Il 16 ottobre 1943 “è per Roma e per l’Italia una giornata tragica, buia e insanabile. Quella mattina, pochi minuti dopo le 5, la vile e disumana deportazione di ebrei romani per mano della furia nazifascista: donne, uomini e bambini furono strappati dalla vita, casa per casa. Più di mille persone furono deportate e di loro solo quindici uomini e una donna fecero ritorno. Nessuno dei bambini. Un orrore che deve essere da monito perché certe tragedie non accadano più. Una memoria che sappiano essere di tutti gli italiani, una memoria che serve a costruire gli anticorpi contro l’indifferenza e l’odio. Una memoria per continuare a combattere, in ogni sua forma, l’antisemitismo”. Così in una nota il presidente di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni.
“Il rastrellamento del ghetto di Roma rappresenta una delle pagine più buie della nostra storia. Quel giorno, oltre mille persone tra donne, uomini e bambini furono strappate ai loro affetti e deportate al campo di sterminio di Auschwitz. Solo 16 di loro fecero ritorno. È compito di tutti, a cominciare dalle più alte istituzioni, tramandarne il ricordo affinché in futuro non si ripetano mai più simili tragedie. Alla comunità ebraica, oggi come sempre, la mia sincera vicinanza”. Così il Presidente del Senato, Ignazio La Russa.
Rastrellamento ghetto ebraico di Roma: sono passati 79 anni. Oggi, nel giorno del ricordo, la cerimonia presso il Tempio Maggiore alla presenza del Sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, e la “Pedalata della memoria” dal ponte della Scienza al quartiere ebraico.
16 ottobre 1943: il rastrellamento del ghetto ebraico di Roma
È l’alba di un giorno festivo, il sabato 16 ottobre 1943, quando più di 300 uomini della Gestapo si radunano a pochi passi dalla Sinagoga di Roma per cominciare le spietate operazioni di quello che sarebbe passato alla storia come “sabato nero”. Nel mirino delle truppe tedesche c’è la comunità ebraica romana, che conta al tempo tra le 8mila e le 12mila persone; dopo il blocco degli accessi stradali del ghetto, la zona in cui gli ebrei vivevano, reclusi, dopo l’emanazione delle leggi razziali da parte del regime fascista, sono migliaia le persone che vengono rastrellate dai tedeschi e trasportate prima al Collegio Militare di Palazzo Salviati e poi, su carri bestiame, alla volta di Auschwitz (dei 1259 catturati, circa 1007).Una retata che nessuno si aspettava. Appena un mese prima, all’indomani dell’occupazione tedesca di Roma, Herbert Kappler, tenente colonnello delle SS e comandante della Gestapo a Roma, aveva infatti preso accordi con Ugo Foà, Presidente della Comunità Ebraica romana, affinché gli ebrei consegnassero, di lì a poche ore, almeno 50 chilogrammi d’oro per salvarsi. In caso contrario, i tedeschi avrebbero disposto, come ordinato da Himmler, la deportazione di almeno 200 ebrei romani verso la Germania. In soli due giorni, la comunità ebraica romana riesce a recuperare l’oro richiesto, cosa che evidentemente non serve a bloccare il “trattamento speciale” che era già stato previsto per loro.
Alcuni dei prigionieri periscono nel corso del viaggio. All’arrivo, 820 persone vengono condotte immediatamente nelle camere a gas, perché giudicate “inabili al lavoro”, mentre 154 uomini e 47 donne “fisicamente sani” iniziano la loro lotta alla sopravvivenza all’interno del campo di sterminio. Alla fine, a tornare in Italia sono solo in 16, 15 uomini e 1 donna.