La giornata lavorativa di Valter De Cillis, corriere per la Levante Logistica, si svolge con ritmi estenuanti. Oltre 150 pacchi da consegnare al giorno, in circa sei ore di lavoro, con una media di due minuti e mezzo per ogni consegna. Un lavoro che, nonostante le difficoltà quotidiane come il traffico, la necessità di caricare e scaricare mezzi pesanti, e la mancanza di tempo per pause o per andare in bagno, non ha mai fermato la sua dedizione. Ma il suo impegno per migliorare le condizioni di lavoro ha avuto un prezzo altissimo: il licenziamento.
Un licenziamento contestato
Valter, trentenne di Pisa, lavorava per Levante Logistica, un’azienda in subappalto per il colosso statunitense Amazon, e si occupava delle consegne tra la provincia di Pisa e quella di Lucca. Nonostante il lavoro impegnativo, De Cillis ha scelto di impegnarsi anche sul fronte sindacale, diventando un attivo membro dell’Unione Sindacale di Base (USB). È proprio questa sua attività di sindacalista a essere stata, secondo lui, la causa del suo licenziamento.
«Sono rimasto senza lavoro perché non mi limito a svolgere le mie mansioni di corriere, ma faccio anche il sindacalista e lotto per migliorare le condizioni di lavoro dei colleghi e di chi opera nella logistica come me. Un’attività che non piace alla mia azienda, che dopo tre anni di vessazioni ora mi ha licenziato», ha raccontato Valter con amarezza. Il licenziamento, avvenuto il 28 ottobre scorso, è arrivato dopo una serie di sanzioni disciplinari, tra cui sospensioni per non aver completato tutte le consegne, a causa delle troppe ore lavorative e delle difficoltà nel rispettare i tempi imposti.
Le condizioni di lavoro nella logistica
Valter ha spiegato che le condizioni di lavoro nel settore della logistica sono estremamente difficili e spesso disumanizzanti. La pressione per rispettare i tempi di consegna è costante, e il ritmo è talmente intenso che, anche se si lavora oltre l’orario previsto, non sempre si riesce a completare il lavoro.
«Noi lavoriamo spesso più ore di quelle previste dal contratto, ma non sempre riusciamo a portare tutti i pacchi a destinazione. Questo non solo crea frustrazione, ma mette anche in pericolo la nostra salute e sicurezza», ha continuato Valter. «Ci trattano come numeri, come se non avessimo né un volto né un nome. È un lavoro che non ti dà nemmeno il tempo di respirare».
Il suo licenziamento è stato visto da molti come un tentativo di zittire chi si oppone alle dure condizioni di lavoro nel settore della logistica. Valter ha infatti denunciato di aver subito un vero e proprio “costo sociale” per il suo impegno sindacale, e nonostante le difficoltà, ha ribadito di voler continuare a lottare per i diritti dei lavoratori.
Solidarietà internazionale
La vicenda di Valter De Cillis non ha lasciato indifferenti nemmeno oltre oceano. Chris Smalls, il fondatore del Labour Amazon Union di Staten Island, ha inviato un messaggio di solidarietà a Valter e ai suoi colleghi. Smalls, che è diventato un simbolo della lotta per i diritti dei lavoratori di Amazon negli Stati Uniti, ha dichiarato: «Sto con Valter e con tutti i lavoratori che cercano di lottare per condizioni migliori. Non siete soli in questa battaglia».
Il supporto internazionale sottolinea l’importanza della lotta globale per i diritti dei lavoratori della logistica, un settore che, come nel caso di Valter, spesso si trova ad affrontare pratiche di sfruttamento e intimidazione.
La necessità di un cambiamento
La vicenda di Valter De Cillis solleva interrogativi più ampi sulle condizioni di lavoro nella logistica e nel settore delle consegne, ambiti in cui la pressione per massimizzare la produttività sembra aver preso il sopravvento sul benessere dei lavoratori. In un contesto dove il lavoro precario è una realtà quotidiana per milioni di persone, le esperienze di corrieri come Valter mettono in luce la necessità di un cambiamento.
«Il nostro lavoro non dovrebbe essere un sacrificio continuo», ha concluso Valter. «Ci vogliono meno parole e più fatti. Più tutele per chi lavora, più rispetto per la vita di chi fa girare l’economia. Non vogliamo essere solo numeri».
La sua storia è diventata simbolo di una lotta che riguarda tutti coloro che lavorano dietro le quinte, ma che sono essenziali per il funzionamento delle grandi multinazionali. Una lotta che continua a chiedere maggiore attenzione alle condizioni di lavoro e al rispetto dei diritti dei lavoratori.