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Thiene. Filippo Busin: 5 mesi in Parlamento tra assenteisti, incompetenti e raccomandati

Se esiste il mito che i politici che siedono sulle poltrone romane non lavorano, lui ci tiene a sfatarlo dichiarando che non solo lavora, ma studia per arrivare preparato ed è sempre puntuale al suo ingresso in Parlamento, da dove,  dichiara amareggiato: ‘Non usciranno mai le soluzioni per i veri problemi degli italiani’.

Fillippo Busin, lei è un ‘politico di Roma’ da marzo.  5 giorni su 7 la sua presenza nelle sedi che contano. Ci spieghi in parole povere: che cos’è il Parlamento?

Il Parlamento è lo specchio dell’Italia che sta bene. Ci sono persone che hanno un valore etico e morale altissimo, che sono molto preparate per il ruolo che svolgono e sono i politici che, se la legge lo consentisse, potrebbero ricostruire l’Italia. Parlo anche di persone che hanno un orientamento politico diverso dal mio, ma che oggettivamente sono valide. Poi ci sono quelli nel mezzo, che hanno il posto, lavoricchiano, prendono il permesso per portare il criceto dal veterinario e vanno in ferie allegri. Ci sono anche quelli che sono l’amico di …., l’amante di …., il fratello della zia del cugino di…. Totalmente incompetenti e inadeguati al ruolo, assenteisti e scrocconi.

Pensa che gli italiani siano consapevoli di quanto accade in quei luoghi istituzionali dove si decidono le sorti della loro vita quotidiana?

Spesso no. Ci sono persone che sui media vengono ‘disintegrati’,  ma che in aula invece sono molto competenti e riscuotono vagonate di applausi anche dagli avversari. Alcuni sono delle vere autorità politiche, ma il pubblico li conosce con i nomignoli più stravaganti.

Qual è la parola più ricorrente a Montecitorio? E quale l’argomento principale?

La parola è tasse. Oppure imposte, crescita, debito pubblico. Ora che ci rifletto, spero che questo sia dovuto al fatto che io sono in Commissione Finanza. Comunque in effetti sì, queste sono le parole. L’argomento è quello all’ordine del giorno. Quella più pronunciata in assoluto è Imu.

Ero pronta a scommettere che avrebbe risposto ‘Berlusconi’….

E’ quello che traspare dai media, ma in Parlamento è già visto come il passato.

E’ vero che tanti politici dormono e si fanno i fatti loro?

Ci sono molti assenteisti e ci si distrare. Ma devo ammettere che è difficile essere sempre sull’attenti dopo ore che si parla di argomenti strettamente tecnici. Ci sono però anche quelli che sono sempre sul pezzo e non hanno mai mancato un appuntamento. Io, ad esempio.

Immagini di essere un cittadino qualsiasi, che va a fare la spesa al supermercato e le tasse gli hanno mandato in fumo i progetti per il weekend dopo una settimana di duro lavoro. Si sentirebbe ben rappresentato dal Parlamento?

Assolutamente no. Non c’è una cabina di regia all’altezza del paese. C’è una distanza siderale tra chi amministra e chi vive. Lo Stato è lontano e inadeguato. Siamo la seconda nazione europea in fatto di produzione e abbiamo un governo da ‘Repubblica delle banane’. Non sono le persone, è la macchina che non va e anche la Costituzione è da rivedere. Abbiamo una macchina lenta e ferruginosa degna di un paese dell’800. Il paese ha corso e si è sviluppato velocemente. La tecnologia e le industrie galoppano, ma lo Stato è fermo. Roma capitale è un’idea romantica, ma è poco pratica. Lo Stato non è all’altezza del tessuto economico e produttivo che rappresenta.

Ci spieghi meglio questo concetto.. ….

Lo Stato non può aiutare le industrie, che sono la base dell’economia e del futuro, perché non ha la cultura industriale. Per noi veneti è una cosa che si capisce al volo. Noi veniamo dalla povertà e con il lavoro duro abbiamo fatto partire il nostro territorio. Poche chiacchiere e molti fatti. Ci si aspetta che lo Stato cammini di pari passo alla sua gente, che viva lo stesso processo di modernizzazione. Ma l’Italia non è così. Lo Stato di oggi è lo stesso che mandava i soldati in Russia con le scarpe di cartone e i fucili che si inceppavano per il freddo.

Quindi secondo lei la politica può fare uscire il paese da questo stallo?

Sono convinto di no. Fare le leggi è una lungaggine assurda e per mettere d’accordo tutti alla fine siamo tutti scontenti. Molte leggi vanno bene al nord, ma non al sud e viceversa, perché i problemi sono completamente diversi e a volte servirebbero leggi opposte per far crescere il territorio. Sono molto meglio le amministrazioni locali, sono più vicine ai cittadini e nel loro piccolo agiscono. Lo stato dovrebbe imparare dai comuni. Beh, non dal Comune di Napoli o da quello di Roma che ha già dichiarato default. Forse la cultura ci può salvare. Dove c’è cultura non servono tante leggi.

Veniamo a lei. Che uomo politico è?

Io sono una persona seria. Anche se sono laureato in economia ho ricominciato a studiare per essere preparato su tutti gli argomenti. Sono l’unico in Commissione Finanza e sono anche il mio capogruppo. Mentre gli altri, che sono di più, si dividono gli argomenti, io devo affrontarli tutti. E’ un lavoro enorme. Non posso prendere pause, sono sempre presente e di conseguenza sono sempre a Roma, sacrificando la mia famiglia e il mio ruolo in azienda. Non mi sento un privilegiato, ma un gran lavoratore.

Riesce a fare qualcosa per Thiene e per il suo territorio?

E’ il mio cruccio. Da quando ho iniziato sono sempre a Roma ma voglio ritagliarmi più tempo per il mio territorio, del quale voglio essere l’espressione. Finora ho fatto delle interrogazioni, ma farò di più. Ogni settimana mando un rendiconto della mia attività, e chi mi segue sa che sto lavorando. Non sto pensando al mio futuro politico, per me anche cambiare un articolo di legge a favore del mio territorio è già appagante.

Qual è stato finora il momento più emozionante?

L’elezione del Presidente della Repubblica. Napolitano è un grande statista. La cerimonia solenne è stata veramente una grande emozione.

E il momento che l’ha fatta arrabbiare o intristire di più?

Mi arrabbio ogni volta che ci accusano di razzismo senza valutare quello che diciamo. Il fatto è che molti professano l’etica dei principi belli. Cosa che farei volentieri anche io se ci fosse la possibilità concreta di metterli in pratica. Ma quando si professano ideali perfetti sapendo che non si possono mettere in pratica, allora interviene il mio lato pratico. Non è razzismo è concretezza. La maggior parte delle persone si perde in quella che io chiamo ‘l’etica dei principi irresponsabili’. Io, che amo parlare a voce bassa e cerco sempre di essere composto, una volta mi sono perfino alzato in piedi e ho gridato ‘ipocriti!’

Anna Bianchini