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Al via la fase 2 di Giuseppe Conte, l’uomo che non sa dire ‘lavoro’

di Anna Bianchini

Le mani semi giunte, gli indici uniti e puntati. Le mani che formano un cerchio, che si appoggiano con rassegnazione al tavolo e quella cravatta blu con la bandierina italiana che sa tanto da steward di compagnia di bandiera. Ma è soprattutto il linguaggio di Giuseppe Conte a lasciare esterrefatto chiunque sia in grado di fare un minimo di analisi linguistica, con due parole che ricorrono e si ripetono con cadenza regolare: distanza (ripetuta 13 volte) ed Europa (7 volte) e mai una volta che si si sia sentita pronunciare la parola ‘lavoro’.

Poiché si sa che l’uomo parla come mangia, salta subito agli occhi che il governo rappresentato da Conte ha un concetto astratto del lavoro, pensa ai ‘party’, allo sport e vive di sussidi.

Se qualcuno si fosse aspettato un segnale di ripresa o almeno una ventata di speranza dal discorso che il premier Giuseppe Conte ha fatto alla nazione ieri sera, sarà rimasto deluso (grillini da fan club a parte, naturalmente). Basta analizzare il linguaggio del premier italiano infatti, per capire che il caposaldo del governo è la paura del contagio (parola che ricorre 5 volte a cui si sommano svariate ripetizioni di ‘curve’, ‘risalite’, ‘protocolli di sicurezza’ con un cenno a ‘epidemia’ e ‘pandemia’).

Una paura che costringe e continuerà a costringere in casa, che farà slittare senza nessuna motivazione logica, ma in base a scelte arbitrarie, l’apertura di molte attività economiche, le quali oltre a contribuire con le tasse al mantenimento dello strato sociale, garantiscono posti di lavoro che mandano avanti intere famiglie, mandano a scuola bambini e ragazzi e pagano la retta delle rsa agli anziani a cui non basta la pensione.

Il lavoro e lo stipendio-sussidio

Conte non menziona mai la parola ‘lavoro’. L’unico cenno al mondo del lavoro è astratto, inconsistente e non tiene conto che nel paese, i sussidi a chi non lavora e le pensioni degli anziani vengono pagati con le tasse di chi lavora, con buona pace di chi trova nel debito (parola che invece ricorre ben due volte nel discorso di Conte) la risposta ad ogni crisi economica.

“Iniziate a lavorare per predisporre luoghi di lavoro in sicurezza” è l’unica volta in cui Conte fa cenno al lavoro, prendendone personalmente le distanze e sottolineandone una subordinazione alla sicurezza che solo chi non è nel mondo del lavoro pensa sia in discussione e che implica il non rendersi conto della responsabilità individuale delle persone.

Emerge prepotente, dalle parole del premier, una Italia in cui il concetto di salario è minimo, basato su sussidi che lo stato elargisce in modo caritatevole. La parola ‘solidarietà’ è ripetuta 3 volte, le ‘mascherine’ sono associate al controllo del prezzo nel commercio che “prevede un prezzo calmierato ed una marginalità di guadagno minima”. Poi Conte menziona “speculazioni”, “distorsioni di mercato”, ma in nessun caso la produzione di mascherine viene associata al mondo del lavoro. Assenza totale della parola ‘stipendio’, mentre vengono sottolineati a gran voce, dichiarando addirittura con orgoglio il “boom di richieste” per il ‘reddito di cittadinanza’, la ‘pensione di cittadinanza’ (progettata per il futuro), i bonus (ripetuti 3 volte), i congedi, i “finanziamenti che arriveranno”. 4 volte è ripetuto il termine “sostegno”, definito addirittura poderoso, come se ci fosse da vantarsi invece che da preoccuparsi. I lavoratori, nel linguaggio di Conte, vengono definiti “occupati” o “sussidiati”, termini che evocano uno svilimento intrinseco della categoria.

Musei, parchi e sport al primo posto

Nel linguaggio del premier Conte, descrivendo l’importantissima fase di riapertura, se le attività lavorative compaiono solo in modo marginale, vengono sottolineati invece in modo preponderante musei, parchi, sport e attività motorie (ripetuto 10 volte) e spostamenti. Ci sono poi mostre, biblioteche e cerimonie. ‘Panem et circenses’ insomma, nel senso di un sussidio per pagare giusto il pane e poi tutti all’aria aperta.

L’autoelogio 

“Io l’ho potuto fare, sono la punta di questo sistema, ma se non avessimo dato prova di orgoglio questo risultato credo non lo avrei mai conseguito”, ha dichiarato il premier riferendosi ai recovery fund, ennesima forma di sussidio per garantire la ripartenza. Un autoelogio che non è sfuggito a chi era incollato davanti alla tv in attesa delle parole del premier, che subito ha tentato di aggiustare il tiro includendo un ‘noi’, caritatevole sì, ma poco sentito.

Anna Bianchini