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‘Profugopoli’. La troupe di La 7 sbarca a Schio. ‘Ecco chi si riempie le tasche con i migranti’

Mentre tutti facevano la guerra a quei disperati, contestando quei 35 euro della Comunità Europea, c’era una cooperativa con autentico orgoglio veneto, che pensava a fare affari sulla pelle di quei ‘cani randagi’. ‘Tanto a questi non darà retta nessuno se li tratteremo come bestie, se li sfameremo con riso in bianco e acqua del rubinetto. Se saranno costretti a urinare per strada e se moriranno dal freddo’. E così la cooperativa Csfo di Monselice si è arricchita accaparrandosi il business degli immigrati, con la complicità del clima di tensione nei confronti di quegli ‘intrusi’ che quei 35 euro non solo non li hanno mai visti, ma sono diventati una mafia, ben radicata sul nostro territorio.

Il tutto è spiegato nel nuovo libro di Mario Giordano dal titolo ‘Profugopoli’. In barba alla stampa locale presa a dichiarare guerra al nemico, il direttore di rete 4 ha condotto un’inchiesta ‘in casa nostra’ che fa venire i brividi, che ci fa rendere conto di chi sia il vero nemico, quello che si arricchisce davvero e non con 35 euro al giorno. Sono le cooperative che fanno a gara per accappararsene il più alto numero possibile ed i guadagni quantificati dal noto giornalista, che è lo stesso che un paio di anni fa ha messo nero su bianco le cifre da capogiro di vitalizi e compensi milionari dei politici italiani, sembrano come un fiume in piena. Certo, perché se con quei 35 euro ti impegni a garantire colazione, pranzo e cena, corsi di italiano, integrazione, pulizia e decoro degli ambienti, chi vuoi che darà ascolto a quegli uomini di colore, che per partito preso, la gente penserà che stanno mentendo se oseranno denunciare che tutto quello pattuito dalla cooperativa loro non ce l’hanno?

‘L’’ultimo bilancio disponibile del Csfo alla Camera di Commercio è quello del 2011, quando la srl non si occupava ancora di immigrati – si legge sul libro di Mario Giordano –  Allora registrava un fatturato piuttosto modesto (117.000 euro) e una perdita d’esercizio di 8375 euro. I bilanci successivi non risultano consultabili. Ma forse non è irrilevante questo dato: la società che gestisce l’accoglienza di 80 profughi in provincia di Vicenza ha l’86 per cento del capitale vincolato nel CalvetTrust, un fondo soggetto alla legge di Jersey, nota isola del Canale della Manica in cui prosperano le società off shore e non si pagano le tasse. Poi dicono che l’accoglienza non renda bene. Altro che: fa guadagnare direttamente il paradiso. Quello fiscale, però’.

Sabato scorso, la troupe di La 7 è stata a Schio e in un bar di Giavenale ha intervistato il sindaco Valter Orsi, il primo che si è ritrovato a dover fronteggiare l’emergenza profughi a Pian delle Fugazze. Con lui, anche l’assessore al Sociale ed il vicesindaco di Velo d’Astico Antonella Ceri e Chiara Lorenzato. Ad accomunare questi amministratori dell’Alto Vicentino, il fatto che parte dei migranti rifugiati a Schio e tutti quelli che si trovano a Velo, sono gestiti dalla ormai nota cooperativa Csfo Monselice. Ai microfoni della giornalista del programma ‘Di Martedì’, Orsi, Ceri e Lorenzato hanno riferito lo stesso copione. Non è la cooperativa ad occuparsi dell’integrazione di quegli sventurati, ma è grazie all’impegno non dovuto di comuni attenti al tema che alcuni di loro oggi lavorano, frequentano la parrocchia, giocano a calcetto e imparano la lingua’.
Ai microfoni della cronista Emanuela Pendola, Orsi ha ricordato il famoso caso di Pian delle Fugazze: ‘ Ci sono atti ufficiali che denunciano che le cooperative fanno la cresta sui 35 euro – ha detto il primo cittadino scledense, che attualmente ospita circa 100 immigrati, nonostante non abbia firmato il protocollo della prefettura – Il business è il punto focale, mentre i profughi vengono lasciati nel degrado’.

Quindi ha preso la parola l’assessore Antonella Ceri: ‘Il carico sociale è costretto a sostenerlo l’amministrazione. L’operatore della cooperativa di Monselice doveva essere presente dalle 8 alle 21, ma veniva si e no una volta alla settimana. Siamo stati costretti a prendere un nostro uomo di fiducia che abita in paese e può seguire i profughi, che sono arrivati senza scarpe e sono rimasti per giorni così, con la coperta con cui erano sbarcati. Col tempo noi e la Caritas gli abbiamo fornito indumenti, ma la cooperativa è assente’. A confermare il racconto della collega Ceri, che si è spesa per la dignità di quei rifugiati che se li devi ospitare quanto meno che non siano trattati come animali, è il vicesindaco di Velo: ‘ Quello dei profughi è un mercato’.

Natalia Bandiera

Marta Boriero