di Marco Zorzi
Da popolo di santi, poeti e navigatori a popolo di opinionisti e giudici low cost il passo è breve. Anzi brevissimo.
Se una volta i commenti si facevano al bar circondati dai soliti quattro amici o si spettegolava anche con un po’ di divertita malignità sedute alla poltrona della parrucchiera intenta a puntare l’ultimo bigodino, ora amplificata dai social la cattiveria è servita in mondovisione.
“È la democrazia, bellezza” scriveva nel 1835 Alexis De Tocqueville dopo aver visto l’accozzaglia volgare e impreparata che componeva l’assemblea di Washington: un’amara constatazione sulla degenerazione di strumenti fondamentalmente validi, volendo declinare il pensiero del costituzionalista francese alla nostra realtà virtuale.
Riflessioni a cui non può sottrarsi la politica, la stampa e tutta la cosiddetta società civile: l’avvento pandemico è forse il classico caso da manuale e il perché è presto spiegato.
Sgombriamo il campo dai problemi comunicativi innescati da parte di chi sin da subito non ha saputo allestire una cabina di regia tecnico-politico-scientifica che potesse gestire e guidare una comunità nazionale smarrita e impreparata. Al netto di tanti errori che esulano dalla questione oggi sul tavolo, sin dalle prime settimane nei social si sono succeduti i complottisti fantapolitici “è una manovra dei cinesi per metterci in ginocchio e invaderci” seguiti da quelli dell’orrore “i camion militari coi morti di Bergamo sono una messa in scena” e supportati da quelli della medicina pret a porter “il covid è meno di una banale influenza“.
Dopo la parentesi estiva che ci ha regalato l’indimenticabile “non ce n’è coviddi“, la nuova frontiera dei laureati nottetempo si è scatenata contro (e anche pro) la questione vaccini: apriti cielo.
Gli stessi giornali costretti a fare i conti – anche AltoVicentinOnline – con minacce personali e accuse di aver intascato denari da case farmaceutiche per sostenere la bontà della campagna vaccinale.
Delirio. Ma proprio la redazione di AltoVicentinOnline ha constatato un’imbarbarimento e una violenza verbale intollerabile anche in questioni assolutamente locali che mai ci si poteva aspettare facessero emergere il peggio delle frustrazioni e della rabbia repressa di un’utenza che non vuole sentire ragioni nemmeno a fronte di fatti documentati e circostanziati da professioniste e professionisti al cospetto dei quali il commentatore da divano si sente comunque all’altezza, titolato ad alzare il dito indice in modalità accusa senza appello.
Due casi emblematici, anche qui. Se racconti la Salita del Costo svoltasi a Cogollo del Cengio lo scorso marzo, quando il Veneto era in piena zona rossa, è normale oltre che deontologicamente onesto farlo descrivendo la protesta di chi ha trovato ‘fuori luogo’ un evento sportivo come quello benché autorizzato: come è normale che la stessa testata ne parli e documenti con foto e cronache la kermesse in quanto tale. Facce di una medaglia che appuntiamo con orgoglio al petto di un’informazione plurale e aperta, mai piegata alla convenienza né al consenso facile. I tifosi che invece si sono scatenati con veri e propri ‘shitstorm’ dovrebbero forse capire che dare la notizia non è uguale a sentirsi dire ciò che più aggrada, che informare trascende dal punto di vista personale di chi scrive ma si eleva a fotografare un fermo immagine dall’alto : per le fazioni e l’opinionismo schierato ci sono blog personali e pagine dedicate.
E poi il caso del cigno Arturo, il povero animale morto a Laghi. Qualcuno ricorderà le mitiche inchieste di Donatella Raffai che su ‘Chi l’ha visto?’ raccontava di persone scomparse, uccise, suicidatesi e chi più ne ha più ne metta: ad un pubblico popolare insegnava il senso dell’indagine, il valore delle fonti, il perché una pista è privilegiata rispetto ad un’altra.
E così i Tg nazionali di fronte a casi tragici che noi quasi maldestramente accostiamo alla vicenda di Arturo al solo scopo di spiegare come viene ‘lavorata’ una notizia. Una notizia che nella fattispecie è stata sin dal primo giorno raccontata secondo quanto le fonti, di volta in volta, hanno rivelato: riportando fedelmente i comunicati ufficiali delle associazioni animaliste tanto quanto il pensiero dell’amministrazione locale. Sino all’epilogo, puntualmente reso non appena saputo dell’esame autoptico.
Ciò nonostante malignità e insulti si sono sprecati. E non appelliamoci per favore alla libertà d’espressione o il diritto d’opinione che da giornale libero pur difendiamo con sacrificio anche economico da oltre dieci anni di onorata attività. Quando si offende, si schernisce, si millanta, vomitando insinuazioni e dietrologie da peggiori bar di Caracas non si fornisce un’opinione: si sta usando violenza. Sì, una violenza cieca ma consapevole, corroborata da ignoranza e pure da qualche falso profilo dietro cui nascondere la faccia.
Quella faccia che invece la redazione tutta mostra nel territorio quotidianamente, ascoltando e riportando voci e sensibilità contrapposte nell’unico intento di approvvigionare alla tavola del lettore tutte le portate di un’idea che lui e lui soltanto poi dovrà maturare nel rispetto di un processo propedeutico ad una presa di coscienza che ancora purtroppo manca.
AltoVicentinOnline è e rimarrà un luogo di confronto, libero e gratuito. Gratuito per chi lo legge ma non per chi lo gestisce, chiariamolo con una punta di orgogliosa rivendicazione.
Da oggi però saranno molto meno tollerate le aggressioni e quella brutalità di commenti che sono un danno anzitutto per tutti quei lettori che non leggono il giornale per vedere la meschina cattiveria di odiatori seriali pronti a inondare di fango il web. Le critiche invece, quelle documentate e razionali, come sempre saranno motivo di crescita e di impegno, consapevoli che nell’errore non di rado cadiamo anche noi.
Chiediamo rispetto, non indulgenza: ma quell’ irresistibile desiderio di commentare offendendo convertitelo in un sentimento positivo. Apritevi agli altri con pazienza, alla voglia di ammettere a voi stessi che tutti abbiamo da imparare, alla realizzazione del fatto che dietro ad un articolo e ad una firma ci sono professionalità, tempo, dedizione e decine di bozze corrette, cestinate e rifatte.
E soprattutto persone. Come cantava l’appena scomparso Battiato, quasi un preveggente rispetto a tanti accadimenti del nostro tempo, possiamo solo ‘sperare che il mondo torni a quote più normali’.
Marco Zorzi