Tra i problemi che la pandemia ha portato con sè a livello globale e senza eccezioni, l’aumento esponenziale di divorzi e separazioni.
Non solo quindi problemi legati al contagio e al malessere fisico, ma uno stato mentale messo a dura prova con risvolti ancora poco considerati benchè i primi dati parlino chiaro: non ci sono ancora numeri sulle persone coinvolte, ma nei grandi centri regionali di prenotazione di farmaci è stato rilevato un aumento del 35% di dotazioni di ansiolitici e ipnotici e un incremento del 28,2% degli antidepressivi. Se questa è l’offerta, è conseguente immaginare che la domanda non sia distante.
In tema di disturbi legati al periodo Covid, un altro elemento interessante sul quale già si possono abbozzare le prime riflessioni, lo propone il professor Massimo Di Giannantonio, presidente eletto della Società Italiana di Psichiatria, che intervistato da Fanpage ha così dichiarato circa la cosiddetta ansia da ‘limbo’, : “È un nuovo tipo di ansia – da sospensione del tempo – che aumenta il malessere psichico di molte persone. Il limbo è la rappresentazione simbolica di un’attesa che non trova termine: quella del vaccino, del risultato de tampone, del ricovero di un caro. Questa attesa può essere vissuta in modi differenti a seconda delle personalità. Vediamo ogni giorno sempre più persone che la subiscono passivamente, facendola diventare una sorta di alibi per attuare un atteggiamento rinunciatario e passivo. Ne vediamo poi altre insofferenti che reagiscono in modo aggressivo, a volte violento”.
Traumi e situazioni di prostrazione profonda che inevitabilmente sono impattati su migliaia di coppie costrette a passare magari per la prima volta l’intera giornata assieme: salotti e camere improvvisamente diventati uffici per far posto a quel smart working che di agevole poi non ha così tanto.
Se da un lato però le crisi di coppia si sono concretizzate a causa di situazioni personali al limite del patologico, dall’altro è emerso un altro dato alquanto curioso che trova concordi entrambi i sessi. Se l’idea di convivere full time poteva per molti già rappresentare un banco di prova impegnativo, pare che lo scalino che ha provocato la caduta portando molti a scelte estreme sia stato quello di vedere il partner in abiti un po’ troppo disinvolti: pigiami dall’elastico allentato, pantofoloni ereditati dalla nonna e biancheria troppo spartana non hanno solo ammazzato la libido già minata da stati d’animo poco ben disposti, ma hanno definitivamente dato il colpo di grazia a rapporti anche decennali. Una mancanza di rispetto per alcuni che hanno visto nella trascuratezza dei rispettivi compagni un evidente segnale di disinteresse, addirittura una presa in giro per altri che invece in quei maglioni oversize e pieni di buchi hanno maturato la convinzione che la loro metà tenesse il meglio di sè solo fuori dalle mura domestiche. Divisioni che hanno preso l’appellativo di ‘separazioni da sciatteria‘: complice probabilmente anche una soglia della tolleranza che ha tolto ogni freno inibitore e che ha fatto sparire quella benevolenza con la quale si perdonavano imperfezioni e atteggiamenti di rilassatezza comprensibili nell’intimità di una casa.
Se alla ‘sciatteria’ si aggiunge poi che durante il lockdown nascondere tradimenti è molto più complicato, il gioco è fatto: secondo l’associazione Avvocati Matrimonialisti Italiani infatti il 2020 ha portato un aumento di separazioni e divorzi del 30% in Italia, con punte record del 35% in alcune zone come la Liguria.
Un’esplosione emotiva per una convivenza forzata e spesso inedita che non può che destare preoccupazione, con oltre 10 mila le coppie in attesa di un giudizio provvisorio, costrette giocoforza a convivere sotto lo stesso tetto col rischio di veder acuire quel livore spesso causa di violenza.
Un dato positivo però c’è: molti terapisti di coppia convengono nell’affermare infatti che le unioni che hanno resisto alla bufera di un anno tanto nefasto, possono guardare al loro futuro con rinnovata fiducia. Della serie, ciò che non ci uccide, rafforza.
Marco Zorzi