La meteorologia è un campo sempre più rilevante, soprattutto in un’epoca segnata dai cambiamenti climatici, ma per essere davvero compreso dal grande pubblico, ha bisogno di un linguaggio accessibile e immediato. E’ uno dei punti emersi durante il Festival della Meteorologia di Rovereto, che quest’anno celebra la sua decima edizione dal 14 al 17 novembre. L’evento, che cresce ogni anno in partecipazione, mira anche a colmare il gap tra la scienza del clima e la sua comunicazione, cercando di raggiungere in particolare i giovani. “Finalmente”, diciamolo. Basta pubblicare un lancio d’agenzia che parla di meteo per scatenare l’inferno con accuse che sfiorano la diffamazione, come se si volesse fare sensazionalismo pure sulle previsioni. Finalmente qualcuno media senza gli estremisti che ormai sono presenti anche tra gli appassionati del meteo e parla con buon senso: “La meteorologia fatica ancora a trovare un linguaggio che sia facilmente comprensibile per tutti – ha spiegato Dino Zardi, professore di Fisica dell’atmosfera all’Università di Trento e ideatore del festival – . Bisogna trovare il punto d’incontro tra rigore scientifico e un linguaggio comune.
Anna Napoli, ricercatrice dell’Università di Trento, è stata un’altra delle voci protagoniste di questo dibattito. La sua passione per il clima montano è nata, in modo semplice, osservando le nuvole e i cambiamenti atmosferici in montagna. “Le nuvole mi hanno sempre affascinato, come cambiano nel corso della giornata e delle stagioni – racconta – .Da questo interesse è scaturita una carriera che oggi la porta a studiare gli effetti dei cambiamenti climatici sulle zone montuose, ambienti che, come sottolinea, “stanno cambiando molto più rapidamente rispetto ad altri”.
La comunicazione del clima: un passaggio cruciale
Il Festival della Meteorologia di Rovereto rappresenta una piattaforma fondamentale per rendere la meteorologia e la scienza del clima più comprensibili e accessibili a tutti. La sfida principale è quella di coniugare il rigore scientifico con un linguaggio che non resti solo nelle aule universitarie, ma che possa raggiungere ogni tipo di pubblico, dai giovani agli adulti, sensibilizzando su tematiche che riguardano il nostro futuro e quello del nostro pianeta. In mezzo chi, nonostante l’interesse del lettore, evita di scriverne e quindi di “allertare” per il terrore di addentrarsi in un “terreno minato”, dove non si ammette di parlare con quei tecnicismi che dovrebbero essere compresi dall’anziano con la quinta elementare (un quotidiano deve essere in grado di rivolgersi anche a lui). Ma è più facile dire che i giornali vogliono acchiappare like piuttosto che ammettere i propri limiti e dare la colpa alla stampa ormai è una moda.
N.B.