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Quando tra il dire ed il fare c’è di mezzo il terremoto

Il terremoto del Centro Italia riporta a galla gli antichi mali nazionali: una pletora di personaggi che intervengono per esprimere illuminanti opinioni sulle cause dei crolli, sul cosa sarebbe stato necessario fare per evitare il dramma, per concludere col classico ”io l’avevo detto, ma nessuno mi ha dato ascolto”.

Per non parlare delle innumerevoli inchieste giudiziarie che magistrati bisognosi di ribalta stanno aprendo sui crolli degli edifici pubblici (ma anche privati). Inchieste che, come la storia giudiziaria di questo Paese dovrebbe insegnare, non porteranno a nulla o quasi. Ma loro, i magistrati, hanno già sentenziato che i crolli sono dipesi dalla scarsa qualità dei materiali dato che il calcestruzzo conteneva più sabbia che cemento, dicono. Peccato che il calcestruzzo si faccia con una miscela di inerti definita “ghiaia” e, del resto, a Legge uno degli esami obbligatori è “Tecnologia delle Costruzioni”.

Poi, tranquilli, su tutto vigilerà S. Cantone, patrono degli appalti, mentre la ricostruzione sarà “progettata” dall’archistar. Il delirio degli innocenti…

L’altra sera in un talk show serale c’era l’ex capo della Protezione Civile Bertolaso che annunciava tempi lunghi per la ricostruzione, se tutto andasse bene almeno 10 anni, e la necessità di decine di miliardi di euro. Concetto ribadito il giorno successivo pure dal ministro Delrio.

Ora, se dessimo l’incarico di valutar i costi di ricostruzione alla nota casalinga thienese, l’amabile signora Maria, ella, abituata a far quadrare il bilancio domestico, ci farebbe un calcolo spiccio per dirci che, dalle cronache, risulterebbero meno di 3.000 gli sfollati causati da questo sisma; il che significa che potrebbero essere circa 1.500 le case da ricostruire.

La simpatica  signora ci direbbe poi che costruire una villetta di circa mq 300 costa, qui da noi, costa circa 500.000 euro; cifra che comprende le strutture antisismiche, il rispetto di tutte le norme sul risparmio energetico ivi compreso l’uso di fonti energetiche alternative per i fabbisogni della predetta villetta.

Considerando l’arredamento e gli oneri dello sgombero delle macerie, la prudente Maria aggiungerebbe altri 100.000 euro. La somma, pertanto, lieviterebbe a 600.000 euro.

Le 1.500 case, quindi costerebbero 900 milioni di euro.

Maria, per eccesso di zelo, arrotonderebbe al miliardo di euro la somma necessaria: non si sa mai!

Per evitare la facile obiezione, la puntuale casalinga precisa che nel conto mancano i costi per la ricostruzione degli edifici pubblici e delle infrastrutture che, certo, avranno subito danni.

Tuttavia, la tenace donna ci zittirebbe sostenendo che per costruire al massimo un centinaio di edifici pubblici (municipi, scuole, ospedali, caserme per le Forze dell’Ordine, ecc.), mette sul piatto altri 3 miliardi.

La somma necessaria per la ricostruzione potrebbe essere di 4 miliardi di euro, cioè circa lo 0.5% del PIL nazionale.

Ma veniamo ai tempi.

È evidente che un intervento del genere non può essere realizzato in un tempo brevissimo, ma occorre considerare che il comparto edilizio sta attraversando la peggior crisi di sempre e che migliaia di piccole imprese del settore vivacchiano col poco lavoro che c’è.

Con una squadra di 6 muratori, 2 elettricisti, 2 idraulici, 2 falegnami, 2 lattonieri, 2 fabbri, 2 pavimentisti, 2 serramentisti, due imbianchini, un team di progettisti ed i vari fornitori di materiali da costruzione, la villetta di cui sopra si realizza in circa 18 mesi.

Insomma, trovare qualche centinaio di imprese e professionisti per realizzare le opere non pare essere una difficoltà e, con queste premesse e con gli euri a disposizione, la ricostruzione si potrebbe effettuare in 3-4 anni.

L’incognita vera è come sempre rappresentata dalla paralizzante, spesso inutile, burocrazia. Il vero dramma italiota…

Maurizio Dal Santo