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Arsiero. ‘Sono vivo per miracolo, ora voglio vivermi questa seconda occasione’

Ha ancora il volto deperito e l’incarnato un po’ pallido da cui emergono ancor più intensi due grandi occhi stanchi e segnati, ma colmi di speranza.
Per Bryan Comparin, 22 anni compiuti pochi giorni fa e impegnato come artigiano nella ditta di famiglia, è passato solo un mese da quel tragico 26 settembre, quando si trovava assieme all’amico Alessio Costa a bordo della Subaru Impreza che è carambolata fuori strada nel tratto di Provinciale che costeggia il torrente Astico in località Schiri di Cogollo del Cengio.
Per il giovane velese che era alla guida il tremendo schianto è risultato fatale e Bryan lo ricorda così: “Con Alessio siamo sempre stati amici e compagni di scuola. Ci eravamo un po’ persi di vista, ma proprio quest’estate ci eravamo riavvicinati trascorrendo molti fine settimana assieme. Quel maledetto sabato eravamo partiti da Arsiero dove avevamo trascorso la serata in allegria. Sia io che Alessio non avevamo bevuto che un paio di aperitivi, niente di più. Avevamo deciso di chiudere così la serata, ma dovendo fare rifornimento alla sua macchina abbiamo allungato il tragitto anche perchè il motore della Subaru richiede un carburante particolare che non si trova dappertutto. Una volta saliti a bordo effettivamente correvamo, dicevo ad Alessio che forse stava un po’ esagerando ma lui si sentiva sicuro al volante: in un minuto e mezzo senza che me ne rendessi conto mi sono trovato intrappolato nell’auto ribaltata a diversi metri dal ciglio della strada” – racconta senza interrompersi e con la lucidità di chi quegli attimi li rivive continuamente nella propria testa.
“Ho impresso nella mente che l’orologio segnava le 2.33. Ero vivo, non sentivo alcun dolore, forse anche per l’adrenalina del momento in bilico tra sconsolamento e primordiale istinto di reazione. Vedevo la mia mano con le dita collassate ma volevo solo uscire di lì e ho iniziato a prendere a pugni vetri e portiera. Chiamavo ripetutamente e incitavo Alessio, ma non mi rispondeva. Lo credevo svenuto. Sono riuscito a chiamare i soccorsi, minuti interminabili prima di sentire finalmente qualcuno che ci veniva a salvare. Dalla strada non ci potevano vedere quindi se non avessi chiamato io rimanendo sempre vigile e presente a me stesso, chissà quanto avremmo aspettato…” – continua  Bryan dimostrando un piglio coraggioso anche nell’argomentare momenti tanto concitati quanto disperati – “Dalle lamiere mi sono tirato fuori quasi da solo, aggrappandomi alla carcassa dell’auto: i sanitari viste le mie condizioni volevano attendere i Vigili del Fuoco ma io sentivo il bisogno di uscire da quell’inferno”.
Un bisogno di salvarsi, un’urgenza di vivere che lo ha accompagnato poi anche all’ospedale dove ha appreso solo qualche ora dopo mentre veniva stabilizzato che l’amico di cui insisteva a chiedere notizie purtroppo non ce l’aveva fatta.
Il quadro clinico di Bryan si è subito palesato in tutta la sua gravità: bacino rotto in due punti, osso sacro compromesso, più dita fratturate in modo scomposto e botte ovunque al punto da creare un danno con sversamento accanto ai polmoni ancora in fase di riassorbimento.
“Ora sono a casa tra letto e divano, non posso lavorare nell’azienda di papà e non posso giocare a calcio. Ma sono vivo e mi sento fortunato” – afferma sospirando – “Mi attende un lungo percorso di riabilitazione, la prossima settimana andrò alla Clinica Riabilitativa presso Mezzaselva di Roana dove mi aiuteranno a rimettermi pian piano in piedi e a cominciare a caricare un po’ di peso. Spero e mi impegnerò al massimo per tornare alla normalità per la primavera prossima” conclude il ragazzo con tutta la grinta e la determinazione dei suoi vent’anni.
L’età certo gioca a favore, così come la consapevolezza peraltro non comune di aver di fronte una seconda chance tutt’altro che scontata. “Quel giorno mi sono meravigliato di non essere morto e da allora mi dico che se sono ancora qui, benchè acciaccato, significa che la vita mi deve ancora dare tanto. E io voglio vivere, voglio tornare a sorridere un po’…certo non posso dimenticare Alessio e nemmeno quanto è accaduto, ma devo guardare al presente e al mio futuro, alla famiglia, a miei affetti, alla mia fidanzata Anna. Non posso tornare indietro e cancellare tutto, ma devo valorizzare il buono che la vita mi vorrà ancora riservare”.
Un ultimo pensiero il ventiduenne arsierese lo riserva agli appassionati di motori: ” Amare le auto, il rombo dei motori è una cosa che accomuna molti e non c’è niente di male ma bisogna usare la testa e capire il rischio. Molti dicono che siamo noi giovani a esagerare, ma conosco gente molto più avanti con gli anni di me che corre per le strade sprezzante del pericolo e del rischio per sé oltre che per gli altri”.
Affermare che da tutta questa vicenda si possa trarre o anche solo intravedere un qualche risvolto positivo, se non per il “miracolo” di Bryan, sarebbe quantomeno irrazionale.
Eppure paradossalmente il messaggio e la storia di Bryan sono comunque una luce in fondo ad un lungo tunnel oltre che un monito senza limiti d’età: “Quando premi sull’acceleratore, non puoi sconnettere il cervello. Il divertimento è un’altra cosa”.
Marco Zorzi