Gli Italiani non solo dubitano che le loro condizioni sociali possano migliorare, ma temono possano peggiorare. E questo fa lievitare il loro rancore verso le istituzioni che non hanno distribuito equamente i benefici della ripresa economica. Lo dice il Censis nel suo 51esimo Rapporto sulla situazione sociale del Paese, riguardante il 2017 e pubblicato oggi.
Secondo l’istituto di ricerca, “persistono trascinamenti inerziali da maneggiare con cura: il rimpicciolimento demografico, la povertà del capitale umano immigrato, la polarizzazione dell’occupazione che penalizza l’ex ceto medio“. Con l’aggravante che “non si è distribuito il dividendo sociale della ripresa economica e il blocco della mobilità sociale crea rancore”.
Insomma, a dispetto di quanto profetizzato nel Regno dei Cieli, sulla Terra, in particolare in Italia, i poveri resteranno ultimi. E la distanza dai ricchi è destinata ad aumentare. Proprio l’Ocse, del resto, colloca da anni lo Stivale agli ultimi posti quanto a mobilità sociale. E il Censis definisce nuovo “fantasma sociale” la paura del declassamento. L’87,3% degli appartenenti al ceto popolare pensa che sia difficile scalare posizioni, così come l’83,5% del ceto medio e il 71,4% del ceto benestante. Piuttosto, ritengono sia decisamente peggiorare la propria condizione il 71,5% del ceto popolare, il 65,4% del ceto medio, il 62,1% dei più abbienti.
La percezione che i cittadini hanno della realtà non è, ovviamente, frutto del caso. La crisi del 2008, a nove anni di distanza, morde ancora, trovando terreno fertile nella speculazione favorita dall’entrata in vigore dell’euro e dalla spaventosa inflazione che ne è scaturita. Una situazione non solo provocata dalla politica, ma perfettamente strumentalizzata da essa per generare odio sociale. Per creare sterili guerre tra poveri e distogliere l’attenzione dalle reali cause del decadimento. Non a caso, l’immigrazione evoca sentimenti negativi nel 59% degli italiani, in aumento quando si scende nella scala sociale: 72% tra le casalinghe, 71% tra i disoccupati, 63% tra gli operai.
Certo , questo non risparmia dal giudizio negativo dei cittadini le istituzioni. E nemmeno la pubblica amministrazione, la quale secondo il 52,1% della popolazione ha problemi importanti nel suo funzionamento. Un ulteriore 18% ritiene che il funzionamento sia addirittura pessimo. Il 24% ne ritiene accettabile l’operato, mentre si dichiara soddisfatta soltanto una quota residuale, pari a poco meno del 6% del totale.