AltoVicentinOnline

Nell’Alto Vicentino persi 50mila posti di lavoro: Cgil in fermento. Pronti per andare a Roma

C’è molta agitazione nella Cgil per lo sciopero nazionale di sabato prossimo a Roma, al quale saranno presenti anche molti lavoratori vicentini. ‘I pullman preventivati non basteranno. Le adesioni si stanno allargando’, ha evidenziato Giuliano Ezzelini Storti della Filctem (Federazione Italiana Lavoratori Chimica Tessile Energia Manifatture) Alto vicentino nella conferenza indetta venerdì 17 ottobre.

 

 

Ezzelini Storti, affiancato da Michele Gregolin della Fiom (Federazione Impiegati Operai Metallurgici), Danilo Andriollo della Fillea (Federazione Italiana Lavoratori Legno Edili e Affini) e Giulia Miglioranza di Fp (Funzione Pubblica), oltre che dai delegati Rsu di aziende del comprensorio (tra queste la Dentart, la Pozzani, la Omera e la Scm Stefani), ha messo in evidenza i dati allarmanti dell’occupazione vicentina e i settori che non riescono ancora a emergere dalla lunga crisi.

 

Nella sola provincia di Vicenza i licenziamenti individuali sono ancora a livelli preoccupanti: 7.542 nel 2009, 6.822 nel 2010, 6.039 nel 2011, 6.946 nel 2012 e 5.648 nel 2013, mentre le procedure di mobilità collettiva sono addirittura in crescita rispetto al 2012: 279 nel 2010, 257 nel 2011, 192 nel 2012, 248 nel 2013. ‘Ciò significa – hanno commentato Gregolin ed Ezzelini Storti – che negli ultimi quattro anni in provincia di Vicenza sono state messe in mobilità ben 50.000 persone’.

 

In particolare Gregolin, che ha competenza nel settore metalmeccanico, è molto pessimista per il futuro dei lavoratori dell’Alto vicentino, ed ha ricordato in particolare due aziende: la Stefani e la Laverda. La prima è ricorsa al contratto di solidarietà per il quarto anno, la seconda probabilmente rallenterà i volumi di produzione. Anche il tasso di rioccupazione non è rassicurante: 61% nel 2009, 69% nel 2010, 66% nel 2011 e del 63% nel 2012. ‘La situazione non ha visto miglioramenti – ha messo in risalto il sindacalista –. Che cosa sta facendo il Governo?. Della riforma del lavoro non se ne sta discutendo. È fondamentale far ripartire i consumi, fare investimenti e piani industriali pubblici e privati, ma le politiche attuali non vanno in questa direzione”.

 

Semaforo sempre rosso anche per l’edilizia. ‘Dall’inizio della crisi ad oggi nel Vicentino abbiamo avuto un 38% in meno di lavoratori occupati – ha ricordato Andriollo della Fillea riprendendo i dati delle Casse edili – e le imprese sono diminuite di circa il 37%. Crollano quelle storiche e ciò rischia di accentuare le irregolarità del settore’. Andriollo rileva anche come si parli poco di Sblocca Italia, che ‘garantirà più cemento e meno vincoli, in sintesi darà più possibilità di aggirare le regole, andando nella direzione opposta a quella necessaria. Manca inoltre la conferma degli incentivi sul risparmio e la riqualificazione energetica degli edifici, che avevano permesso a molte aziende di lavorare’.

 

Variegati invece i casi nel comparto manifatturiero. “Ci sono situazioni a macchia di leopardo, – ha spiegato Ezzelini Storti – perché alcune aziende vanno bene, altre hanno subito un crollo’.

 

Se è anche vero che a livello regionale nel 2013 c’è stato un incremento dell’11% delle assunzioni (fonte: Veneto Lavoro), si tratta tuttavia di rapporti di lavoro a tempo determinato, di somministrazione (ex interinali) o atipici. I contratti a tempo indeterminato si sono infatti ridotti del 5%, e i lavoratori inseriti nelle liste di mobilità sono saliti del 3%, mentre i licenziamenti collettivi sono incrementati di 10.000 unità.

 

Infine, per quanto riguarda il lavoro pubblico, ovvero lavoratori che erogano servizi pubblici con contratti sia pubblici sia privati, Giulia Miglioranza ha spiegato: ‘Siamo ritenuti un costo improduttivo, ma non è il lavoro pubblico che fa impennare la spesa pubblica. Tra il 2010 e il 2014 quest’ultima è aumentata di 14 miliardi di euro, la spesa per i dipendenti pubblici è calata di 9 miliardi e tra il 2006 e il 2012 ci sono stati 310.000 lavoratori pubblici in meno. Ridurre i lavoratori pubblici significa dare in mano i servizi al privato e qui la situazione è ancora più difficile. Si pensi alle cooperative sociali, dove le retribuzioni sono inferiori del 30%. Per noi il sistema di welfare e il lavoro pubblico non sono un costo improduttivo, ma un fattore di civiltà’.

Marta Boriero