Ad inizio aprile un board di giornalisti denominato Icij, Consorzio Internazionale di Giornalisti Investigativi, ha scoperchiato un enorme vaso di pandora nell’ambito delle società offshore e dei paradisi fiscali. Questa inchiesta transnazionale denominata “Panama Papers” ha visto coinvolti 378 giornalisti di Stati e testate diverse, e ha svelato un giro d’affari di decine di miliardi di euro orchestrato dallo studio legale Mossack e Fonseca di Panama. Tra gli altri sarebbero coinvolti 72 attuali o ex capi di Stato come Putin, Assad, Cameron, Xi jinping.
L’aspetto interessante e sconvolgente della questione è che questa enormità di capitali occulti mossi in tutto il mondo dalla finanziaria Mossack e Fonseca è stata svelata da un’associazione di giornalisti. Non Interpool, non CIA, nessun organo di polizia internazionale. Bensì un gruppo organizzato di informatori animati dal solo spirito di inchiesta. Per la precisione il più prestigioso team giornalistico internazionale che nel passato è divenuto famoso per aver portato alla luce informazioni riservate, come per esempio le inchieste Svissleaks e Luxleaks, fino ai Pentagon Papers dove vennero sbugiardate le menzogne di Richard Nixon sulla guerra in Vietnam.
Per un anno intero questo board di giornalisti ha avuto accesso a tutto l’archivio della M&F, grazie ad un anonimo whistleblower (colui che ha dato la “soffiata”) che l’ha venduto al quotidiano tedesco Suddeutsche Zeitung. In seguito questo enorme database è stato condiviso su una piattaforma virtuale protetta dove i 378 hanno potuto confrontarsi ed elaborare con precisione i dati, giungendo agli esiti dei giorni scorsi: un autentico terremoto su scala mondiale.
Per tornare al nostro tema, che cosa sarebbe successo se questi giornalisti non si fossero occupati di questa inchiesta? Quanto a lungo il mondo avrebbe potuto continuare ad ignorare consapevolmente l’esistenza di questa infinita quantità di denaro sporco circolante per il mondo? Quanto a lungo avremmo potuto continuare a non badare a questa evasione fiscale, che poi è la grossa illegalità che sfugge al controllo della fiscalità mondiale sottraendo soldi legittimi agli Stati? Denaro la cui mancanza viene spesso compensata con aumenti della pressione fiscale su coloro che non possono rivolgersi a signori come Mossack e Fonseca.
A queste domande ha dato risposta l’Icij con la forza di una buona inchiesta. Questi giornalisti tanto vituperati e tanto criticati, spesso tacciati come pennivendoli e cattivi professionisti, hanno aperto gli occhi al mondo. Forse dovremmo rivalutarli un po’? Poche settimane fa un’altra inchiesta minuziosa de l’Espresso aveva fatto luce sulla fuga preventiva dei grossi soci prima del crack di Banca Popolare di Vicenza. Nomi come Stefanel e Rosso sono saliti alla cronaca per aver ricevuto trattamenti “di favore” dal vecchio board Bpvi, particolarmente accondiscendente con i suoi azionisti più rilevanti.
Ho letto poi nei giorni scorsi molte persone dire “ma tanto si sapeva, non dicono nulla di nuovo”. Anche quando si seppe dei “pesci grossi” scappati da Bpvi lessi simili affermazioni. Certo, mi vien da dire, si sapeva. Ma un conto è sapere, intuire, immaginare. Un altro paio di maniche è dimostrare, come nei teoremi matematici. Questa faccenda ha mostrato ancora una volta che l’informazione può trapassare i veli dell’ignoranza e dell’omertà, aprendo squarci di verità in un contesto sempre più attanagliato dall’illegalità.
L’informazione giornalistica ha una potenza straordinaria, perché se fatta con professionalità può scardinare logiche e situazioni sbagliate, correggendo il tiro di un’umanità che va sempre più storta.
Il tutto con la forza di una buona inchiesta.
Federico Pozzer
Nota del direttore
Non è la prima e non sarà l’ultima. Denigrare il giornalismo e i giornalisti è ormai diventato lo sport degli ignoranti, che esprimendosi con le frasi già fatte in stile ‘piove governo ladro’, sui social, al bar o a tavola tra amici, sbraitano :’la stampa è tutta marcia, è al servizio dei padroni, è gestita dalla politica’. Come se fossero i figli segreti di Indro Montanelli o di Enzo Biagi. Come fossero autorevoli in base al nulla dei loro titoli di studio.
Per carità, giornalismo spazzatura, pubblicisti e professionisti venduti alla politica ce ne sono. Eccome se ce ne sono. Cronisti servi dei padroni abbondano nel fiume in piena degli iscritti all’ordine. Ma non dimentichiamo, cari lettori, gli eroi di una professione denigrata per partito preso. Perchè è grazie al loro serio lavoro di denuncia, che noi poveri mortali, conosciamo il marcio della politica, gli affari dei colletti bianchi, che nessuno vuole toccare. Gli stipendi da capogiro di manager e politici. Giornalisti che spesso proprio per aver fatto luce sulle schifezze degli intoccabili si beccano querele, attentati da parte della mafia e muoiono sul campo, uccisi da chi non ha digerito che si scrivesse sul loro conto.
Sono infinite, anche in Italia le inchieste serie e ci sono cronisti che vivono scortati per averci aperto gli occhi. Fare i nomi sarebbe troppo lungo, ma a volte basta informarsi per scoprire che tra i giornalisti ‘venduti’, ci sono anche quelli veri, che vanno nelle terre di guerra per farci vedere quello che noi da casa non potremmo conoscere. Giornalisti capaci di aprire le menti a noi cittadini spesso deviati dalla politica che imbastardisce il pensiero e di dare l’input alla magistratura, che se poi arresta e condanna è grazie a quell’inchiesta che mai sarebbe saltata fuori, se non ci fosse stato quell’eroe del giornalismo disposto ad indagare e a denunciare.
Natalia Bandiera