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Flop del Reddito di Cittadinanza: ha aumentato il debito e non ha creato lavoro

La Corte dei Conti boccia il reddito di cittadinanza e critica il governo. Lo fa attraverso il “Rapporto 2020 sul coordinamento della finanza pubblica”. Se negli intenti del M5S, che lo ha fortemente voluto, c’era, oltre che il sostegno economico ai più indigenti, anche la creazione di nuovi posti di lavoro, in realtà ha solo prodotto debito pubblico. Un grande flop sin dalla sua introduzione, dunque.

Ecco che per molti l’istituzione della misura di sostegno è stata solo una strategia elettorale del Movimento Cinquestelle, per veicolare voti alle elezioni che hanno portato i pentastellati al governo. Un’esca economica, dunque, per il grande popolo degli ‘affamati d’assistenza pubblica’ rappresentato dagli italiani.

E se si pensa che, tra chi ne ha goduto, ci sono anche boss della ‘ndrangheta e malavitosi in genere, si capisce ancora di più quanto spreco di miliardi di euro ci sia stato.

Il fiasco dei navigator

E sul bilancio negativo va inserita anche la spesa dei circa 3.000 navigator, assunti dal ministero del Lavoro, che in teoria dovevano avviare al lavoro i percettori del reddito di cittadinanza. Ma i dati smentiscono l’utilità di questa figura. Sono quelli dell’Anpal, dello scorso febbraio – prima, quindi, della crisi occupazionale imposta dalla pandemia – hanno stabilito che tra i circa 2,4 milioni di persone che hanno percepito il reddito di cittadinanza, meno di quarantamila hanno trovato effettivamente lavoro. Dunque chiediamoci quale utilità abbiano avuto i centri per l’impiego, dove i navigator dovevano indirizzare al lavoro i percettori del reddito di cittadinanza.

Quei nemmeno 40mila che lo hanno trovato devono dire grazie ai contatti personali, al passaparola, a candidature spontanee, conoscenze e ‘bussate di porta’.

La Corte dei Conti ha detto che quel cavallo di battaglia buttato in campo dai Cinquestelle “ha mobilitato uno stanziamento definitivo di 5.728,6 milioni di euro, dei quali sono stati impegnati 3.878,7 milioni”.

La ricetta della Corte dei Conti per risalire dal disastro

Nel “Rapporto 2020 sul coordinamento della finanza pubblica” ci sono vari suggerimenti per uscire dall’impasse economico determinato dal fiasco reddito di cittadinanza. Il più importante è di natura fiscale, prevede la riforma delle imposte sui redditi da lavoro e da pensioni.

Vale a dire il riordino delle aliquote Irpef e il taglio delle tasse. “E’ necessario che vengano ridotte le aliquote sui redditi dei dipendenti e anche dei pensionati che, pur essendo fuori dal circuito produttivo, frequentemente sostengono le generazioni più giovani” – dicono i magistrati contabili – che aggiungono: “è anche necessario alleggerire le tasse sulle imprese, alle quali sono affidate le concrete speranze di un rilancio del Paese”.

E qui è sottintesa la tirata d’orecchi al governo Conte, che ad oggi, sulla scia dell’emergenza sanitaria, sta elargendo bonus a piene mani, offrendo, in pratica, solo una temporanea boccata d’ossigeno ma che non supporteranno a lungo termine la ripresa dell’Italia. Vanno tagliate le tasse, come l’Iva e le imposte legate alla burocrazia. Dicono dalla Corte dei conti.

Eppure, con dati che parlano chiaro, una relazione della magistratura contabile che stronca, reddito di cittadinanza e Quota 100 resteranno così come sono. Il Piano nazionale delle riforme, anticipato nella sua bozza da ‘Sole 24ore’, riconferma le due misure simbolo dei pentastellati, introdotte nel governo targato Di Maio-Salvini.

Patrizia Vita