(Agi) In tre anni sono diminuite del 42% le persone accolte in Italia, non esiste un’emergenza migranti, ma 7 su 10 sono accolti in centri straordinari. È questa la notizia fondamentale contenuta in un rapporto realizzato in tandem dalla ong Actionaid e da Openpolis. Per la prima volta tutti i centri di accoglienza per richiedenti asilo e rifugiati sono stati monitorati dalla piattaforma centriditalia.it lanciata dalle due organizzazioni insieme al rapporto annuale “L’emergenza che non c’è”.

“Un sistema di accoglienza, quello italiano, basato sulla risposta emergenziale, nonostante non vi sia alcuna emergenza cui rispondere, che evidenzia il fallimento di quanto stabilito con il primo Decreto Sicurezza”. È appunto quanto emerge dai dati di tre anni – dal 2018 al 2020 – raccolti e spiegati da ActionAid e Openpolis nel rapporto Centri d’Italia 2021 e resi per la prima volta accessibili, consultabili e scaricabili in formato aperto dalla piattaforma di monitoraggio centriditalia.it.

Un lavoro di raccolta ed analisi dei dati del sistema di accoglienza per richiedenti asilo e rifugiati in tutta Italia con un livello capillare di dettaglio che arriva a chiarire i numeri dei posti disponibili nelle strutture, le presenze effettive, chi gestisce il centro, i prezzi giornalieri, fino ai dati geolocalizzati del singolo centro, in ogni provincia e comune italiano. E ora anche uno strumento a disposizione di giornalisti, ricercatori e cittadini che vogliono conoscere il sistema di accoglienza e monitorarne il funzionamento, e che allo stesso tempo colma il vuoto informativo del Governo e delle istituzioni. “La relazione annuale, infatti, che per obbligo di legge, il Ministero dell’Interno dovrebbe presentare al parlamento entro il mese di giugno di ogni anno, ad oggi, non è ancora stata presentata per l’anno 2020. Un ritardo che priva il Parlamento dei dati necessari per esaminare la gestione dell’accoglienza sul territorio nazionale”.

L’assenza di informazioni verificate e trasparenti – scrivono le due organizzazioni in un comunicato congiunto – ha prestato il fianco per troppo tempo a speculazioni politiche. Come quella che sostiene la necessità di gestire l’accoglienza con politiche emergenziali quando i dati, al contrario, dimostrano che di emergenza non c’è ombra: nel 2020 i rifugiati e richiedenti asilo in accoglienza rappresentano solo lo 0,13% della popolazione italiana.

“Con un calo delle presenze di queste proporzioni, si sarebbe potuto incentivare con facilità l’accoglienza diffusa delle persone in piccoli centri. Un risultato positivo che invece si è evitato a causa di una scelta politica insita nel Decreto Sicurezza: destrutturare il sistema pubblico di accoglienza diffusa, incentivare l’approccio emergenziale e i centri straordinari e tagliare i servizi per l’integrazione, lasciando che le persone prive di mezzi scivolino verso una condizione di soggiorno irregolare e di estrema marginalità sociale”, spiegano Fabrizio Coresi, Programme Expert on migration e Cristiano Maugeri Programme  developer di ActionAid.

In risposta alla diminuzione delle presenze, tra il 2018 e il 2020 abbiamo assistito a una diminuzione del 25,1% del numero di centri attivi sul territorio nazionale e del 40,2% dei posti complessivamente disponibili (il 46,8% in meno nel sistema Sprar/Siproimi). In termini assoluti, si legge ancora nel rapporto, al 31 dicembre 2020 erano attivi 4.556 Cas, 4.570 strutture Sprar/Siproimi e 12 centri di prima accoglienza. Tra il 2018 e il 2020 sono stati chiusi 3.137 centri in Italia. A fine 2020, 7 persone su 10 sono accolte in centri di gestione prefettizia. Di questi, i centri di piccole dimensioni sono quelli ad aver perso più posti dal 2018 al 2020, quasi 22mila.

Nel sistema dell’accoglienza aumenta in tre anni la centralità delle città più grandi. Le 16 città più popolose – quelle con più di 200mila abitanti – ospitano il 18,2% delle persone, 2 anni prima questa percentuale era al 14,2%; in media i centri a Roma e Milano sono molto più grandi che nel resto del paese. A Milano la capienza media dei centri è circa 10 volte la media nazionale.

“Fino a quando la maggioranza dei richiedenti asilo che si trovano nel paese sarà ospitata in centri “straordinari”, non ci potrà̀ essere approccio sistemico all’accoglienza sui territori. Fino a quando non sarà̀ favorita con decisione un’accoglienza diffusa a titolarità pubblica, non saranno definitivamente eliminate di fatto le disparità di diritti e di servizi, né l’impatto differenziato che un arbitrario inserimento in uno o nell’altro circuito di accoglienza ha sulla vita delle persone ospitate” conclude Fabrizio Coresi, Programme Expert on migration di ActionAid.

Agi

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