I residenti in Italia sono 59.433.744. E’ il dato definitivo dell’ultimo censimento, dal quale emerge un incremento del 4,3% rispetto al 2001 quando si contarono 56.995.744 residenti. L’incremento è dovuto solo agli stranieri: in dieci anni sono aumentati di 2.694.256 mentre gli italiani sono diminuiti di 250mila unità (-0,5%).

 

I cittadini stranieri risultano in crescita in tutte le regioni della Penisola, mentre gli italiani diminuiscono nel Mezzogiorno oltre che in Piemonte, Liguria e Friuli-Venezia Giulia. In particolare, i cittadini italiani aumentano nel 43,2% dei comuni (3.493) e diminuiscono nel restante 56,8% (4.599). I comuni in cui si registra il maggior incremento di residenti italiani sono Rognano, Sant’Alessio con Vialone e Roncaro, tutti in provincia di Pavia; quelli che ne perdono di più sono Paludi in provincia di Cosenza, Quindici in provincia di Avellino e Rocca de’ Giorgi in provincia di Pavia. Dall’ultimo censimento (2011), i maggiori incrementi di popolazione si rilevano nelle regioni del Centro-Nord, specie in Trentino-Alto Adige (+9,5%), Emilia-Romagna (+8,5%), Lazio (+7,6%), Lombardia (+7,4%) e Veneto (+7,3%). Al contrario, nelle regioni del Sud e delle Isole si registrano incrementi lievi (intorno all’1% in Campania, Puglia e Sicilia) e perdite di popolazione (superiori al 2% in Molise, Basilicata e Calabria).

Nel corso dell’ultimo decennio la popolazione straniera residente in Italia e triplicata, passando da 1.334.889 milioni a 4.029.145 milioni, con una crescita del 201,8%. Due stranieri su tre risiedono al nord, il 24% al centro e solo il 13,5% al sud. Le donne stranieri sono il 53,3% del totale, ma salgono al 56,6% nel Meridione. Quasi un quarto degli stranieri vive in Lombardia, il 23% in Veneto e in Emilia Romagna. Il 46% ha un’età compresa tra 25 e 44 anni.

Anche l’incidenza sulla popolazione totale registra un incremento di pari entità, passando da 23,4 stranieri per mille censiti nel 2001 a 67,8 nel 2011. L’Emilia-Romagna registra l’incidenza più elevata, con 104 stranieri ogni 1.000 censiti, seguita dall’Umbria (99,2‰), dalla Lombardia (97,6‰) e dal Veneto (94,2‰), mentre nel Sud e nelle Isole i valori dell’indicatore si riducono in misura consistente. Tra i grandi comuni, l’incidenza più elevata si registra a Brescia, con 166,1 stranieri ogni 1.000 censiti. I comuni con l’incidenza più elevata di stranieri sul totale della popolazione censita sono Rocca dé Giorgi (Pavia) con 36,7 stranieri per 100 censiti, San Pio delle Camere (Aquila) con il 27,6% e Airole (Imole) con il 26,5% di stranieri. In tutti i comuni con almeno 150.000 abitanti tra il 2001 e il 2011 si è registrato un incremento di popolazione straniera, pari nel loro complesso a 600 mila individui, a fronte di un decremento degli italiani di pari entità (598.290 unità). Solo a Perugia, Reggio Emilia e Ravenna anche la popolazione italiana è aumentata nel decennio, sebbene in misura più contenuta degli stranieri. Il contributo demografico degli stranieri non soltanto compensa la diminuzione degli italiani intervenuta tra il 2001 e il 2011, ma apporta anche benefici alla struttura per età della popolazione complessiva. Infatti l’età media degli stranieri è sensibilmente più bassa rispetto a quella degli italiani (44,2 anni).

In Italia la popolazione aumenta soprattutto nei comuni di media dimensione. Dal 2001 ad oggi, la popolazione è aumentata nel 60,1% dei comuni: in particolare si registra un incremento nell’81% dei comuni di dimensione compresa tra 5.000 e 50.000 abitanti, nel 68,4% dei comuni tra 50.000 e 100.000 abitanti e nel 51,8% di quelli con meno di 5.000 residenti. Gli incrementi più consistenti si registrano nel nord-ovest, nel nord-est e nel centro; nel sud e nelle isole, al contrario, prevalgono i comuni dove il numero di abitanti si è ridotto. In particolare, 1.153 comuni del sud hanno perso popolazione e per 179 la diminuzione è stata superiore al 15%.

In Italia, al 9 ottobre 2011, ci sono 93,7 uomini ogni 100 donne. In 10 anni gli over 65 sono passati dal 18,7% al 20,8%. Anche i gli ultra 85/enni, incrementano il loro peso sul totale della popolazione (dal 2,2% al 2,8%); in particolare, aumentano del 78,2% nella classe 95-99 anni e del 138,9% in quella degli ultracentenari. Questi ultimi infatti erano 6.313 nel 2001 mentre nel 2011 sono diventati 15.080, con una percentuale di donne dell’83,7%: due di queste alla data del censimento avevano compiuto 112 anni.

Il fenomeno dell’invecchiamento della popolazione in Italia appare evidente in questa tornata censuaria. Ad un primo colpo d’occhio infatti, fatta eccezione per le classi 0-4 e 5-9 anni, si nota un minor peso delle classi più giovani e una maggiore incidenza delle classi più adulte. Più in particolare, i residenti di età compresa tra i 10 e i 39 anni sono 20.337.917 contro i 22.607.412 del precedente Censimento (-10%). Nella classe di età 25-29 anni la variazione percentuale risulta ancora più marcata (-22,9%), mentre nella classe successiva (30-34 anni) la riduzione si attesta a -16,8%. Il confronto tra la numerosità degli anziani (65 anni e più) e quella dei bambini sotto i sei anni di età mostra che per ogni bambino con meno di sei anni si contano sempre più anziani: dal 1971 al 2011 l’indicatore mostra un andamento costantemente crescente passando da 1,1 anziani per un bambino al censimento del 1971 a 3,8 al censimento del 2011. Anche il rapporto tra la popolazione con 65 anni e più e quella con meno di 15 anni è notevolmente aumentato, passando dal 46,1% del 1971 al 148,7% del 2011, con il valore minimo (101,9%) registrato in Campania e il massimo (238,4%) in Liguria. La Lombardia è la regione in cui, in valore assoluto, è stato rilevato il maggior numero di ultracentenari (2.391, 15,9%), seguita dall’Emilia-Romagna (1.533, 10,2%) e dal Veneto (1.305, 8,6%).

Durante il decennio 2001-2011, in Italia sono state istituite sette nuove province, mentre i Comuni sono diminuiti di nove unità. E’ quanto emerge dai dati definitivi del 15.mo Censimento della popolazione e delle abitazioni. Le province sono dunque passate dalle 103 del 2001 alle 110 del 2011. Nel 2001, la Regione Autonoma della Sardegna ha istituito quattro nuove province (Olbia-Tempio, Ogliastra, Medio Campidano e Carbonia-Iglesias). Altre tre province sono state istituite nel 2004: in Lombardia la provincia di Monza e della Brianza, nelle Marche la provincia di Fermo, in Puglia la provincia di Barletta-Andria-Trani (Bat). Il numero di comuni è diminuito da 8.101 del 2001 a 8.092 del 2011. La differenza di 9 comuni in meno è dovuta alla cessazione di 15 comuni e alla costituzione di 6 nuovi comuni, di cui 5 istituiti per fusione di comuni preesistenti (San Siro, Gravedona ed Uniti, Comano Terme, Ledro, Campolongo Tapogliano) e 1 per cessione di territorio da altro comune (Baranzate) (ansa)

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