AltoVicentinOnline

Coronavirus, la denuncia del medico in trincea: ‘Manca una regia complessiva per combatterlo’

Pubblichiamo integralmente lo sfogo del dottor Umberto De Conto pubblicato sulla nota rivista medica Quotidiano Sanità

Scrivo dalla campagna trevigiana dove opero come Medico di Assistenza Primaria per raccontare dell’anno appena trascorso e del morale di chi, come me, opera nelle prime linee della battaglia contro la pandemia. Siamo nel pieno della seconda ondata e continuiamo a combattere contro il virus, senza dimenticare tutte le altre situazioni che richiedono assistenza: diabete, ipertensione, tumori, e anche le altre malattie infettive che non sono scomparse e i maledetti dolori di tutti i tipi, così diffusi e debilitanti.
 
Io sono fortunato perché opero in un Gruppo, ma ascolto le confidenze di altri colleghi e mi sembra che i sentimenti prevalenti tra il personale sanitario siano la stanchezza per la perdurante tensione e l’isolamento per il deficit di comunicazione. Eppure i media sono pieni di notizie, meno di informazioni; l’informatica si esprime ogni giorno con nuove meraviglie e possibilità di comunicazione, ma nessuna di quelle opportunità aiuta a costruire il sentimento di “squadra che lavora insieme”.

Abbiamo continue segnalazioni di sviluppi nella conoscenza sul Coronavirus, leggiamo, di solito di notte, di indicazioni procedurali, di linee guida assistenziali proposte non si sa da chi, di progetti per l’imminente vaccinazione … sembra di leggere le parti di una sceneggiatura cinematografica con le battute assegnate ai singoli attori, ma non si avverte la regia complessiva, l’armonizzazione delle recitazioni, l’indicazione dei tempi d’ingresso e del tono dell’interpretazione. Lo traduca nelle azioni necessarie alla gestione della pandemia e comprenderà come mai si registri la fatica dell’agire vorticoso, la replicazione di procedure e accertamenti, la confusione degli adempimenti burocratici, l’impotenza nella gestione delle criticità, la stanchezza della solitudine operativa. Siamo come pattuglie lanciate dentro il campo nemico e che hanno perso i contatti tra di loro e con il comando. 

 
Non credo esista una persona in grado di gestire da sola l’enorme complessità dell’assistenza e purtroppo veniamo da un’epoca nella quale le opzioni economiche hanno portato ad un accentramento decisionale e (pseudo) operativo, inadeguato al momento attuale. Il Generale Comandante ha selezionato una serie di “colonnelli d’Accademia” competenti nella teoria bellica e inesperti dell’azione di governo, specie in una catena di comando troppo semplificata per essere adatta alla gestione in periferia.
 
Si recita quindi a soggetto, solo che ognuno ne ha uno proprio, sconosciuto agli altri interpreti. Sembra di essere in quelle scenette in cui ogni attore riceve dal regista indicazioni diverse sulla comprensione delle battute altrui ottenendo l’effetto tragicomico del cabaret; con la differenza che lì il regista è lo stesso per tutti e che questo non è un cabaret.

Bisognerebbe fare come nelle grandi squadre professionistiche, penso al calcio, al rugby, al football, dove il capo allenatore ha nel proprio staff una serie di aiuto-allenatori dedicati alle diverse sezioni della squadra e anche ai servizi accessori della gestione; sono loro che trasmettono la filosofia di gioco e, conoscendo i singoli atleti, ne curano l’allenamento e lo sviluppo delle qualità. Il Capo allenatore si fida di loro e confida nell’allenamento attuato in vista della gestione delle partite. Gli atleti, dal canto loro, sgobbano in allenamento perché vogliono migliorare e perché sono coscienti di essere parte importante della squadra.

Certo, in emergenza molte delle azioni di preparazione non si possono realizzare, ma siamo in ballo e dobbiamo ballare e sarà meglio approfittare della fiducia residua e della volontà di cooperazione, per serrare le fila per organizzare un’azione collettiva di interdizione; altrimenti il grido d’aiuto sarà soppiantato da un “si salvi chi può”. Basta sceneggiature, ci manca la regìa. Come si dice da noi in Veneto: “ghe manca el soramanego” cioè “l’attrezzo è valido ma manca chi lo sappia maneggiare”.

Non chiedo interventi eroici, non sono il soldato Ryan da salvare, ma almeno qualche segnale che il generale si ricorda di noi, perché … il morbo infuria, la regìa ci manca, non voglio alzare bandiera bianca.

Umberto De Conto
Medico di medicina generale, Breda di Piave