“Le case di risposo per anziani e i centri servizi per disabili rischiano il collasso a causa dello stillicidio di infermieri e operatori già in atto. Tra le uscite legate a quota 100, un contratto penalizzante, l’arrivo dell’infermiere di famiglia, i nuovi bandi delle Ulss e il carico di lavoro spesso massacrante è sempre più numeroso il personale che ‘trasloca’ verso gli ospedali”. L’allarme viene lanciato dalla Consigliera regionale di Italia Viva Orietta Salemi (gruppo consiliare Civica per il Veneto) che spiega: “Si tratta di una situazione che rischia di mettere in ginocchio il sistema integrato sociosanitario e la qualità dell’assistenza offerta dalle realtà del privato sociale. Il rischio è di risolvere un problema nella sanità per aprirne uno nel sociale. La Regione deve intervenire con una programmazione che dia garanzie per il futuro e, per farlo, deve sedersi al tavolo con fondazioni, cooperative, Ipab, il sistema che tiene in piedi l’assistenza agli anziani, ai disabili, a chi soffre disturbi di salute mentale. Intervengo consapevole della fatica vissuta anche in questi mesi di covid dai centri servizi di assistenza del privato sociale e in particolare dalle case di riposo per anziani. Un allarme che ho portato in Regione chiedendo interventi concreti e una pianificazione che permetta di coniugare le esigenze sanitarie e quelle assistenziali”.
“Spetta alla Regione la responsabilità di una programmazione che consenta di evitare il collasso del sistema di assistenza e il crollo del modello di integrazione sociosanitaria del Veneto. Senza il personale adeguato – sottolinea Salemi – si mette a rischio la qualità e l’efficienza della risposta che diamo agli ospiti delle strutture e dei servizi. Sappiamo che la coperta è corta e ben vengano i programmi di potenziamento, ma alla base di questi deve esserci la capacità di trovare un equilibrio alle esigenze di tutte le parti. Attualmente non è così. Le case di riposo e i centri per disabili sono già stati penalizzati dal mancato turnover delle uscite legate a quota 100 e ora vedono infermieri e oss fuggire verso un contratto sanitario che offre loro un migliore riconoscimento, sia economico che a livello di tutele. I concorsi indetti dalle Ulss, positivi perché rafforzeranno la sanità, favoriscono però questo stillicidio, mentre l’obbligo per gli oss di svolgere il corso della Regione, dopo il quinquennio professionalizzante, con spese a proprio carico, non favorisce l’arrivo di nuovo personale”.
“Tanti fattori, cui si somma la mancata riforma delle Ipab, che rendono oggi drammaticamente incerto il futuro dell’assistenza offerto dal privato sociale – conclude Salemi – quello che serve è un piano che sappia guardare oltre l’immediato per garantire un reale ricambio e potenziamento del capitale umano sia nella sanità che nel sociale, assicurando così la sopravvivenza del modello integrato sociosanitario che ha rappresentato da sempre l’eccellenza del Veneto nel panorama della sussidiarietà nella gestione dell’assistenza ai più vulnerabili”.