Sono 23 gli ospiti deceduti nelle case di riposo della Ulss7 dal 20 febbraio 2020 ad oggi su un totale di 217 persone risultate positive al test del coronavirus.
Il 10,6% degli anziani, ricoverati nelle strutture che avrebbero dovuto proteggere i nostri nonni, invece ha contratto il covid-19 e i malati non ce l’hanno fatta a superare le crisi respiratorie. Per i 17 che hanno il virus e sono ora ricoverati all’ospedale, fortunatamente c’è ancora speranza.
Se ne sono andati senza fare rumore e come succede in questi casi probabilmente senza nemmeno avere il tempo di salutare nel modo opportuno i loro cari.
Il dato è stato rilevato in 32 strutture dell’azienda sanitaria Pedemontana, da Bassano del Grappa a Santorso, passando per l’Altopiano di Asiago.
Ben più grave la situazione degli operatori, con il 5% di loro colpiti da Coronavirus, la percentuale più altra tra le aziende sanitarie della Regione, dove la percentuale generale si attesta al 3%.
Sono 2.657 gli operatori in servizio nelle 32 strutture analizzate e tra di loro, ben 140 sono risultati positivi al covid-19, 901 di loro è stato sottoposto a tampone, mentre 888 hanno fatto l’analisi mediante test rapido.
Percentuali che in ogni caso rispecchio l’andamento generale delle Ulss dell’intero Veneto, come ha confermato Manuela Lanzarin, assessore regionale a Sanità e Sociale, che questa mattina, nel punto stampa accanto al governatore Luca Zaia, ha spiegato i controlli che sono stati fatti nelle residenza sanitarie per anziani della Regione, ad ospiti e operatori, mediante tampone e test rapido.
Cgil, Cisl e Ulil: ‘Il tempo è scaduto serve intervenire con riposte immediate’
Si susseguono notizie sempre più drammatiche sulla diffusione del virus all’interno delle Case di Riposo e questo fa comprendere come il grido d’allarme lanciato ormai da settimane dalle Organizzazioni Sindacali, insieme ad altri, non fosse inutile allarmismo, quanto il segno di una grande preoccupazione che si è purtroppo trasformata in drammatica profezia. Lo diciamo con dolore e amarezza, consapevoli della grande fragilità dei nostri anziani e del pericolo che incombe, ma anche della sofferenza di tanti familiari che si trovano ad affrontare perdite tanto drammatiche quanto frustranti. Lo diciamo con la consapevolezza delle condizioni di chi opera all’interno delle strutture residenziali: lavoratori che con abnegazione, e non senza timori, si trovano giorno dopo giorno ad affrontare turni di lavoro massacranti, dovuti ad una cronica carenza di organico che ora si sta aggravando anche a causa della “positivizzazione” di parte del personale.
Non riteniamo utile entrare nel merito di un dibattito politico che, nel tracciare il quadro sconfortante della diffusione del virus in diverse Case di Riposo del vicentino, concentra l’attenzione su alcune strutture anziché altre. Non lo facciamo perché riteniamo debba essere la magistratura a stabilire se vi sono state mancanze e responsabilità, in capo alle diverse strutture residenziali. Non
lo facciamo perché quel che conta, oggi, è ribadire con forza la necessità di trovare una risposta urgente e di sistema, una risposta che non può essere posta in carico alle singole strutture residenziali ma che deve prevedere una governance sanitaria unica.
La situazione grave e “frastagliata” all’interno della nostra provincia mette in gioco diversi fattori, a partire dall’adeguatezza di chi è chiamato a gestire l’emergenza nelle diverse Case di Riposo, ma guardando anche alle condizioni di contesto di ciascuna struttura residenziale (condizioni legate a spazi disponibili, consistenza e formazione del personale, presenza e adeguatezza dei DPI, velocità delle attività di screening di ospiti e operatori, chiarezza e coerenza delle procedure operative interne), condizioni di contesto che ci fanno comprendere che le singole case di riposo non hanno strumenti reali per fermare la diffusione del contagio tra gli ospiti.
Quanto sta avvenendo in questi giorni ci pone ancor più seriamente davanti all’urgenza di valutare davvero l’ipotesi di individuare strutture interamente dedicate ad ospiti contagiati dal Covid-19, oltre che di tenere sotto strettissimo monitoraggio le condizioni di salute di ospiti e operatori anche all’interno delle strutture non ancora contaminate dal virus. L’elaborazione da parte delle Ulss del cosiddetto “piano di sanità pubblica”, vale a dire una valutazione delle condizioni di rischio per ciascuna struttura residenziale, deve a nostro avviso essere un passo decisivo e non più rinviabile per l’individuazione delle azioni da mettere in campo per arginare una situazione che rischia di essere già fuori controllo.
Ciò che emerge con chiarezza, a nostro avviso, è che la Regione Veneto avrebbe dovuto intervenire prima con indicazioni urgenti e cogenti (non con semplici “riferimenti aventi valore indicativo”) e che serve ora una presa in carico complessiva e di sistema da parte delle Ulss. Che le singole strutture residenziali, oltre ad attenersi rigorosamente alle disposizioni adottate, devono mantenere alta l’attenzione e il livello di interlocuzione con la rappresentanza dei lavoratori, garantendo trasparenza e velocità nella trasmissione delle informazioni a operatori, ospiti e parenti. Il tempo è ampiamente scaduto, ogni giorno che passa è un giorno di colpevole ritardo, di cui non si potrà non tenere conto”.