In fondo è tutta una questione di credibilità. E Mimmo Lucano, sindaco di Riace, arrestato lo scorso 2 ottobre, di credibilità ne ha da vendere. Ma va ammesso: Lucano ha comunque sbagliato.
Disobbedire alle leggi, anche se fatto per ‘umanità – come risulta dalle indagini di quella stessa procura che lo ha indagato per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, uso fraudolento dei fondi destinati all’accoglienza, fraudolento affidamento diretto per la raccolta dei rifiuti – è sbagliato anche se a disobbedire è uno credibile.
Di quanta credibilità goda quel sindaco tutto cuore lo dimostra il gran numero di cortei, manifestazioni a suo favore che da sud a nord hanno occupato le strade italiane.
Ma nasce il sospetto che tutta questa solidarietà possa rappresentare quel mix di opportunismo, protagonismo, ma anche adeguamento alla massa: fa fico mostrarsi solidale a chi ha coraggio. Si arriva a credere che solo partecipando a un corteo si è capaci di quell’ardire che ti fa diventare ‘eroe’. Invece che essere solo un numero in piazza.
Riace ieri era un modello di accoglienza, oggi è un esempio da non imitare. Perché l’inclusione sociale, l’interazione di culture e tradizioni diverse sono un obiettivo che va raggiunto senza contravvenire alle leggi.
E di leggi contravvenute ce ne sono a iosa nel modello Riace realizzato da Lucano. Secondo accusa: matrimoni combinati tra residente italiano e migrante, rilascio di carte d’identità senza che l’intestatario abbia il permesso di soggiorno, fatture gonfiate per ottenere i fondi, quando non false addirittura.
Insomma, se davvero siamo in presenza di questi reati; se l’accusa, nel corso del processo dovesse reggere, Mimmo Lucano ha sbagliato forte, non va santificato, e soprattutto non va preso come esempio strapositivo di sindaco accogliente, perché potrebbe creare pericolosi meccanismi di assimilazione della disobbedienza alle leggi.
Né il fine umanitario può essere giustificato. Allora tutti potremmo adeguarci ad una simile concezione di vita. Facciamo un esempio: si ha un vicino di casa indigente, sfrattato da casa, magari anziano e impossibilitato a lavorare, tu lavori in banca, maneggi soldi da mattina a sera, sei giustificato a rubarli per aiutare il vicino indigente?
E’ solo un esempio banale di come potrebbe andare la società se – pur in assenza di lucro, un profitto proprio – si rubasse, ci autogestissimo in assenza di regole morali. Spacciandole per morali.
E intanto la società si droga di ideali falsati da una errata interpretazione di quel codice unico che è la legge.
Certo, non aiuta i suoi accaniti sostenitori l’atteggiamento tronfio di Lucano, cui, a tutta prima, sta giovando più l’essere indagato che anni di ‘accoglienza illegale’, visto che erano molti gli italiani che non sapevano che a Riace c’era un sindaco che sfidava le leggi per garantire uno status sociale ai migranti.
Che poi, diciamolo, se proprio in questo paese derelitto volessimo manifestare contro una magistratura che delude le aspettative degli italiani, dovremmo farlo per quelle sentenze inique che non saziano gli appetiti di giustizia del popolo. L’ultima in ordine di tempo? Quei 18 anni inflitti all’assassino di Noemi Durini, 16enne seppellita viva sotto pesanti pietre nel settembre 2017. E va aggiunto che, se davvero li farà tutti e non interverranno sconti di pena, l’oggi 18enne omicida sarà fuori, male che vada, a 36 anni. In tempo per rifarsi una vita e una verginità.
Ma Noemi Durini e le tante vittime di una violenza non punita dalla giusta pena non avevano la credibilità di Lucano. Manifestare per tutte loro non farebbe lo stesso rumore. Per quelle vittime basta un post indignato su Facebook.
Ma infine, è solo un parossismo. La legge va sempre rispettata. Che piaccia o no.
Patrizia Vita