“Settantamila posti letto in meno in dieci anni, Centosettantacinque gli ospedali chiusi. Liste d’attesa sempre più lunghe che fanno aumentare la spesa privata. E per curarsi gli italiani fanno sempre più debiti, nel silenzio di una politica che è al riparo da ogni rischio, con super polizze pagate con denaro pubblico”. Un vero e proprio “delitto perfetto” della sanità pubblica a favore delle compagnie assicurative.

Non sono le solite lamentele degli utenti della sanità pubblica, gli stessi che hanno riempito la bacheca del governatore del Veneto Luca Zaia già lo stesso giorno in cui ha tentato di difendere il comparto pubblico con numeri che attestano la descrescita degli investimenti nel privato.

E’ la sintesi di un’analisi complessa raccontata da Il Fatto Quotidiano, realizzata da Francesco Carraro e Massimo Quezel, autorevoli autori del libro ‘Salute Spa, la sanità svenduta alle assicurazioni’.

Ci sarebbe, secondo gli autori, la mano delle lobby dietro al progressivo arretramento della sanità pubblica, giustificato dalle richieste di spending review dell’Ue: “E’ come se i politici stessero facendo il lavoro sporco, comprimendo le fasce di prestazioni sanitarie gratuite e di farmaci acquistabili a costo zero dai malati. Il lavoro pulito è affidato alle compagnie di assicurazione, che hanno pronto il pacchetto ideale”.

Nello scenario di distruzione della sanità pubblica, che i cittadini lamentano da tempo venendo puntualmente smentiti a suon di comunicati stampa dalle istituzioni, fanno capolino le assicurazioni, che forse ispirandosi alle consuetudini americane o svizzere, intravedono un grande spazio di mercato.

Sarebbe quindi in pericolo, se non addirittura già in fase di accelerato sgretolamento, il servizio sanitario nazionale italiano, creato nel 1978 per volontà di Tina Anselmi, ministro della Sanità nel governo di Giulio Andreotti.

Esperti nel settore, Carraro e Quezel raccontano la creazione di un vuoto nel sistema sanitario nazionale propedeutico proprio all’entrata nel sistema delle compagnie assicurative.

“Tra il 2007 e il 2014 l’Italia è stata una delle poche nazioni avanzate in cui la spesa sanitaria pro capite, già tra le più basse, si è contratta anziché aumentare – scrivono gli autori – E ciò accade perché tendiamo a ridurre sempre di più la quota degli investimenti destinata a migliorare il nostro sistema. Dal 2009 al 2013 i nostri investimenti sono in picchiata, diminuiti del 30 per cento, mentre francesi e tedeschi hanno aumentato del 10 per cento le somme destinate al comparto della sanità”. Alla base di questa scelta la solita frase: “Dobbiamo ridurre il debito, dobbiamo gestire meglio i soldi dei contribuenti”.

I tagli nel pubblico e la spesa nel privato

Secondo Carraro e Quezel, i tagli non hanno risparmiato nessuno, ma si sono accaniti sulle fasce più deboli della popolazione, con 2,6 milioni di famiglie italiane che hanno dovuto rinunciare alle cure per carenza di risorse e un milione di nuclei famigliari costretti a spendere più di quello che hanno. Inoltre, 300mila famiglie hanno perso il loro patrimonio proprio per destinarlo alle spese sanitarie.

“Più di 12 milioni di cittadini hanno procrastinato le cure, o addirittura vi hanno rinunciato, nel corso del 2017, per difficoltà finanziarie. L’aumento, rispetto all’anno precedente, è di un milione e duecentomila unità e solo nel 2017 gli istituti specializzati nel credito hanno erogato 400 milioni di euro a pazienti costretti a indebitarsi per garantirsi le cure – scrivono gli autori – Due anni fa, tale somma era di 340 milioni. Nel 2017, la spesa sostenuta dagli italiani è stata di 40 miliardi di euro, mentre 2 milioni e 700mila connazionali hanno preferito consultare un professionista privato prima di decidere di sottoporsi a una terapia”. Inoltre, “sono 8 milioni gli italiani che hanno scelto di ricorrere alla soluzione del prestito nel 2017, per poter accedere al diritto di cui parla l’articolo 32 della nostra Costituzione – si legge nel libro –  Solo il 41 per cento degli italiani finanzia i propri bisogni sanitari con il proprio reddito corrente, mentre la stragrande maggioranza va a debito: il 23,3 per cento attinge ai risparmi e ad altre fonti mentre il 35,6 per cento vi fa fronte esclusivamente con fonti diverse dal reddito abituale”. Tutto questo perché le liste d’attesa sono sempre più lunghe, mentre il bisogno di cure necessita risposte immediate.

I privilegi ai politici e ai loro famigliari e la volontà di distruggere il SSN

Secondo gli autori, mentre i politici sono coinvolti nell’opera di smantellamento il loro tornaconto diretto sarebbe il privilegio di vedersi pagata, con soldi pubblici, l’iscrizione all’assistenza sanitaria integrativa.

“526,66 euro al mese per i deputati e 540,27 per i senatori, grazie ai quali possono ottenere il rimborso gratuito di qualsiasi prestazione, o quasi, lenti a contatto comprese. E le garanzie sono estese persino ai parenti e ai conviventi – sottolineano Quezel e Carraro – Ma quanto ci costa mantenere l’eden sanitario dei nostri rappresentanti? Nel 2014 le casse dell’assicurazione sanitaria integrativa hanno coperto rimborsi per 11 milioni e 150mila euro alla Camera e 6 milioni e 100mila euro al Senato, e restano comunque in attivo”. Lo smantellamento della sanità porterebbe inoltre in dote un peggioramento della qualità dei servizi con il moltiplicarsi di errori. I rischi aumenterebbero e le compagnie si rifiuterebbero di assicurare ospedali e medici. “La malasanità è diventata l’indiziato numero uno: cosi schiaccianti le prove a suo carico che sembra impossibile offrire una risposta diversa al declino della sanità pubblica – sottolineano Quezel e Carraro – In definitiva, è come se i politici stessero facendo il lavoro sporco, comprimendo le fasce di prestazioni sanitarie gratuite e di farmaci acquistabili a costo zero dai malati. Il lacvoro pulito invece, è affidato alle compagnie di assicurazione, che hanno pronto il pacchetto ideale per venire incontroalle esigenze di chiunque abbia necessità di cura e possa permetterselo. Ma al di là dei singoli drammi, le soluzioni per migliorare il SSN ci sarebbero, eccome”.

Il ruolo dell’Europa e delle lobby dell’assicurazione

“Sfasciare la sanità italiana, o anche solo raccontarla come l’ultima della classe, è una strategia che nasconde interessi economici e un business di miliardi”. E gli interessi passano per le polizze ai privati cittadini che vogliano mettersi al riparo dall’inefficienza del sistema pubblico. E’ questa la sintesi di quanto spiegato in ‘Sanità Spa’, con la sanità pubblica riconosciuta come piatto ghiottissimo per le compagnie assicurative.

A rendere più facile lo smantellamento della sanità pubblica, le continue richieste di spending review dall’Europa, che faciliterebbero la scusa di “dover tagliare i costi”.

A.B.

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