a cura di Alfonso Piscopo, dottore Veterinario del SSN
Anche la terra si appresta a subire la nascita di una nuova era che può essere definita come ‘l’età dell’uomo’, cioè l’inizio di un nuovo periodo geologico, segnato dall’antropocene. Con questo termine si indica l’epoca geologica attuale, nella quale all’essere umano e alla sua attività sono attribuite le cause principali delle modifiche territoriali, strutturali e climatiche. Mi sento di fare propria questa libertà di pensiero e attribuire al covid-19 il tratto somatico distintivo dell’antropocene. D’altronde con tutta onesta è come se avessi scoperto l’acqua calda! L’influenza dominante dell’uomo sul clima e l’ambiente è stata messa sotto accusa dal Antropocene Working Group (AWG), un gruppo di scienziati che ha dichiarato con votazione formale, l’ingresso di una nuova era geologica, la prima creata dall’uomo, lasciandosi alle spalle il periodo che lo precedeva, cioè l’epoca geologica dell’olocene, la cui origine risale a più di 10.000 anni fa (per l’esattezza a 11.700 anni) dopo l’ultima glaciazione. Il gruppo di ricerca è giunto a questa conclusione dopo aver trascorso un decennio a esaminare le prove sul fatto che l’antropocene fosse un concetto non più astratto, ma concretamente e geologicamente valido. Secondo gli scienziati, come riportato dalle testate inglesi, l’antropocene avrebbe avuto inizio negli anni ’50 quando gli esseri umani hanno iniziato a danneggiare in modo irrevocabile il pianeta. Lo sforzo ultimo è quello di trovare dei segnali stratigrafici certi per definire in maniera inequivocabile la demarcazione tra le due epoche, il cosiddetto viral peak (picco virale ), anche se i dati a disposizione fanno pensare proprio a questo periodo come segno premonitore dell’attività dell’uomo sull’ambiente. Il punto di partenza si attesta intorno alla seconda metà del ventunesimo secolo che segna l’inizio della rivoluzione industriale, simbolo della progressiva antropizzazione della biosfera terrestre, le bombe all’idrogeno che hanno prodotto un enorme quantità di materiale radioattivo, per non parlare della combustione fossile, della deforestazione selvaggia, oppure dell’inquinamento antropico delle acque (interessante un mio articolo pubblicato sulla rivista ‘Il Pesce’ n° 1/2018 “A Plastic Word”), o l’uso indiscriminato di fertilizzanti ecc. Il compito degli scienziati è ora dunque quello di misurare con precisione gli strati del terreno, le rocce, i sedimenti lacustri, le calotte di ghiaccio o altre formazioni di questo tipo, che sono i segnali necessari per soddisfare i criteri utilizzati per determinare i periodi geologici. L’AWG realizzerà al più presto una proposta da presentare alla Commissione internazionale per la stratigrafia nel 2021, che sovrintende al diagramma temporale geologico ufficiale. Sarà quindi necessario stabilire l’origine dell’antropocene che per pura coincidenza e con molta probabilità corrisponde ai giorni nostri in piena emergenza covid – 19.
Correlazione tra virus e antropocene
Il nesso tra i virus emergenti come il coronavirus (Covid – 19) e l’ambiente è uno scenario già visto con la Sars (Severe Acute Respiratory Syndrome) e la Mers ecc. La timeline (linea temporale) segna l’origine delle pandemie come malattie aerotrasportate, in cui i fattori coinvolti riguardano con crescente frequenza, i cambiamenti climatici che modificano l’habitat dei vettori animali di questi virus, la sovrappopolazione, la intromissione selvaggia dell’uomo sugli ecosistemi, la frequenza e la rapidità con cui le persone si spostano da un continente all’altro (cosiddetta globalizzazione) ecc. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) già nel 2007 nel rapporto sulla salute nel ventunesimo secolo, aveva lanciato l’allarme sul rischio delle epidemie virali, che traggono origine dallo sbilanciamento dell’equilibrio tra uomo e microbi con alterazione del climate change e dello squilibrio dell’ ecosistema. La diffusione di questi nuovi virus, è la risposta della natura che si ribella alla progressiva forzatura dell’uomo nei riguardi della biosfera terrestre. In una intervista Ilaria Capua descrive lo scenario che suona come un campanello d’allarme: tre coronavirus nell’arco di un ventennio Covid – 19, la Sars e la Mers. Queste virus epidemici sono legati a fenomeni di forzatura della natura da parte dell’uomo, legati quindi ai cambiamenti climatici, per cui se l’ambiente viene stravolto, il virus si trova e si adatta verso ospiti nuovi e fa il salto di specie fino ad arrivare all’uomo. L’accostamento dei virus all’era attuale dell’antropocene è presto detto: l’uomo padrone assoluto del mondo ha sottomesso la natura, provocando modificazioni irreversibili nella biosfera terrestre, tanto da determinare una forza geologica bruta, che gli scienziati chiamano antropocene come epoca attuale, in cui i virus e in particolare il Covid – 19 è testimone del nostro tempo. Se da parte dell’uomo non ci sarà un ridimensionamento gli effetti saranno devastanti e le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti. Il principale aumento delle temperature, negli ultimi decenni, con aumento abnorme di quantità di aerosol e gas a effetto serra (CO2), sono dovuti alla forzatura delle attività antropiche. Queste emissioni derivano in particolare dalla combustione delle energie non rinnovabili come petrolio e carbone. Questo lo affermano il 99% degli scienziati di tutto il mondo nell’ultimo rapporto del ‘IPCC, il gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico. Il mutamento delle temperature rischia di stravolgere il nostro pianeta causando scenari irreversibili. Il periodo geologico di questi ultimi anni sta progredendo con un rialzo delle temperature (ricordiamo tutti l’estate del 2018 con temperature che sfioravano i 40 C°), anche se come già detto, il riscaldamento globale non è nato ieri, ma ha origine con l’avvento della rivoluzione industriale: attività produttive, trasporti, riscaldamento domestico ecc. agevolano l’inquinamento da combustibili fossili (carbone e petrolio) i quali modificano la composizione dell’aria creando i gas serra. La progressiva antropizzazione della biosfera terrestre, ha creato uno stress atmosferico facendo salire “la febbre” al pianeta terra, liberando in atmosfera gas come anidride carbonica (CO2), metano (CH4), protossido di azoto (N2O). Un paragone tra l’irruzione del virus (Covid – 19) nel nostro paese e l’era che stiamo vivendo (antropocene), può contribuire a capire meglio cosa è successo nelle zone sanitarie a codice rosso: è risaputo che la temperatura globale media è aumentata di circa 1C°, a questo aumento hanno contribuito in piccola parte le città metropolitane (Milano, Torino, Venezia ecc.), questo aumento della temperatura è influenzato da fattori antropici (urbanesimo, riscaldamento domestico, traffico di auto, energia utilizzata dalle industrie). Si può ipotizzare che l’inquinamento atmosferico di queste zone ha agevolato la diffusione del virus. A dimostrarlo è una ricerca italiana, che ha registrato i dati nella pianura padana (zona con codice rosso) nel periodo di piena emergenza (febbraio – marzo 2020), ed è emersa una correlazione tra i tra i superamenti dei limiti di legge per il Pm 10 (Particulate Matter o Materia Particolata, cioè in piccolissime particelle) e il numero dei casi infetti da Covid – 19. Secondo la ricerca il Pm10, avrebbe esercitato un’azione di impulso o spinta (boost-push) alla diffusione del Covid – 19. (lo
studio è pubblicato su Il sole 24ore.com (“perché l’inquinamento da Pm 10 può agevolare la diffusione del virus”).
Fig 1 Questa immagine è fornita dall’Agenzia Spaziale Europea riguardante le emissioni di diossido di azoto sopra l’Italia. La diminuzione dell’inquinamento è particolarmente evidente nella parte settentrionale del nostro paese, dove le attività sociali e molte di quelle industriali sono state fermate (o fortemente ridotte) dalle decisioni del governo per contrastare il diffondersi del Coronavirus. Immagine Credit: ESA/Copernicus Sentinel-5P/NavCam – CC BY-SA IGO 3.0
Il cigno nero della pandemia
Gira in rete un video di Tg Leonardo (datato 16 novembre 2015), in cui scienziati Cinesi creano un supervirus polmonare da pipistrelli e topi. Il video diventa subito virale, ma verrà chiarito che l’esperimento è servito solo per motivi di studio. Questo ed altri video sono stati bollati come fake news. Scartata l’ipotesi che il virus Covid – 19 sia stato creato in laboratorio, vediamo i possibili scenari acquisiti come probabili cause scatenanti la pandemia. Inserendo in una posizione di classifica i cambiamenti climatici, l’inquinamento ambientale, il consumo del suolo ecc. intesi come progressiva antropizzazione della biosfera terrestre e lo qualifichiamo come fattore terzo, in quanto agevola la diffusione del virus, vediamo quali sono gli altri due. Nature Medicine ci prospetta come seconda ipotesi il passaggio dall’animale all’uomo tramite i pangolini, mammiferi simili all’armadillo, che sviluppano in natura una proteina molto simile al virus. E la prima che si riferisce al pipistrello, dal quale il virus avrebbe fatto il salto di specie mediante un ospite intermedio. Questi mammiferi possono ospitare una notevole varietà di virus, stabilendo con essi una innocua convivenza adattativa, rendendo miti le reazioni infiammatorie, che i virus trasmettono ad altre specie, uomo compreso (zoonosi), in cui l’infiammazione diventa letale e trasmissibile da uomo a uomo attraverso le goccioline di saliva, mentre si tossisce o si starnutisce. Nel caso di Covid – 19, il pipistrello, funge da serbatoio, ospitando inizialmente un virus non pericoloso per l’uomo, ma che passato ad un altro mammifero (indiziato è il pangolino), viene
trasmesso all’uomo. Con questo percorso di convivenza detto volgarmente “a staffetta” il virus è passa dal mammifero numero 1 (il pipistrello il quale funge da serbatoio, ospitando il virus inizialmente non pericoloso per l’uomo), al mammifero numero 2 (il pangolino ospite intermedio, in cui il virus modifica la sua natura divenendo pericoloso), al mammifero numero 3 (l’uomo ospite definitivo inerme al virus) da cui ha avuto origine la pandemia per contatto diretto da uomo a uomo. Ovviamente questi studi non sono ancora definitivi. Ma si ritorna sempre al punto di partenza, cioè che la forzatura dell’uomo genera il rischio biologico, di fatti queste trasformazioni non sono altro che il risultato del nostro rapporto con la natura. Non dimentichiamo che l’evoluzione virale di Covid – 19, parte dai mercati precari del medio oriente, senza rispetto di condizioni igieniche, in cui persistono animali morti e vivi in condizioni di sovraffollamento di persone, a diretto contatto di organi sangue e visceri. Scenari apocalittici sono descritti in tv come la trasmissione “sapiens” – un solo pianeta -, a cura del presentatore Mario Tozzi che cavalca temi di attualità come il climate change, sostiene peraltro che la progressiva antropizzazione della biosfera terrestre è responsabile di Covid – 19. In particolare nella trasmissione del 28 marzo “sapiens” i divoratori del pianeta “i sapienti” starebbero divorando il pianeta. L’intento è quello di ridurre l’impatto della produzione intensiva di cibo, con riferimento alla quantità di carne che ha superato il limite critico del pianeta portando a deforestazione, inquinamento, danni alle riserve idrogeologiche e ai terreni, perdita di interi habitat naturali che da sempre sono elemento fondamentale del nostro ecosistema. Un comune lettore non ci vedrebbe niente di strano in questo tipo di ragionamento se non la solita forzatura dell’uomo sulla natura, se non fosse per il fatto che il dott. Tozzi professa il vegetarismo. In periodi di crisi come quello che stiamo vivendo, il settore zootecnico e di trasformazione della carne non si è fermato, assicurando alla popolazione l’apporto di cibi edibili ad alto valore biologico. A differenza di altri settori importanti del paese, questo comparto è aperto e operativo, e come è possibile notare dal grafico (fig.1), il tasso d’inquinamento si è notevolmente ridotto nella parte più produttiva del paese, dove le attività sociali e molte di quelle industriali sono state fermate (o fortemente ridotte) dalle decisioni del governo per contrastare il diffondersi di Covid – 19. La carne è importante non solo per le persone sane, ma soprattutto per chi dovesse ammalarsi di Covid – 19, secondo i nutrizionisti questi pazienti dovrebbero assumere alimenti ad alto contenuto proteico. Fettina di vitello, petto di pollo, pesce sono gli alimenti proteici che il paziente in degenza ospedaliera deve assumere accompagnati da verdure. I medici dietologi consigliano la carne, come componente nutrizionale necessaria per fornire azoto alle cellule che devono ricostruire i tessuti, ma sono anche i mediatori del sistema immunitario che, in un corpo ammalato combattono contro gli agenti patogeni. Il paziente affetto da Covid – 19 deve avere un regime alimentare bilanciato e corretto, che sia di aiuto al sistema immunitario. Addirittura i dietologi consigliano di iniziare dal secondo accompagnato dalle verdure e se si ha ancora fame mangiare anche il primo e la frutta. Se il paziente è in terapia intensiva non si parla di alimentazione, ma di terapia nutrizionale, cioè di un vero e proprio aiuto al corpo e alla cura farmacologica da parte dei nutrienti. La terapia nutrizionale è una terapia a tutti gli effetti in quanto sostituisce una funzione d’organo (digestione e assorbimento dei nutrienti) che risulta in via temporanea o definitivamente perduta (legge 219/017). E’ il caso dei pazienti nelle terapie intensive per l’aggravamento del quadro respiratorio da coronavirus. In questi pazienti non devono mancare i macronutrienti: proteine, lipidi e
carboidrati; ma anche i micronutrienti come i Sali elettroliti (soprattutto sodio e potassio) compresi gli omega 3 che sono antiossidanti e nemmeno le vitamine. Ecco perché il dott. Tozzi ha fornito notizie allarmistiche e fuorvianti sulla carne. L’agricoltura e la zootecnia in generale hanno da tempo corretto il tiro mirando a politiche ecocompatibili ed ecosostenibili, per ridurre l’impatto ambientale. In un mondo sempre più globalizzato, un uso razionale delle risorse disponibili è indispensabile per salvaguardare il nostro pianeta. Ridurre l’impatto ambientale è un’assunzione di responsabilità a cui ogni singolo settore produttivo deve porre rimedio, facendosi carico di attuare strategie e interventi mirati, che tengano conto delle effettive esigenze naturali del territorio. In settori trainanti della nostra economia come l’agricoltura e la zootecnia un uso attento dell’acqua, lo sfruttamento razionale del suolo, il ridimensionamento dei carburanti, il riciclo dei rifiuti, l’uso gestionale dei farmaci, l’uso prudente di fertilizzanti e pesticidi, costituiscono la sfida strategica futura, che consentirà di massimizzare la resa agricola e la qualità delle produzioni attraverso nuovi sistemi tecnologici e strumenti all’avanguardia, a basso impatto ambientale. L’impiego di nuovi strumenti tecnologici in campo agronomico dovrà tener conto delle effettive esigenze colturali e delle caratteristiche fisico-biochimiche del suolo, così da arrecare minori danni possibili all’ecosistema. L’agricoltura di precisione (Precision Farming) rappresenta il nuovo modello gestionale agricolo che si attuerà in un futuro non molto lontano. Già se ne parla nei paesi dell’Eurozona, che dovranno prendere coscienza dei nuovi venti di cambiamento per la difesa dell’ambiente. Sarà cura dei governanti europei accelerare la marcia in campo agronomico, con nuove risorse tecnologiche ed economiche, tanto più che il settore è stato oggetto di attacchi mediatici eccessivi. Geologo e divulgatore scientifico dott. Tozzi lo vedrei bene, come pioniere dell’antropocene, ci sono molti settori da sanare, il settore agro zootecnico fa già da tempo la sua parte.
Alfonso Piscopo