Donald Trump non ha tardato a mettere da parte gli altri impegni in agenda e ad annunciare che sabato prossimo sarà ai funerali di papa Francesco in Vaticano. Il suo vice presidente JD Vance è stato addirittura tra le ultime personalità a incontrare il Pontefice prima del decesso.

“Melania e io andremo al funerale di Papa Francesco, a Roma. Non vediamo l’ora di esserci!”, ha scritto enfaticamente il presidente Usa sul suo social Truth. E tra gli altri leader mondiali che saranno presenti per l’occasione in Piazza San Pietro, Trump non poteva far mancare la sua partecipazione, per due motivi principali: da una parte, l’appoggio di massa avuto per la sua rielezione dalla base cattolica americana.
Dall’altra per una visione di prospettiva: far sentire la sua ‘attenzione’ di leader della super-potenza Usa a chi dovrà eleggere, fra poco, il successore di Bergoglio. Tenendo presente che gli Stati Uniti possono contare su 10 cardinali elettori, anche se posizionati su schieramenti non omogenei. Non è un segreto che il pontificato di Francesco sia stato una sorta di spina nel fianco per la linea dell’amministrazione Trump.

Le critiche, anche pesanti, sono fioccate dal Papa argentino: a partire dalla considerazione che un leader che vuole erigere muri contro i migranti “non è cristiano”, anzi, è “contro la vita”, anche se quest’ultimo giudizio di Francesco non ha risparmiato la candidata democratica ed ex vice presidente Kamala Harris per le sue aperture pro-aborto.

Un Pontefice ‘globalista’, anti-occidentale e paladino del Sud del mondo e dei poveri di ogni continente come Bergoglio non è mai andato a genio al nazionalista e ultra-nazionalista Trump, che ora amerebbe un cambio di fronte a lui più favorevole anche in Vaticano. La lettera dello scorso febbraio ai vescovi degli Stati Uniti, in cui il Papa diceva che “deportare le persone lede la dignità di intere famiglie” e invitava a costruire ponti non “muri di ignominia”, ha lasciato il segno, aprendo uno scontro alla luce del sole. E sia per il buon andamento interno, sia per scongiurare frizioni internazionali, il tycoon preferirebbe evitare in futuro altri ‘incidenti’ di questo genere.

Anche il suo sodale Elon Musk sarà in Vaticano per l’ultimo saluto a Francesco, ma il suo lavoro al fianco di Trump va verso la scadenza: è difficile pensare per il Conclave a interventi plateali come quelli a favore dell’Afd in Germania e in genere delle formazioni di ultra-destra in Europa. Ma una pressione sotterranea dell’entourage di Trump per far salire al soglio di Pietro un candidato gradito è già nei fatti, anche tramite l’arcipelago mediatico presidiato dal cattolicesimo americano più conservatore. “C’è un tentativo anche più ampio, un progetto più a lungo termine: quello che stanno costruendo guarda fino al prossimo secolo”, dice all’ANSA lo storico del cristianesimo Massimo Faggioli, docente alla Villanova University, in Pennsylvania, recente autore di ‘Da Dio a Trump’.
“E’ un progetto politico, anche intellettuale, di ricostruire un cattolicesimo ‘all’americana’ – spiega -. Potrà avere un’influenza sul Conclave, ma rappresenta un potere, di tipo finanziario, intellettuale, formativo, che può andare anche al di là del papato. Così come è stato già con Bergoglio, e per Trump ha funzionato benissimo”. E’ un progetto “nato 40 anni fa in forma moderata con il movimento neo-conservatore – prosegue Faggioli -. Negli anni 2000, dopo l’11 settembre, si è radicalizzato. Poi è esploso con papa Francesco, un Pontefice che portava avanti una posizione opposta”.
Ora per avere un Papa ‘gradito’ in Vaticano, quest’area guarda al cardinale di New York Timothy Dolan, i cui numeri negli ultimi tempi sono in salita. Meno in sintonia con la linea Trump sono il cardinale di Chicago Blase Joseph Cupich e quello di Newark Joseph William Tobin, le cui voci si sono levate fermamente contro le deportazioni di migranti. Gli spazi per trattative con altri fronti conservatori del Sacro Collegio, però, ci sono, anche in favore di candidati non statunitensi. E molto si giocherà anche nelle ‘cordate’ da costruire in sede di Congregazioni pre-Conclave. La situazione, comunque, è in divenire, e non è certo detto che il tentativo vada in porto.

“Fino al dicembre scorso – osserva Faggioli – chi era cattolico e trumpiano poteva convincere anche altri che Trump fosse positivo per la Chiesa: ‘è contro il gender, è contro l’aborto, insomma è dei nostri'”. “Adesso le cose sono cambiate, e dopo gli espatri di migranti, dopo i tagli alla cooperazione, tutto è molto più difficile – conclude -. Occorrerà vedere quanto i cardinali avranno il coraggio per far passare quella linea come accettabile”.

Ansa

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