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Il commento sui social, ma si è letto solo il titolo. Il 70% lo fa su Facebook

di Valera Arcudi

Daniel Pennac, noto scrittore francese, ha stilato, nel libro “Come un romanzo”, i dieci diritti del lettore, e ha sostenuto che “Il verbo leggere non sopporta l’imperativo”, avversione che condivide con alcuni altri verbi: il verbo amare … il verbo sognare …. . “Non si possono obbligare le persone a leggere. I lettori hanno il diritto di saltare le pagine dei libri”. E perché allora non avere il diritto di leggere solo i titoli dei giornali?

Succede sempre più di frequente, e lo si vede bene osservando commenti o critiche ad articoli di lettori che chiaramente formulano le loro opinioni solo in base al titolo. Una ricerca condotta da vari studiosi di nazionalità diverse ha voluto approfondire questa tendenza, ed è emerso, tra le altre cose, che il 59 per cento dei link di articoli condivisi sui social media non vengono cliccati: in altre parole, le persone che rilanciano notizie lo fanno solo in base ai titoli, senza leggerle. Praticamente la gente si forma un’opinione in base a un riassunto, o meglio ancora in base a un riassunto di un riassunto.

Il sito di notizie satiriche The Science Post ha voluto indagare il “problema” attraverso un esperimento: ha pubblicato un articolo composto da interi paragrafi di «lorem ipsum» (stringa senza senso) con un titolo che catturava l’attenzione: «Il 70 per cento degli utenti Facebook legge solo i titoli delle notizie scientifiche prima di commentarle» . A quanto pare decine di migliaia di persone non se ne sono accorte e hanno condiviso l’articolo decine di migliaia di volte.

I titoli sono ovviamente molto riduttivi rispetto al testo, devono catturare l’attenzione e quindi si cerca di renderli attraenti, d’effetto, di immediata fruizione. È facile, perciò, che il titolo diventi anche fuorviante rispetto all’articolo, e che solo approfondendo i contenuti diventi possibile leggerlo nella giusta chiave.

Ma qual è il motivo per cui questa tendenza appare sempre più diffusa? Non c’è tempo, sono tutti troppo occupati, hanno mille cose da fare e leggono di fretta. Le notizie sono tantissime e frequenti, i lettori si sentono subissati da informazioni sempre più incalzanti e per questo si cercano scorciatoie per riuscire a tenersi aggiornati senza fare la fatica di leggere. Si ricerca ciò che è semplice, immediato, come il titolo appunto. Fermarsi a leggere e riflettere diventa oneroso, meglio la semplificazione, anche quando a forza di ridurre e semplificare, si perde il senso di quanto scritto.

In conclusione, i lettori non sono più quelli di una volta, che si svegliavano la mattina presto per andare in edicola a comprare il giornale, per poi gustarselo con attenzione seduti davanti a un buon caffè. Ora i veri articoli sono i titoli, e si leggono in un attimo. Si devono rassegnare i giornalisti che amano scrivere: non si ha tempo e voglia di leggere tutta la notizia.

Il tempo che si risparmia è comunque utile: utile per commentare, insultare, minacciare o zittire gli altri commentatori ed insegnare il mestiere ai giornalisti.

Giudizi scritti a sproposito, che nulla hanno più a che fare con la notizia originale, e che impediscono così discussioni opportune su argomenti magari di per sé complessi e controversi.

Ma non si scoraggino i giornalisti! Accade in molte professioni. Un vecchio adagio recita infatti:”chi sa fare fa, chi non sa fare insegna”.

Grazie per aver letto questo articolo!!!