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Meno consumo di energia e meno CO2 con merci su treno, ma manca l’ultimo miglio alla svolta ‘green’

Non c’è mondo green senza trasporti green, in particolare nell’ultimo miglio verso le destinazioni delle merci. La gomma è ancora prevalente, per cui “sussiste un vasto margine di incremento” delle merci via ferro. A parità di materiale trasportato, infatti, si stima che lo ‘shift’ da gomma a treno, con il passaggio da combustibile fossile al vettore elettrico, consenta di ridurre dell’80% i consumi energetici e in modo analogo, forse persino di più, quelli di anidride carbonica. Se oggi in Italia viaggiano infatti 38 milioni di tonnellate di merci, con un trasporto su treno invece che su gomma (Euro 6) si stima un risparmio di ben 773.000 tonnellate di Co2.

Sono alcuni degli aspetti principali della “Carta dell’ultimo miglio ferroviario”, un piano strategico per migliorare e rendere più efficiente il trasporto merci su rotaia promosso dall’Associazione Fermerci e presentato al Green Logistics Expo a PadovaFiere. Si tratta di un documento (non solo) tecnico, elaborato d’intesa con Pwc, Rse e Rfi, che mette in fila le esigenze del comparto ferroviario di ultimo miglio, appunto l’ultimo passaggio a ‘collo di bottiglia’ dalla rete nazionale al territorio, scaturito dal format ad hoc “Fermerci in Terminal” di scena fin qui in quattro sedi a livello nazionale (Padova, Novara, Pescara e Livorno). Lo spiega all’inizio dei lavori Clemente Carta, presidente di Fermerci: “Se ci sono problemi all’ultimo miglio, si limita il volume di merci che finisce in ferrovia. Ogni criticità in questa fase va superata, quindi. Nella Carta che abbiamo elaborato, con la collaborazione di Pwc, Rse e Rfi, sviluppiamo proposte di soluzioni tramite interventi normativi e tecnici”. Mancano punti di accesso alla rete, puntualizza in sostanza Carta, e quindi non c’è integrazione tra la rete ferroviaria nazionale e i siti a ridosso della ferrovia. In tutto questo, sprona il presidente di Fermerci, “occorre rifinanziare la legge del 2017, all’articolo 47, che dà la possibilità al gestore dell’infrastruttura di lavorare su questo ultimo miglio”. Su 200 siti che ci sono in Italia interessati, rimarca infatti Carta, “soltanto il 10% è a norma europea, con treni lunghi 750 metri. Il 55% è di 500 metri in più, ma il lato positivo è che ci sono molti impianti che si possono adeguare senza troppe spese”. Rilancia intanto su tutto il percorso Giuseppe Rizzi, direttore generale dell’Associazione: “Fermerci è nata due anni fa, proprio qui a PadovaFiere. Il tema ‘green’ è nel manifesto dell’associazione, dopo una valutazione di Fermerci con tutti i suoi stakeholder nei territori, visitando strutture portuali e terminal. L’ultimo miglio ferroviario, da sempre, è una delle criticità della logistica. Ci sono stati interventi di sostegno, in passato, ma alcune criticità restano. Per questo lanciamo questa Carta oggi, come documento analitico di partenza, dal quale poi sviluppare altri contributi”. Il rischio più o meno tra tre anni, avvisa infatti Rizzi, è “avere una rete generale da standard europeo, ma con il problema dell’ultimo miglio. Da un’autostrada, si finirebbe in una stradina di campagna”, è la metafora. Rizzi insiste quindi sul green, vera leva del settore: “La decarbonizzazione ce la chiede l’Europa e il treno ha come elemento fondante il risparmio di Co2 così come di energia, all’80%, rispetto al trasporto della stessa quantità di merce via camion. Proprio per questo continuiamo a chiedere incentivi, vista l’esternalità positiva che ci contraddistingue. I soldi che vengono dati allo sviluppo del comparto, infatti, non sono altro che un investimento per il futuro del paese. E di questo pianeta”. Condivide Livio Ravera, amministratore delegato di Mercitalia Shunting & Terminal, società del polo Logistica gruppo Fs e presidente della sezione Manovra di Fermerci: “Con la Carta dell’ultimo miglio abbiamo fatto una mappa del sistema, che mancava. I punti critici sono il tema dell’innovazione, che va assicurata anche all’ultimo miglio, e quello degli investimenti. Occorre infatti completare la grandissima opera di infrastrutturazione ferroviaria che il nostro paese sta promuovendo e quella della cucitura tra l’ultimo miglio e l’infrastruttura nazionale è uno dei temi principali, tra soggetti nazionale e locali che entrano in campo, a partire da Autorità portuali e grandi Interporti”. Tutti gli interventi che si realizzano, si confida quindi in casa Fermerci, devono essere mirati ad accrescere l’efficienza diminuendo i costi per gli operatori. Lanciando un appello generale alle istituzioni, Ravera usa la parola chiave “continuità: il nostro settore ha bisogno che gli stakeholder istituzionali continuino a credere nella scelta di shift modale, dalla strada al ferro. Anche interruzioni di pochi mesi nel percorso, infatti, possono causare problemi seri rispetto all’obiettivo finale che il nostro paese, in ambito Ue, si è dato: sviluppare una logistica ambientalmente compatibile”. A proposito di Ue, ricorda le priorità Bernhard Kunz, consigliere di amministrazione del gruppo svizzero Hupac nonché presidente sezione Terminal di Fermerci: “L’Unione europea- contestualizza Kunz- ha fissato obiettivi ben chiari al 2030, con un 30% di merci spostato su ferrovia per poi salire al 50% entro il 2050. Servono terminali, quindi, e servono terminali al posto giusto. Un terminale vive solo del sostegno del mercato: più partenze ha, più diventa strategico. Bisogna mettere in rete, di più, i terminali piccoli, nell’ambito di una strategia nazionale che li affianchi a quelli più grandi. Serve un sistema hub and spoke”, come accade per il settore aereo.