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Fdl in Veneto invita i sindaci alla fusione dei Comuni: “Servizi migliori, basta campanilismi”

“So bene che la fusione tra Comuni non convince tutti i sindaci – dichiara il capogruppo FdI in Consiglio regionale Enoch Soranzo – soprattutto per il timore di perdere la propria identità ed essere fagocitati dai Comuni più grandi, ma credo si debba cambiare prospettiva e considerare l’ente pubblico come un servizio destinato a una comunità sempre più complessa e onerosa da gestire. Per questo non vanno trascurati gli indiscutibili vantaggi economici che un’aggregazione porta. Ne abbiamo discusso in Commissione regionale, prendendo in considerazione anche le legittime perplessità dei cittadini contrari alle proposte di aggregazione. Ormai sono sempre più numerosi i Comuni che scelgono di unirsi ad altri contigui per razionalizzare la spesa e ottimizzare i servizi destinati ai loro cittadini. In Italia, dal 2009 ad oggi, sono state approvate 139 fusioni, che hanno portato alla soppressione di 326 Comuni e alla diminuzione di 204 unità. Ovviamente questa scelta è stata fatta per migliorare la qualità dei servizi, risparmiare e far avanzare l’innovazione e la semplificazione amministrativa. Attraverso le Unioni, i Comuni condividono infatti risorse finanziarie, umane e strumentali con le quali riorganizzano e razionalizzano i servizi, non soltanto per riallinearsi allo scenario europeo degli enti locali, ma soprattutto per perseguire l’obiettivo di allinearsi ad una nuova concezione dei Comuni, non più intesi in modo semplicistico come enti caratterizzati soltanto da territorio e popolazione, ma posti nelle condizioni di poter raggiungere un elevato livello di welfare. Al di là degli incentivi per raggiungere questo risultato, certamente non trascurabili come i contributi statali straordinari, nonché l’allentamento del Patto di stabilità interno, i contributi regionali, la possibilità di utilizzare margini d’indebitamento maggiori, oltre al mantenimento dei benefici stabiliti dalla UE e dalle leggi statali per contrastare il campanilismo e le eventuali tendenze “accentratrici”, vi è la possibilità di prevedere, nello statuto dei Comuni nati a seguito di fusione, l’istituzione di Municipi nei territori delle comunità di origine, in rappresentanza delle stesse, mantenendo ad esempio tributi e tariffe differenziati per ciascuno dei territori degli enti preesistenti alla fusione, in modo da consentire adeguate forme di partecipazione e decentramento dei servizi alle comunità del Comune cessato. Tutto questo nell’ottica di una maggiore efficienza e ottimizzazione dei servizi e della spesa. È certo, infatti, che i tempi in cui viviamo richiedono modifiche profonde del quadro istituzionale-amministrativo, che appare sempre più inadeguato e inadatto a soddisfare le mutate esigenze dei territori, sia in termini di servizi che di rappresentatività.”