Ed è già passato un anno. Un anno da quel 13 novembre 2013 quando la parrocchia di San Vincenzo e l’intera città di Thiene erano piombate nella disperazione e nello sgomento dopo che il parroco don Piergiorgio Sandonà, 77 anni, era stato colto da un malore e trovato privo di sensi nella casa canonica in Piazza del Giubileo. Dapprima il trasferimento a Santorso, poi la corsa al “San Bortolo” di Vicenza per cercare di fermare la doppia emorragia cerebrale.
Don Giorgio aveva fatto tremare il cuore di tanti amici. Lui, poliedrico e amante dell’arte e del canto gregoriano, originario della parrocchia di Caltrano dove era nato il 13 marzo 1936, era giunto nel 1987 a Thiene dalla parrocchia di Mure di Molvena. A San Vincenzo da 26 anni era stato guida saggia e pastore instancabile della chiesa della Pentecoste da lui inaugurata oltre che direttore della Scuola di Formazione Teologica di Thiene.
Da subito centinaia le mani alzate a chiedere a Dio la grazia della guarigione per don Giorgio: dai suoi fratelli che mai l’hanno abbandonato un istante ai confratelli sacerdoti del vicariato thienese, dalle comunità di Caltrano a Thiene, passando per Calvene e Zanè. Ma una preghiera corale per lui fin da subito era stata quella anche in due luoghi di eremitaggio dal mondo: i detenuti del carcere di massima sicurezza “Due Palazzi” di Padova, che don Giorgio era andato a visitare, e le monache clarisse del convento di Paganica de L’Aquila.
“I miracoli, chiesti insistentemente nella preghiera, esistono” – ci conferma papa Francesco e così è stato. Don Giorgio, dopo un anno, è rinato, vive ancora nella sua San Vincenzo, anche se al di là della rotatoria, all’“Opera Immacolata Concezione”, dove incessante è la vicinanza di tante persone che mai l’hanno abbandonato.
Incredula Elisa Sandonà, sua nipote, 25 anni, oggi si confida:‘C’è chi, a settantotto anni suonati, con la forza di un leone (o della fede), ti insegna che, dopo due emorragie cerebrali e sessantatré giorni di coma che qualcuno dava per “irreversibile”, mi dimostra ogni giorno che di “irreversibile” non esiste proprio nulla. Mi dimostra che quella che tanti, per mesi, hanno chiamato “morte cerebrale” è irreversibile solo nelle menti di chi crede che sia tale’.
‘Era impossibile – continua commossa – che superasse quell’operazione. Eppure l’ha sconfitta. Era impossibile che si risvegliasse dal coma. Eppure ha aperto gli occhi’.
E poi, rivolgendosi direttamente allo zio, Elisa conclude:‘Eppure “sono contento” sono state le tue prime parole. Era impossibile che ti ricordassi come si suona il pianoforte. Eppure al pomeriggio suoni gli accordi dei canti gregoriani. Era impossibile che cominciassi a coordinare i movimenti. Eppure oggi cammini, pochi passi, ma cammini. Era impossibile che ti ricordassi di essere sacerdote. Eppure la preghiera è stata il tuo primo pensiero. Era impossibile che superassi le prime ventiquattro ore e poi le successive trentasei, quarantotto, sessanta… Eppure, zio Giorgio, sei qui. E, un’ultima cosa: chi se ne frega se non sei più “quello di prima”. Per me sei ancora meglio!’.
Parole di Elisa. Parole di un miracolo. Il miracolo della rinascita. Un anno dopo.
Sandro Pozza