(Acli) Studiosi dell’invecchiamento e Geriatri ci avvertono che solitudine e isolamento possono rappresentare un serio rischio per la salute psico fisica delle persone di qualunque età, ma le statistiche rivelano che per le persone anziane, l’isolamento potrebbe diventare anche un problema di vita o di morte. Soprattutto quando l’anziano è fragile o non autosufficiente, non ha una rete familiare o sociale di supporto adeguata e quando barriere architettoniche abitative rendono difficile uscire di casa. Ci sono poi altre situazioni contingenti come l’attuale pandemia da coronavirus che rendono ancor più problematiche le relazioni sociali anche per gli anziani che sono ancora in buona salute e attivi, in particolare nel corso dei mesi invernali.
Una recente ricerca pubblicata dalla National Academy of Sciences degli Stati Uniti d’America, ha dimostrato che le persone anziane che sono socialmente isolate dalla famiglia e dagli amici corrono un rischio maggiore di morire prematuramente. Lo studio, infatti, che si è concentrato su 6.500 individui di età superiore ai 50 anni, è stato condotto nel 2004 e ripetuto anche nel 2020, ha reso evidente come l’isolamento e la solitudine vadano ad influenzare lo stato di salute mentale e fisica in particolare delle persone anziane, con conseguenze in particolare sulla pressione sanguigna e su altri due importanti fattori di rischio, il fumo e l’obesità, che sono motivo di morte prematura soprattutto per cause cardiovascolari.
Molti anziani soffrono di isolamento sociale oltre che familiare. Si stima infatti che fino a 3 individui su 4 sopra i 60 anni soffra di isolamento sociale. E questo è dovuto a svariati fattori.
L’ ISTAT, ci informa che in Italia abbiamo assistito nel tempo ad un progressivo incremento di famiglie unipersonali, cresciute negli ultimi venti anni di oltre 10 punti: dal 21,5% nel 1998 al 33% nel 2018″ fino a diventare un terzo del totale.
Le persone anziane over 75 che vivono sole sono poco meno di 2.5 milioni e rappresentano il 4% circa della popolazione complessiva, ma ben il 40% delle persone coetanee. Le proiezioni demografiche dicono che diventeranno 3,6 milioni entro il 2045 e che, a quel punto, rappresenteranno il 6% della popolazione complessiva.
Il “vivere soli” genera di per sé, spesso, cattive condizioni della vita nell’età senile, come la poca cura di sé stessi, maggiori rischi di cadute e incidenti domestici, perdita di motivazioni e abbattimento, depressione e rischio di ammalarsi o di accelerare l’inizio e il decorso di malattie neuro-degenerative, quali la demenza senile e il morbo di Alzheimer.
Molti anziani soli trascorrono una dietro l’altra le giornate, uguali, monotone, tristi. Nel silenzio delle mura domestiche sopportano il peso della solitudine, di una vita lontana dal mondo, lontana da tutto e tutti. Allora la pigrizia avanza ogni giorno di più, anche il pensiero di dover cucinare e lavarsi può diventare una zavorra, un peso troppo grande nella giornata inutile.
Gli impegni di lavoro o di studio fanno sì che figli e nipoti siano impegnati per lunghi periodi e lasciano poco tempo libero per andare dai parenti più anziani.
Con l’avanzare dell’età i problemi di mobilità e di trasporto possono impedire alle persone in età più avanzata di uscire e muoversi con un impatto negativo sull’interazione sociale, contribuendo ulteriormente alla solitudine e all’isolamento.
Inoltre, è nella logica naturale che quando le persone invecchiano, amici e coetanei muoiono, a volte prematuramente e quindi si indebolisce o viene meno anche la rete amicale.
È importante che le persone anziane, in particolare coloro che vivono sole siano consapevoli dei rischi connessi alla loro condizione di vita attivando tutti i possibili accorgimenti per aumentare l’interazione e prevenire l’isolamento sociale. Per esempio, curare la periodicità dei contatti telefonici o tramite social con famigliari e amici e se possibile anche mantenere regolari le visite, come occasione anche di uscire di casa e fare passeggiate. Anche la frequenza di corsi di ginnastica dolce per anziani oltre a mantenere la forma fisica sono momenti di socialità. Altri potrebbero preferire interessi artistici come la visita a musei e gallerie d’arte; culturali come la frequenza dei corsi dell’università per gli adulti anziani o gruppi di lettura; la partecipazione ad attività sociali, ricreative o di volontariato compatibili con l’età.
L’allungamento delle aspettative di vita con l’aumento del numero di persone ultra sessantacinquenni e soprattutto di over settantacinquenni sole, alcune, delle quali in condizione di fragilità e semi autosufficienza, pone anche agli Amministratori pubblici non solo socio-sanitari, problemi nuovi e complessi per la prevenzione e la gestione della solitudine, dell’isolamento e dell’emarginazione e delle conseguenze sulle condizioni di salute psico fisica degli anziani. L’impressione è che manchi una sufficiente consapevolezza rispetto all’urgenza di ripensare a fondo le politiche e i servizi necessari per costruire un Paese e soprattutto città a misura anche di anziani, in particolare di quanti vivono soli e per rendere accessibili alle persone anziane le stesse opportunità a disposizione degli altri cittadini. Il PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) prevede, all’interno delle “Missioni 1, 5, 6” importanti finanziamenti rivolti al sostegno agli anziani fragili e non autosufficienti. Ma prevede anche di finanziare progetti proposti dalle amministrazioni regionali e locali che potrebbero rappresentare la svolta degna di un Pese civile e al passo con l’avanzare dell’invecchiamento della popolazione. E ciò riguarda una pluralità di ambiti, ad esempio l’abitazione, il quartiere e il verde pubblico, i trasporti, le relazioni, la partecipazione civile e sociale, l’apprendimento costante.
Particolare attenzione andrebbe data dagli amministratori agli interventi per l’adeguamento delle abitazioni degli anziani (barriere architettoniche, domotica, consumi energetici, ecc.) in quanto il miglioramento delle condizioni abitative diminuisce il ricorso all’istituzionalizzazione. Inoltre sostenendo la diffusione di gruppi di appartamenti autonomi in cohousing, per persone anziane autonome, fragili e anche non autosufficienti. Ci sono anziani che si trovano nell’impossibilità di vivere a casa propria, per il ridotto grado di autonomia, per la perdita di un alloggio, per conflitti familiari, povertà economica ed altri che sono a forte rischio di isolamento e solitudine. In questa prospettiva, per ridurre il numero dei ricoveri in mega‐strutture e case di riposo, sono state attuate soluzioni alternative che, nel tempo hanno dato vita ad un modello articolato per rispondere ai bisogni abitativi della popolazione anziana: cohausing e condomini protetti per anziani.
Gli anziani unendo le proprie risorse, talora più che modeste, riescono ad evitare da un lato i rischi dell’isolamento e della solitudine e dall’altro un ricovero in istituto, a garantirsi la necessaria assistenza sanitaria e sociale ed anche nella gestione dei pasti, delle pulizie domestiche e dei relativi costi economici, continuando a vivere come desiderano. Le convivenze rappresentano un’alternativa innovativa all’istituzionalizzazione e favoriscono valorizzandole, le risorse informali del territorio (vicini, familiari, volontariato). Altre esperienze quasi analoghe sono i Condomini “protetti”. Si tratta di intere palazzine di mini-appartamenti per una o due persone, dedicati ad anziani autosufficienti, ma con una fragilità dal punto di vista abitativo (senza casa, sfrattati, persone sole). A questi ospiti sono offerti dei servizi comuni ed un sostegno nei problemi della vita quotidiana. E’ un modo per continuare a vivere in una casa, stando però in un ambiente protetto.
Queste esperienze sono di norma gestite da organizzazioni non-profit (capofila tra queste ad esempio è la Comunità di Sant’Egidio), spesso in partenariato con le Amministrazioni locali, Fondazioni e Cooperative sociali.
Le indagini finora svolte confermano che gli anziani coinvolti in queste esperienze per larghissima parte apprezzano questo nuovo modo di abitare, motivo per cui negli ultimi anni si sta diffondendo, nel territorio italiano, il fenomeno del “Senior Housing”, strutture pensate per il benessere totale dei soggetti più anziani, capaci di soddisfare soprattutto il loro bisogno di socialità e di prevenire l’emarginazione e l’istituzionalizzazione.