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Posina. A tu per tu con il sindaco Cecchellero: ‘Vorrei 200 famiglie in più’

E’ nato e ha vissuto trent’anni a Milano, tra il caos di metropolitane e tram e con la protezione della Madonnina. Poi è tornato a Posina, la terra della sua famiglia e si è preso sulle spalle la responsabilità di un paese di pochi abitanti, in cui i servizi di base sono spesso a rischio. 

Andrea Cecchellero, 44 anni, sindaco dei 592 abitanti del ‘paese degli gnocchi’ per la sua Posina ha un pensiero fisso che lo accompagna da quando si sveglia a quando va a dormire la sera: ‘Voglio duecento famiglie in più, in modo che le scuole e tutti i servizi fondamentali per il Comune siano sempre assicurati’.

Cecchellero, che cosa significa essere il Sindaco di un paese come Posina?

Ci sono i pro e i contro. Positivo è il fatto di non avere il patto di stabilità e come comune di confine siamo agevolati anche economicamente. Non abbiamo soldi da buttare dalla finestra, ma non ci possiamo lamentare. Non abbiamo modificato l’Irpef e possiamo garantire un contributo alle famiglie per i trasporti. Per contro, il fatto di aver subito un forte calo demografico e di conseguenza di avere oggi pochi abitanti mette a rischio alcuni servizi fondamentali. In un Comune serve un medico di base, servono la scuola e la farmacia. Per questo ci servono le persone. Senza gente non si può fare politica.

Il Commissario della provincia Attilio Schneck ha detto che i Sindaci dei piccoli comuni di montagna sono dei ‘missionari’. Che ne pensa?

Ha ragione! In questi contesti il Sindaco è un missionario pronto a tutto. E’ responsabile di tutto e di tutti e la gente lo crede onnipotente. Capita di fissare appuntamenti per problemi tra vicini, per il cane che abbaia troppo o per diatribe coniugali. Il Sindaco è il punto di riferimento e il parafulmine della città. Lo si fa perché ci si crede e non certo per soldi o per ambizioni politiche. E’ una scelta di vita, che io faccio con grande passione.

Che cosa vorrebbe cambiare di Posina?

Vorrei che ci fossero duecento famiglie in più stabili, possibilmente giovani e venete. Serve per la salvaguardia dell’identità, bisogna capire le abitudini e comprendersi sulle esigenze. Posina è un paese di emigranti dove a fine 1800 c’erano 3.500 abitanti. Dopo le guerre c’è stata un’emorragia di persone e ora la comunità è fatta prevalentemente di anziani. Ci sono fenomeni di ritorno e se sono famiglie del luogo va tutto bene. Quando invece arrivano cittadini non originari faticano ad ambientarsi qui. E’ un dato di fatto, non sono chiacchiere.

La politica centrale capisce i Comuni? E cosa possono fare questi per vedere rispettate le loro esigenze?

I Comuni sono gli enti territoriali che esprimono direttamente la volontà popolare. Andrebbero sicuramente rispettati di più, invece lo Stato li vorrebbe centralizzare. Questa è la peggiore politica, perché significa togliere alle persone la capacità di esprimersi e di svilupparsi, soffocando tutti in un calderone. Lo Stato vede i Comuni come l’ultima ruota del carro, ma facendo così distrugge il territorio. L’Italia è composta da Comuni e non è il taglio delle amministrazioni locali che salva l’economia del paese, anzi. Le amministrazioni locali sono il motore del paese.

Posina è una località turistica. Che tipo di turismo c’è? E com’è organizzato?

A Posina c’è un’enorme affluenza turistica d’estate e il nulla d’inverno. Il divario è abissale. Vorrei che lavorassimo per sviluppare la bassa stagione. Posina fa parte dei 5 Comuni del Pasubio, insieme a Valli, Vallarsa, Trambileno e Terragnolo. E con Valli del Pasubio e Recoaro abbiamo in atto il progetto Va.Po.Re, per il quale la Regione ha stanziato dei fondi. Dobbiamo collaborare per il turismo della nostra zona, perché le potenzialità sono alte. Noi di Posina dobbiamo cercare di uniformare le presenza nell’arco dell’anno. Ci sono anche molte sagre interessanti, ma il nostro è un turismo che si può sviluppare su più fronti, in mezzo a montagne meravigliose e con una storia incredibile sia dal punto di vista naturalistico che umano.

Qual è stato il giorno più bello e quale il più brutto della sua esperienza da primo cittadino?

Ogni giorno è bello perché si lavora insieme per costruire qualcosa. Non ho nemmeno il mio ufficio, perché siamo piccini e lavoriamo gomito a gomito per la nostra gente. Ma c’è sempre la soddisfazione di vedere qualcosa che cresce. Il giorno più brutto sarà l’ultimo giorno da Sindaco. Non ci voglio nemmeno pensare.

Lei è al secondo mandato. Pensa di essere e di essere stato un bravo Sindaco?

Bisogna chiederlo ai miei cittadini. Io ci metto il massimo impegno ogni giorno sacrificando anche il personale. Il fatto di essere stato rieletto al secondo turno con il 90% dei voti mi fa pensare di aver fatto bene il mio dovere.

Voi gente di montagna siete spesso definiti ‘introversi’, ‘taciturni’, a schiena bassa sulla legna e poco propensi alla socializzazione. Che gente è quella di Posina?

Non servono tante parole per descriverci, basta citare un vecchio detto: ‘Per fare un uomo di montagna ce ne vogliono 10 di città’.
Anna Bianchini