“Il Presidente Mattarella, dopo solo una settimana dall’approvazione dell’Aula, ha promulgato la legge sull’Autonomia differenziata. Sono così smentite, in un solo atto, settimane di bugie e di strumentalizzazioni. La legge è costituzionale e cambierà il nostro Paese. Grazie Presidente: viva l’autonomia, viva il Veneto“. Così il deputato della Lega Alberto Stefani, relatore dell’Autonomia alla Camera e presidente della bicamerale per l’attuazione del federalismo fiscale.

L’autonomia regionale del Governo Meloni “è un bluff clamoroso. Oltre a essere un errore che renderà più debole, più ingiusta e più spaccata l’Italia”. Ne è sempre più convinto Stefano Bonaccini, presidente uscente della Regione Emilia-Romagna, che torna ad attaccare la riforma dell’Esecutivo  a margine dell’Assemblea legislativa. Bonaccini non rinnega di essere stato a favore dell’autonomia inizialmente. “E’ per questo che credo di avere qualche merito in più a poterne parlare- dice- perché non siamo mai stati ostili, anzi ci abbiamo creduto all’inizio”. Quella pensata dall’Emilia-Romagna, però, “era un’autonomia molto diversa da Lombardia e Veneto– ci tiene a ricordare il presidente- non chiedevamo tutte le materie e non un euro in più, ma solo sburocratizzazione e programmabilità e certezza delle risorse e investimenti”. L’autonomia del Governo Meloni invece “è un bluff clamoroso- attacca Bonaccini- oltre a essere un errore che renderà più debole, più ingiusta e più spaccata l’Italia. Perché è un’autonomia pasticciata, che peraltro vede già qualche crepa nel centrodestra”. Ad esempio il presidente della Calabria, Occhiuto, “è stato molto netto e duro- cita Bonaccini- e penso che nei prossimi mesi ne seguiranno altri”. Secondo il governatore, del resto, “non è un caso che il Pd sia il primo partito nella circoscrizione Sud alle europee e non è un caso il risultato straordinario alle amministrative. Non solo in ragione di quello, ci mancherebbe. Ma per evidenti giudizi che anche molti elettori di centrodestra danno a una riforma come questa. Che peraltro, non prevedendo i livelli essenziali di prestazioni, che per noi invece era una pre-condizione, metterà in difficoltà soprattutto le Regioni più deboli. E il nostro è un Paese che non se lo può permettere”, chiosa Bonaccini.

L’Autonomia in 11 punti

– RICHIESTE DI AUTONOMIA: partono su iniziativa delle stesse regioni, sentiti gli enti locali. Sono 23 materie, tra queste anche la tutela della salute. Ci sono poi, tra le altre, istruzione, sport, ambiente, energia, trasporti, cultura e commercio Estero. Quattrodici sono le materie definite dai Lep, Livelli essenziali di prestazione.

– DETERMINAZIONE LEP: la concessione di una o più “forme di autonomia” è subordinata alla determinazione dei Lep, ovvero i criteri che determinano il livello di servizio minimo che deve essere garantito – è specificato nel testo – in modo uniforme sull’intero territorio nazionale. La determinazione dei costi e dei fabbisogni standard, e quindi dei Lep, avverrà a partire da una ricognizione della spesa storica dello Stato in ogni Regione nell’ultimo triennio.

– PRINCIPI DI TRASFERIMENTO: l’articolo 4, modificato in Aula al Senato da un emendamento di FdI, stabilisce i principi per il trasferimento delle funzioni alle singole Regioni, precisando che sarà concesso solo successivamente alla determinazione dei Lep e nei limiti delle risorse rese disponibili in legge di bilancio. Dunque senza Lep e il loro finanziamento, che dovrà essere esteso anche alle Regioni che non chiederanno la devoluzione, non ci sarà Autonomia.

– CABINA DI REGIA: composta da tutti i ministri competenti, assistita da una segreteria tecnica, collocata presso il Dipartimento per gli affari regionali e le autonomie della Presidenza del Consiglio. Dovrà provvedere a una ricognizione del quadro normativo in relazione a ciascuna funzione amministrativa statale e delle regioni ordinarie, e all’individuazione delle materie o ambiti di materie riferibili ai Lep sui diritti civili e sociali che devono essere garantiti in tutto il territorio nazionale.

– TEMPI: il governo entro 24 mesi dall’entrata in vigore del ddl dovrà varare uno o più decreti legislativi per determinare livelli e importi dei Lep. Mentre Sato e Regioni, una volta avviata, avranno tempo 5 mesi per arrivare a un accordo. Le intese potranno durare fino a 10 anni e poi essere rinnovate.
Oppure potranno terminare prima con un preavviso di almeno 12 mesi.

 CLAUSOLA DI SALVAGUARDIA: l’undicesimo articolo, inserito in commissione, oltre a estendere la legge anche alle regioni a statuto speciale e le province autonome, reca la clausola di salvaguardia per l’esercizio del potere sostitutivo del governo. L’esecutivo dunque può sostituirsi agli organi delle regioni, delle città metropolitane, delle province e dei comuni quando si riscontri che gli enti interessati si dimostrino inadempienti, rispetto a trattati internazionali, normativa comunitaria oppure vi sia pericolo grave per la sicurezza pubblica e occorra tutelare l’unità giuridica o quella economica. In particolare si cita la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni sui diritti civili e sociali.

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