Programmi elettorali bocciati in materia ambientale, climatica e di green economy. Mancano strategie di riduzione delle emissioni e di lotta ai cambiamenti climatici e posizioni nette sulla riconversione industriale. A studiare e confrontare agende e programmi delle varie coalizioni in vista delle elezioni politiche sono sette tra le maggiori associazioni ambientaliste (Cai, Fai, Federazione Pro Natura, Greenpeace Italia, Legambiente, Touring Club Italiano, Wwf), rilevando in particolare sei gravi carenze, a fronte delle quali le associazioni hanno deciso di redigere una loro ‘Agenda per la riconversione ecologica del Paese’.

 

 Stando a quanto rilevano le sette associazioni, nei programmi non assume alcuna centralità la questione dei cambiamenti climatici che imporrebbe invece scelte radicali di azzeramento delle emissioni in tutti settori e nel modello produttivo, nonché nelle strategie di adattamento, e non emerge consapevolezza sui servizi ecosistemici garantiti dalla tutela della biodiversità. Nessuna priorità nè urgenza alla questione degli indirizzi della nuova politica industriale e della riconversione post-industrialee non si affronta il problema di come calcolare e valutare la ricchezza della nazione attraverso la declinazione di nuovi indicatori di benessere che superino il Pil.

 Infine, le associazioni lamentano di non aver trovato nei programmi nessun cenno a come adeguare il corpus dei diritti e dei delitti ambientali nè alla inadeguatezza della governance ambientale, dipendente in buona parte dalla progressiva liquidazione del ministero dell’Ambiente avvenuta negli ultimi 5 anni, mentre per alcuni settori chiave come beni culturali, turismo e agricoltura non si aprono nuove frontiere, nè si assume la necessità di interventi coordinati e complessivi di rilancio.

 Parchi, biodiversità, patrimonio culturale, sistema della qualità, sicurezza ed efficienza dell’approvvigionamento energetico, internazionalizzazione dei costi ambientali: sono questi, secondo le associazioni, gli elementi di forza su cui il prossimo governo dovrà puntare per evitare che le minacce ambientali mettano a rischio anche gli asset di forza del Paese. “E’ indispensabile che finalmente si costruisca anche in Italia un Patto che sia basato su un nuovo paradigma che consideri come inscindibili la dimensione ecologica e quella economica e sociale dello sviluppo”, fanno sapere le associazioni ambientaliste.

 Per questo hanno redatto un proprio documento, ”Elezioni nazionali 2013: Agenda ambientalista per la Ri-Conversione ecologica del Belpaese”, che contiene 80 proposte su 12 filoni principali per la riconversione: New Green Deal, biodiversità, beni culturali, mobilità e infrastrutture, salute e ambiente nelle scelte industriali, consumo di suolo e governo del territorio, difesa del suolo e adattamento ai cambiamenti climatici, filiera agroalimentare, turismo; governance e diritto ambientale, indicatori di sostenibilità.

 Tra le priorità indicate nell’Agenda ecologica, l’esigenza di redigere una roadmap nazionale di decarbonizzazione e di efficienza energetica, dei trasporti, dell’industria e dei servizi per la green economy, considerato che nel 2012 il 40% delle assunzioni complessive (241mila addetti) sono state in aziende che investono in tecnologie green; fissare l’Obiettivo del 100% rinnovabili, con un secco no a centrali alimentate con combustibili fossili, a carbone ed olio combustibile e trivellazioni petrolifere off shore; integrare la Strategia nazionale sulla biodiversità approvata nel 2010 con la programmazione nei diversi settori economici; garantire fondi sufficienti al funzionamento dei parchi terrestri e delle aree marine protette e organizzare la Terza conferenza nazionale delle aree protette.

 In materia di mobilità, l’Agenda delle associazioni chiede un Piano nazionale che superi il Primo Programna delle infrastrutture strategiche, l’intervento organico nelle aree urbane, il riequilibrio modale dalla strada alla ferrovia in particolare per le merci e la riduzione delle emissioni di gas serra. E poi, la questione delle bonifiche, per la quale serve una Strategia nazionale prioritaria per 57 Sin, e quella legata al territorio: qui serve una nuova legge che aggiorni la disciplina urbanistica ferma al 1942 e una normativa sul consumo del suolo che consenta, anche attraverso meccanismi fiscali, di disincentivare lo sviluppo disordinato fuori delle aree già edificate e di pregio paesaggistico.

 Per i cambiamenti climatici, le associazioni chiedono un Piano di adattamento e il rilancio dei Piani di Assetto Idrogeologico per contrastare il rischio alluvioni e franeche oggi interessa l’82% dei comuni italiani. Si suggerisce anche di utilizzare il 50% dei finanziamenti europei della Politica agricola comune destinate allo sviluppo rurale per misure ambientali e raddoppiare entro il 2018 la Superficie Agricola Utilizzata per l’agricoltura biologica, di varare un Piano della Qualità per il turismo, e di interrompere i tagli al bilancio del ministero dell’Ambiente portando il bilancio dagli attuali 450 milioni di euro (nel 2009 ammontava a 1,2 miliardi) a 700 milioni di euro per garantire in particolare gli interventi per la difesa del suolo.

 

 

Infine, introdurre tra i principi fondamentali della Costituzione la tutela dell’ambiente e garantire un’adeguate tutela penale dell’ambiente con l’individuazione di specifiche fattispecie delittuose, tra cui il disastro ambientale, traffico e abbandono di materiale radioattivo, associazione a delinquere, anche di stampo mafioso, finalizzata ai crimini ambientali. Si auspica poi la capacità di andare oltre al Pil avviando un processo istituzionale che porti all’utilizzo ufficiale dei nuovi Indicatori di progresso e di benessere elaborati nel 2012 da Istat e Cnel. Le associazioni ambientaliste hanno chiesto incontri a tutte le parti politiche in causa e documenteranno su un ”Diario elettorale”, pubblicato sui propri siti web le risposte sui punti salienti delle singole proposte. (adnkronos)

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