributo a fondo perduto, parametrato al calo del fatturato nei primi mesi del 2020, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, hanno pensato di annullare tutte le fatture emesse a inizio 2020, differendole ai mesi successivi.
Non mancano i casi di utilizzo delle somme ottenute per finalità personali, del tutto estranee a quelle per le quali gli aiuti statali sono stati concepiti, a iniziare dall’acquisto di autovetture e costosi telefoni cellulari, per passare all’investimento in azioni altamente speculative; diversi denunciati, poi, hanno bonificato somme a propri familiari, che le hanno a loro volta utilizzate per spese personali, tra cui abbigliamento e prodotti per la casa. L’imprenditore che si diceva malato di ludopatia ha ottenuto un finanziamento garantito dallo Stato per 25.000 euro e, subito dopo l’accredito, se li è giocati. Un cinese, infine, non appena ottenuto il contributo, lo ha dirottato su conti correnti accesi in banche del suo paese di origine.
Per 51 persone è stata informata la Procura di Treviso affinché valuti la rilevanza penale delle condotte scoperte dalle Fiamme Gialle. Altri 15 imprenditori, responsabili di irregolarità di minore gravità o che hanno ricevuto somme inferiori ai 4.000 euro, sono stati segnalati per una sanzione amministrativa. Per i finanziamenti garantiti, infine, tutte le violazioni accertate sono state segnalate al Mediocredito Centrale, per l’attivazione delle procedure di revoca della garanzia. La caccia agli speculatori da parte della Gdf è stata condotta sfruttando le potenzialità tecnologiche offerte dall’applicativo “Dorsale Informatica”, che consente di incrociare informazioni provenienti da diverse banche dati, e da un innovativo software di analisi predittiva, ideato dal Comando regionale Veneto per monitorare le eventuali infiltrazioni criminali nelle imprese di nuova costituzione.