Ha già tentato il suicidio due volte. Ha un curriculum di tutto rispetto come cuoco, ha lavorato nei più prestigiosi ristoranti europei e ha cucinato persino in casa di Gucci. Oggi, a soli 45 anni, è disoccupato. Gli assistenti sociali gli hanno tolto la custodia del figlio di 11 anni, che ora vive in un istituto per minori dell’Alto Vicentino. Non ha un’auto, né una casa. Pranza a Casa Bakhita e la sera, dorme in un freddo garage di Schio, dove ha messo un letto e qualche coperta.
Ora il suo terrore è che i condomini presto lo mandino via e lui non sa dove altro ripararsi dal freddo.L’ultimo impiego di Fabio Panzera, formalmente residente a Malo, è stato in un noto ristorante di Marano. Dopo la stagione estiva, gli è stato detto che non c’è più bisogno di lui e dopo aver bussato alla porta di numerosi locali dell’Alto Vicentino, ormai è stanco di sentirsi dire che è troppo ‘vecchio’ per essere assunto. Che il suo curriculum è ottimo, ma che è più conveniente per un ristoratore prendere un giovane piuttosto che lui. Eppure ha solo 45 anni. Alle sue spalle, un fallimento professionale che lo ha indebitato fino al collo: il tentativo di avviare un locale a Magrè. Crisi e tasse lo hanno divorato fino a fargli perdere la casa, dove un tempo viveva felice con moglie e figlioletto, che la sera lo accoglievano al caldo. Ma si sa, il dolore non sempre unisce e dopo l’insuccesso con il ristorante ha dovuto fare i conti con la rottura di un matrimonio che ha risentito del terremoto. In mezzo, un bambino cresciuto in simbiosi con un papà che ora non può più occuparsi di lui.
Sul volto di Fabio Panzera si legge chiara la disperazione, ma anche la dignità di un uomo che non si autocommisera. Ma che non riesce a trattenere il dolore quando racconta del figlio che da qualche mese vive in un istituto per minori. Fabio vive per quella creatura che spera di poter riavere con sé, di poter vedere crescere. “Ora non è possibile – racconta con gli occhi lucidi – non posso provvedere a lui. Ci siamo separati: è terribile stare senza di lui. Lo sento tutti i giorni al telefono, almeno so che sta in un posto sicuro, che sta in mezzo ad altri bambini, che studia. Ma mi chiede continuamente quando andrò a prenderlo. E ogni volta mi chiede dove vivo. L’ho rassicurato. Gli ho detto che ho preso un appartamento a Giavenale di Schio e che, quando troverò un lavoro, ci porterò anche lui”.
La storia di Fabio è l’emblema della disperazione di tanti disoccupati che vivono senza un tetto e che bussando alle porte dei Comuni, si sentono rispondere che non ci sono ricoveri, che la situazione degli sfrattati e dei disagiati è al collasso per qualsiasi amministrazione comunale.
“Se fossi stato un extracomunitario sarebbe stato diverso – si sfoga il cuoco –, continuano a dirmi che non c’è posto nemmeno a Casa Bakhita per la notte, è già tanto che riescano a darmi il pranzo. Se fossi stato straniero forse a quest’ora un posto dove ripararmi dal freddo l’avrei trovato”.
Fabio Panzera racconta la sua storia senza tralasciare i particolari di una condizione che è difficile anche ascoltare. Il suo aspetto da uomo buono, la sua voglia di lavorare, quell’amore per un figlio da cui la vita lo ha separato in maniera dolorosa commuove anche i più cinici degli esseri umani. Anche a questo può portare una crisi economica mai così aggressiva nel nostro paese in tempo di pace. Ma si fa fatica a credere che un uomo che ha vissuto e lavorato nel ricco Nord Est d’Italia possa essere ridotto in quello stato. Sembra impossibile che nessuno riesca a offrirgli un tetto ed un lavoro. Che nessuno riesca ad allungare una mano.
Se qualcuno avesse intenzione di mettersi in contatto con Fabio Panzera può utilizzare l’indirizzo mail della nostra redazione: info@thieneonline.it
N.B.