Indicati come “il tallone d’Achille” del Green pass da Walter Ricciardi, consulente del ministro della Salute Roberto Speranza, i test antigenici rapidi sono da tempo additati come un anello debole nella catena delle contromisure per arginare la circolazione del virus SarsCoV2. Hanno infatti una sensibilità del 30% e non riescono a vedere il virus se non quando è presente in quantità massicce, con il risultato che in 1 caso su 2 il risultato che danno è un falso negativo.
“Sono test con una sensibilità estremamente bassa, tanto che i casi positivi sono attualmente rilevati dallo 0,2% dei test rapidi e dal 6% dei molecolari. Inoltre abbiamo oltre il 50% di falsi negativi”, osserva il virologo Francesco Broccolo, dell’Università di Milano Bicocca.
Uno dei motivi per cui ci sono tanti falsi negativi è che “quando un soggetto si infetta, l’infezione si palesa al test dopo 48 ore, mentre sappiamo che l’infezione deve prendere piede e che il virus ha bisogno di tempo per replicarsi. Per questo – dice l’esperto – non è il caso di fare il test subito dopo avere avuto un contatto”. Quando, a distanza di 48 ore dal contagio, “il virus inizia a replicarsi, dopo 48 ore diventa visibile al test molecolare, che è in grado di scattare una fotografia molto dettagliata; a confronto il test rapido fornisce un’immagine sgranata. Riesce infatti a vedere il virus solo se la carica virale è di almeno 1 milione di copie per millilitro di fluido biologico prelevato con il tampone”.
Questa, aggiunge, è “una grande criticità. L’altra, secondo Broccolo, è nel fatto che “con le attuali regole per il Green pass, chi è vaccinato non viene distinto da chi ha fatto il test rapido ed entrambe le categorie si espongono agli stessi eventi, dimenticando che chi non è vaccinato ha quindi rischio maggiore di ammalarsi”.
Un’altra criticità è nei tempi di validità del Green pass: “nel mondo ideale, il test rapido andrebbe fatto tutti i giorni perché, se mi infetto oggi, per 48 ore non si potrà vedere l’infezione con nessun test. “Anche le 72 ore di validità del test molecolare sono teoriche perché, seppur questo sia ultrasensibile, non si esime dall’eventualità che l’infezione venga contratta dopo poche ore dal test”. Di conseguenza, conclude l’esperto, “non esiste un test ideale che possa garantire la sterilità, ossia l’assenza di infezione e rischio di diffusione del virus, sia in soggetti non vaccinati (ad esempio per il rilascio del Green pass) che nei vaccinati”.
Fonte gds.it