“Numerosi studi e revisioni della letteratura hanno indagato gli effetti dell’esposizione precoce, dal concepimento alla fine del secondo anno di vita (i primi 1.000 giorni), agli inquinanti atmosferici outdoor. Le evidenze hanno messo in luce che l’esposizione precoce all’inquinamento può portare a malattie e oneri sanitari che durano tutta la vita, a esiti negativi durante la vita fetale e alla nascita, a un aumento della mortalità infantile, disturbi dello sviluppo neurologico, obesità infantile, compromissione della funzione polmonare, asma e otite media. L’inquinamento atmosferico è inoltre co-responsabile del cambiamento climatico, che a sua volta ha un impatto sulla salute della popolazione e causa numerosi effetti avversi, a cui la popolazione in età pediatrica è maggiormente esposta e suscettibile per via di una combinazione di fattori biologici, comportamentali e ambientali. I bambini sono particolarmente vulnerabili durante lo sviluppo fetale e nei loro primi anni, quando i loro organi sono ancora in fase di maturazione, e sono soggetti a un lungo periodo di esposizione agli inquinanti”. A metterlo in evidenza è il documento di consenso delle società scientifiche e delle associazioni dell’area pediatrica e del gruppo di lavoro ‘Ambiente e primi mille giorni’ finalizzato a tutelare la salute dei bambini e delle famiglie e presentato questa mattina nel corso di una conferenza stampa. ‘Inquinamento atmosferico e salute.
Le proposte delle società scientifiche pediatriche e del gruppo di lavoro ‘Ambiente e primi 1.000 giorni’ per migliorare la salute dei bambini e delle famiglie’, il titolo del documento che nasce nell’ambito del progetto di ricerca ‘Ambiente e primi 1.000 giorni’, realizzato con il supporto finanziario del Centro nazionale per la prevenzione ed il controllo delle malattie (Ccm)-ministero della Salute, e che vede come firmatarie l’Associazione culturale pediatri (Acp) e il Gruppo pediatri per un mondo possibile, la Federazione italiana medici pediatri (Fimp), la Società italiana di medicina perinatale (Simp), la Società italiana di neonatologia (Sin) e la Società italiana di pediatria (Sip). “Il documento di consenso è focalizzato sull’inquinamento atmosferico outdoor, legato all’immissione nell’aria di sostanze inquinanti dovute ai trasporti, al traffico autoveicolare, al riscaldamento domestico e alle emissioni industriali che vanno ad aggravare la situazione“, sottolinea Luca Ronfani, dell’Irccs materno infantile Burlo Garofolo di Trieste e referente scientifico del progetto ‘Ambiente e primi 1.000 giorni’.
Ronfani specifica che “parliamo di sostanze inquinanti come particolato atmosferico, biossido di azoto o ozono. Il progetto Ccm ha permesso di misurare in maniera precisa l’esposizione precoce agli inquinanti ambientali nei bambini di alcune città italiane e ha valutato, grazie alla revisione della letteratura scientifica, i rischi possibili rischi per la salute legati a tale esposizione”. L’evidenza scientifica degli effetti negativi dell’inquinamento atmosferico sulla salute dei bambini è chiara e convincente con un possibile impatto sulla salute anche in età adulta e, addirittura, transgenerazionale. “Le nuove Linee guida sulla qualità dell’aria dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), pubblicate il 22 settembre, hanno ridotto in modo considerevole i valori limite per l’esposizione a lungo termine agli inquinanti più dannosi per la salute, in particolare il particolato fine (PM2.5) e il biossido di azoto (NO2)”, evidenzia Francesco Forastiere dell’Environmental Research Group, School of Public Health, Faculty of Medicine, Imperial College di Londra. Nei 15 anni trascorsi dall’edizione precedente delle linee guida sono aumentate le evidenze che documentano gli effetti negativi dell’inquinamento atmosferico sulla salute, per questo motivo, a seguito di una revisione sistematica della letteratura, i nuovi valori riportati nelle linee guida globali sulla qualità dell’aria (AQG 2021) sono inferiori a quelli raccomandati in precedenza: le concentrazioni medie annue di PM2.5 passano da 10 a 5 µg/m3, quelle di NO2 da 40 a 10 µg/m3, e la concentrazione media di ozono (per il quale non erano presenti in precedenza valori limite raccomandati) nelle 8 ore nel periodo estivo non deve superare i 60 µg/m3. “I valori indicati dall’Oms non sono legalmente vincolanti ma servono per informare le legislazioni nazionali e dell’Unione Europea- sottolinea ancora Forastiere- Si tratta di indicazioni scientifiche chiare, l’inquinamento è responsabile di gravi danni per la salute, specie per l ‘infanzia, fin dalla prima esposizione in gravidanza. Non ci sono alternative a un profondo e radicale cambiamento per proteggere i bambini e le persone più vulnerabili”.
Le prove scientifiche sono quindi ampiamente sufficienti per adottare da subito misure chiare e concrete, a tutti i livelli (nazionale e locale), per migliorare la qualità dell’aria e ridurre l’esposizione all’inquinamento atmosferico delle donne in gravidanza e dei bambini, in particolare nei primissimi anni di vita. “Ma se è vero che molti degli interventi di dimostrata efficacia si basano su un cambiamento a livello nazionale che deve essere deciso e guidato da istituzioni governative, è altrettanto importante ricordare come sia nevralgico l’apporto dei cittadini, affinché adottino comportamenti individuali virtuosi per aiutare a ridurre l’inquinamento atmosferico e migliorare la salute della popolazione– si legge nel documento- Anche le società scientifiche pediatriche, i singoli pediatri, e più in generale gli operatori di salute che lavorano a contatto con le donne e i bambini possono guidare i cambiamenti e le azioni necessarie a ridurre il carico di malattia dovuto all’esposizione all’inquinamento, con una particolare incisività nei contesti assistenziali che avviano e mantengono una sistematica continuità delle cure pediatriche dalla nascita all’adolescenza”.
LE SEI AZIONI PER MIGLIORARE
In questo contesto sono sei le azioni proposte dal documento: migliorare, con la formazione, conoscenze e competenze sui cambiamenti climatici e le misure di prevenzione; informare pazienti e famiglie sul pericolo dell’inquinamento atmosferico, in particolare in presenza di condizioni cliniche che possono essere causate o esacerbate dall’inquinamento atmosferico e in caso di residenza in aree ad elevato inquinamento ambientale, includendo consigli sui cambiamenti che possono essere messi in atto per ridurre l’esposizione e il contributo individuale all’inquinamento; fare attività di promozione e disseminazione e promuovere i temi affrontati nel documento presso altre società scientifiche che si occupano di salute della donna e del bambino; adottare per primi i comportamenti e stili di vita salutari e incoraggiare il cambiamento all’interno del proprio posto di lavoro e più in generale del Sistema sanitario nazionale; realizzare attività di advocacy a livello politico e normativo, promuovendo le iniziative esistenti a livello locale e nazionale per migliorare la qualità dell’aria.
Dire