di Natalia Bandiera

Premetto che quando ho appreso della vicenda di Luca Morisi ho esultato pensando ad una sorta di giustizia divina in cui mi piace credere da sempre. ‘Non fare all’altro quello che non vorresti ti fosse fatto’. Ho pensato al concetto di Karma, che ti fa tornare indietro quello che fai, a volte anche con gli interessi. Dio c’è ho pensato, ascoltando e leggendo gli approfondimenti sull’inchiesta del braccio destro di Matteo Salvini, che in passato, non ha esitato a schiaffare sui social giovani ragazze bullizzate senza pietà, messe alla gogna solo per aver contrastato il pensiero ‘sovrano’ di chi potendo contare su un numero di follower, che mette insieme orde di fruitori della rete e dei social, non hanno esitato a massacrare persone che sono state costrette ad isolarsi, a chiudersi nel dolore di chi viene schiacciato senza pietà dagli insulti, che seppur virtuali, a volte uccidono più di mille coltelli lanciati contemporaneamente. Ma non siamo ipocriti, le ‘bestie’ sono a due passi da noi e ci siamo imbattuti in questi ‘animali da tastiera’ al prezzo di farci davvero male. E a volte, è capitato per caso, solo perchè sul tuo cammino hai trovato lo ‘schizzato di turno’, che frustrato dalla sua vita reale, utilizza i social per vomitare veleno e accanirsi contro il nemico occasionale ‘a cui la vuole fare pagare’. I motivi, a volte, sono futili: basta un’antipatia, una gelosia, una piccola invidia e ti ritrovi nel mirino di quelli che oggi sui loro profili social esultano per il caso-Morisi-Salvini, ma che sono capaci di comportarsi come ‘bestie’ anche loro.

Quante volte abbiamo visto su questi profili post su giornalisti, opinionisti, ma anche solo su persone comuni, che solo perchè non piacciono, sono ‘diversi’ per idee o non ne condividiamo qualcosa, vengono sbattuti su pagine facebook provocatoriamente, in modo che si scateni l’inferno di quelle che non riescono a rimanere contestazioni democratiche e finiscono col tramutarsi in una sfilza di commenti negativi? A farlo sono spesso degli insospettabili, che prendono un articolo di giornale, uno stralcio di un filmato, ci montano un cappello di poche parole sopra e via con il fiume in piena della cattiveria, della denigrazione e della violenza delle parole? Basta un piccolo post e parte il massacro, con la goduria dell’autore che dà il via, che gongola nel vedere fioccare like e consensi alla complicità di chi abbocca senza spesso, soffermarsi più di tanto su quello che sta facendo. Lecito non approvare, sacrosanto dissociarsi, democratica la contestazione, viva le idee opposte che possono portare ad un confronto. Ma ritorniamo a non essere ipocriti: è davvero il confronto delle idee, che fa scattare quel post o è la voglia del massacro nei confronti di chi non sai affrontare e che attacchi senza che si possa difendere perchè non è nemmeno taggato ? Mi è capitato di essere attaccata per qualcosa che ho scritto e non sto qui a dire che fosse giusto. Anzi, partiamo dal presupposto che fosse anche sbagliato. Perchè orchestrare gruppi di vendetta e non scrivere un messaggio di contestazione? Invece no, mi è capitato di ritrovarmi sbattuta su profili social di persone, che non hanno esitato a bullizzarmi, segnandomi umanamente e professionalmente, facendomi un male che non ho ancora smaltito. Che mi hanno giudicata senza pietà, alterando i contenuti iniziali di quella che da contestazione si è tramutata in una violenza vera e propria. Perchè quando questi episodi arrivano a spaventarti, a terrorizzarti, a segnarti e a cambiarti anche professionalmente, è bullismo, è quel cyberbullismo, che contestiamo a Morisi. Quando non c’erano i social questo non accadeva. Mi capitava di scrivere di persone indagate, arrestate, al centro di inchieste giudiziarie. Chi contestava i miei contenuti, arrivava a scrivermni a casa (non esistevano allora nemmeno le mail): sfogava il proprio disappunto, mi inviava gli atti per rettificare. Ne scaturiva un confronto che faceva crescere tutti. Imparavo io, imparava chi contestava. Oggi, leggo sui profili di qualcuno che Morisi ha avuto quel che merita e ci sta. Ma inviterei questi che esultano a riflettere anche sulla propria di condotta: ‘ho fatto anche io qualcosa di simile e vigliacco come le ‘bestie leghiste’? Davanti a qualcosa che non mi è piaciuto, ho afferrato il telefono, ho contestato civilmente, mi sono confrontato o anche io ho utilizzato quegli stessi mezzi da bullo, che uccidono l’anima di chi non ha avuto la possibilità di difendersi ed ha subito l’aggressione e la violenza di chi ho messo alla gogna dei social  perchè non ho avuto, per vigliaccheria, la forza e la personalità di affrontare personalmente?’

Forse è il caso di andare oltre al godimento egoistico e umano per la vicenda Morisi che compie una sorta di giustizia nei confronti di chi è stato massacrato sui profili gestiti da lui e riflettere sulla ‘bestia’ che c’è in ognuno di noi.

Dedicato ad una collega, che dice di odiare la ‘bestia’ e  che mi ha giudicata…massacrandomi.

 

N.B.

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