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Boom di contagi in Veneto: “Varianti del covid responsabili della diffusione”

E’ boom di contagi covid in Veneto e arriva anche la notizia non solo che i laboratori della Regione hanno identificato la variante inglese del codiv, ma anche che nello stesso Veneto ci sono virus diversi, che caratterizzano la seconda ondata.

A spiegarlo è Laura Ricci, direttore dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IZSVe), che, affiancando il presidente Luca Zaia nella quotidiana conferenza stampa a Marghera, ha sottolineato “Fondamentale è caratterizzare i virus per seguirne l’andamento, se si conosce bene il nemico è molto più facile combatterlo. Ci sono 37 virus isolati in Veneto a novembre e in questi troviamo otto varianti di Sars-Covid 2. Stiamo avendo a che fare, oggi, con tipi di virus completamente diversi rispetto a questa estate. Hanno una mutazione che lo rendono più contagioso, quello della variante inglese, inoltre in Veneto abbiamo trovato singole varianti caratterizzate da alta contagiosità. Dovremo approfondire meglio queste varianti territoriali”.

Secondo Laura Ricci e Francesca Russo, titolare del Dipartimento Regionale di Prevenzione, potrebbero essere proprio queste varianti le cause del gran numero di contagi in Veneto.

“Stiamo avendo a che fare con virus completamente diversi anche rispetto alla prima ondata e ai contagi estivi – hanno spiegato Zaia e Ricci in conferenza – In Veneto sono state trovate singole varianti che si diffondono con facilità e questo spiega l’elevato caso di contagi di questi giorni. La seconda ondata caratterizzata da tipi di virus diversi”.

Le varianti del virus inglese, rilevate con i tampini rapidi ai quali i pazienti erano risultati positivi e dimostrando quindi la validità dei test anche questa variante, sono state rilevate in tre pazienti veneti, uno a Vicenza e due a Treviso.

“Tutti i pazienti positivi alla variante inglese avevano fatto il test rapido ed erano risultati positivi. Questo vuol dire che il test rapido funziona anche per questa variante”, ha spiegato Roberto Rigoli, vicepresidente dei microbiologi italiani.