a cura di Studio Cataldi
Spetta l’assegno di divorzio alla ex, in ragione del contributo alla formazione del patrimonio del marito, visto che si è dedicata per tutta la durata del matrimonio all’accudimento ed educazione dei figli, peraltro per scelta condivisa con l’ex coniuge, essendo impedita così allo svolgimento di attività lavorative. E’ quanto ha affermato la Cassazione con l’ordinanza n. 13224/2023 (sotto allegata) dichiarando inammissibile il ricorso dell’uomo avverso la sentenza della Corte d’appello che lo condannava a versare un assegno divorzile di oltre 2mila euro, comprendendovi anche la somma dovuta per sostenere gli oneri locativi dell’ex moglie.
Ciò in ragione della notevole redditività dell’attività imprenditoriale dell’uomo, nel campo della ristorazione, oltre alla proprietà di vari immobili. L’ex moglie invece aveva profuso un notevole impegno in famiglia per l’accudimento e la crescita dei tre figli in 25 anni di durata della relazione familiare, contribuendo in tal modo al notevole incremento patrimoniale dell’ex-marito acquisito nel corso del matrimonio; pertanto, l’assegno divorzile rispondeva alle funzioni assistenziale, compensativa e perequativa (con riferimento alle SU n. 18287/18).
L’uomo si rivolgeva pertanto al Palazzaccio lamentando, tra l’altro, violazione dei principi di cui alla l. n. 898/70, per aver la Corte d’appello omesso di accertare l’inadeguatezza dei mezzi della ex e dell’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, considerato che la stessa non aveva mai cercato attività lavorative, pur avendone la possibilità, non essendo sufficiente, al fine del riconoscimento dell’assegno divorzile, l’attività di accudimento della prole.
Per la Cassazione, tuttavia, la Corte d’appello, investita della domanda di corresponsione di assegno divorzile, deve accertare l’impossibilità dell’ex-coniuge richiedente di vivere autonomamente e dignitosamente e la necessità di compensarlo per il particolare contributo, che dimostri di avere dato, alla formazione del patrimonio comune o dell’altro coniuge durante la vita matrimoniale, nella registrata sussistenza di uno squilibrio patrimoniale tra gli ex coniugi che trovi ragione nella intrapresa vita matrimoniale, per scelte fatte e ruoli condivisi. L’assegno divorzile, infatti, proseguono i giudici della S.C., “deve essere adeguato anche a compensare il coniuge economicamente più debole del sacrificio sopportato per aver rinunciato a realistiche occasioni professionali-reddituali – che il coniuge richiedente l’assegno ha l’onere di dimostrare nel giudizio – al fine di contribuire ai bisogni della famiglia, rimanendo, in tal caso, assorbito l’eventuale profilo assistenziale” (Cass., n. 38362/21). Inoltre, “è stato altresì affermato che, in tema di determinazione dell’assegno di divorzio, il principio secondo il quale, sciolto il vincolo coniugale, ciascun ex-coniuge deve provvedere al proprio mantenimento, è derogato, oltre che nell’ipotesi di non autosufficienza di uno degli ex coniugi, anche nel caso in cui il matrimonio sia stato causa di uno spostamento patrimoniale dall’uno all’altro coniuge, ‘ex post’ divenuto
ingiustificato, che deve perciò essere corretto attraverso l’attribuzione di un assegno, in funzione compensativo-perequativa, adeguato a compensare il coniuge economicamente più debole del sacrificio sopportato per aver rinunciato a realistiche occasioni professionali reddituali, che il richiedente l’assegno ha l’onere di indicare specificamente e dimostrare nel giudizio” (Cass., SU, n. 18287/18; n. 23583/22).
Nel caso concreto, in conformità dei suddetti principi affermati dalla giurisprudenza, il giudice di secondo grado ha ritenuto che la controricorrente avesse diritto all’assegno divorzile nella misura stabilita, accertando, con motivazione insindacabile in sede di legittimità, che la donna si era dedicata per tutta la durata del matrimonio all’accudimento e all’educazione di tre figli, quale scelta condivisa con l’ex-coniuge, costituendo ciò una ragione impeditiva dello svolgimento di attività lavorative.
Ne consegue che l’assegno è stato correttamente liquidato in favore della controricorrente, nella sua declinazione compensativa e perequativa, sulla base della disparità reddituale-patrimoniale tra gli ex-coniugi, e del contributo che la aveva apportato alla formazione del patrimonio dell’ex-marito.
Scarica pdf Cass. n. 13224/2023
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