Si è svoltoieri, venerdì 8 novembre, nella sede della Protezione Civile di Schio, l’incontro convocato dall’Unione Montana Pasubio Piccole Dolomiti tra i rappresentanti di enti e istituzioni del territorio, per fare il punto della situazione, a seguito degli allagamenti e delle frane che hanno colpito l’Alto Vicentino dopo le recenti precipitazioni meteorologiche. Presenti i delegati di Regione del Veneto, Provincia di Vicenza, Genio Civile, Direzione Regionale Forestale, Consorzio di Bonifica Alta Pianura Veneta, Coldiretti e i sindaci dei dieci comuni dell’Unione.
È stata una vera e propria chiamata a raccolta quella che l’Unione Montana Pasubio Piccole Dolomiti ha rivolto a tutti gli attori del territorio che a vario titolo sono coinvolti nella sua gestione. Il focus è stato posto sulla prevenzione del rischio idraulico e idrogeologico nonché sulla necessità di mettere in atto interventi straordinari indifferibili per non farsi trovare impreparati di fronte a fenomeni meteorologici che, purtroppo, si verificano con frequenza sempre più ravvicinata. Gli scenari visti infatti nelle ultime settimane hanno evidenziato la necessità di un piano di prevenzione e manutenzione delle reti di scolo, preceduto da interventi straordinari alle reti idriche dissestate.
Mosè Squarzon, presidente dell’Unione, ha aperto quello che ha definito un “confronto tecnico/politico/amministrativo commentando un video riassuntivo delle situazioni di disagio dopo le recenti alluvioni. Le immagini di frane e allagamenti dei comuni di Monte di Malo, Piovene Rocchette, Recoaro, Santorso, San Vito di Leguzzano, solo per citarne alcuni, dicono più delle parole e mostrano scenari preoccupanti per possibili repliche dei fenomeni. “Il clima è sicuramente cambiato” ha detto Squarzon “ma è vero anche che siamo andati progressivamente a occupare in modo incauto spazi che l’acqua si sta ora riprendendo. Le cause dei dissesti vanno dunque ricercate in una somma di variabili che è tempo di considerare in modo sistemico, assumendo provvedimenti conseguenti, soprattutto nell’ottica preventiva”.
Fin dall’introduzione del tema, il presidente ha da subito esposto una serie di proposte per azioni concrete, quali il rinforzo di argini e sponde delle valli, una mappatura degli scoli chiusi negli anni, in vista di una loro riapertura, un censimento delle opere abusive realizzate dai privati che possono presentare ostacolo o pericolo alle normali operazioni di manutenzione, una verifica e mappatura dei fossi tombinati, un piano straordinario per la regimazione delle acque che consenta di limitare gli interventi di emergenza. Il tutto nel filo conduttore della coesione di intenti e azioni, per ottimizzare le risorse e puntare a obiettivi comuni.
Sullo sfondo, i rallentamenti che di frequente sono dovuti a intralci normativi e zone grigie di competenze. All’orizzonte le possibilità di creare circuiti sostenibili per realizzare manutenzioni programmate con la possibilità di generare dunque prevenzione, sicurezza, occupazione ed energia pulita. A partire infatti dalle risorse boschive, è possibile pensare a una migliore gestione delle stesse realizzando filiere produttive virtuose, remunerative e in grado di liberare risorse in altre direzioni. In questo senso il neonato Consorzio Forestale “Alte Valli Vicentine – Lessinia Orientale” è pronto a fare la propria parte.
Il dibattito che si è generato ha visto l’intervento del Consigliere Regionale Marco Zecchinato, a sottolineare l’ottima capacità di quest’area nella gestione delle emergenze e a ricordare che dal 2001 esiste una normativa che consente di intervenire sugli scoli in accordo con i proprietari privati.
Andrea Nardin, presidente dell’Amministrazione Provinciale di Vicenza ha ricordato che le situazioni descritte riguardano tutto l’ambito provinciale e che la semplificazione normativa è davvero cruciale per garantire una tempestività ed efficacia nei momenti di emergenza. Nel ventilato passaggio di certe competenze regionali alla Provincia, si è augurato che questa eventualità possa essere accompagnata da risorse adeguate.
“La gestione di eventi come quelli recenti non è pensabile con gli attuali piani” gli ha fatto eco Giovanni Paolo Marchetti,Direttore del Genio Civile di Vicenza, che ha evidenziato le enormi quantità di acqua caduta in tempi così concentrati che ora il livello delle falde ha raggiunto massimi storici. Anche Marchetti ha ripreso l’opportunità di lavorare sulle cose che hanno bassi costi di gestione e possono portare a piccoli ma significativi miglioramenti.
Molto pratico e concreto anche il contributo di Stefano Maistrello di Coldiretti che ha suggerito la riaperture di scoline stradali, la progettazione di sistemi che facciano arrivare le acque piovane in falda anziché nelle reti fognarie, l’attenzione alle strade sopra al livello campagna che diventano dighe per le abitazioni sottostanti.
Un riconoscimento al Veneto “che sa e che sa fare” è venuto da Vincenzo Artico, Della Direzione Regionale Difesa del Suolo e della Costa, che ha poi evidenziato l’enorme opera svolta a seguito della tempesta Vaia e della puntuale collocazione delle risorse destinate ai ripristini. Ha ricordato che dal 2002 per ogni trasformazione del territorio deve essere concordata una compensazione tra pubblico e privato e che esistono una serie di salvaguardie su cui poter contare.
Gianmaria Sommavilla del Servizio Forestale Regionale ha sostenuto la necessità di andare a una ricognizione dei tombinamenti per una loro regolarizzazione anche in termini di adeguamento, essendo spesso sottodimensionati e magari anche abusivi. Ha ribadito inoltre l’importanza di ridefinire le priorità delle situazioni in ambito normativo, laddove ora si riscontrano ancora, per esempio, difficoltà a tagliare alberi in alvei perché ricadenti in aree protette ZPS o simili.
Su questo aspetto è tornata anche Helga Fazion, Direttrice del Consorzio di Bonifica Alta Pianura Veneta che ha affermato la necessità di norme fluide, concretezza, tempi rapidi, un dialogo trasversale costante e una generale rivisitazioni dei metodi di progettazione tradizionali, inadeguati in ragione dei mutamenti avvenuti.
La carrellata degli interventi ha visto la conclusione con Marco Grendele, socio di studio Landes e direttore del Consorzio Forestale “Alte Valli Vicentine – Lessinia Orientale”, che in un’ideale sintesi tra le proposte di chi l’aveva preceduto ha stilato un elenco di azioni concrete, sfruttando anche le “mani libere” che un ente privato quale è il consorzio, può avere rispetto agli enti pubblici.
In primis, una convenzione tra enti pubblici per l’utilizzo del legname asportato dagli alvei dei corsi d’acqua per destinarlo alla citata filiera per produzione di energia elettrica, teleriscaldamento, cippato per far funzionare le centrali. Ha poi posto l’attenzione su un’attenta e innovativa progettazione, sia degli interventi privati che pubblici. Citando l’esempio di Santorso e dei risultati del progetto LIFE BEWARE, ha invitato le amministrazioni a trasformare i propri territori da città impermeabili a città spugna, dove ogni singola goccia recuperata può salvaguardare chi sta a valle.
Soddisfatto Mosè Squarzon sia per la coinvolta partecipazione dei convenuti, sia per la pluralità dei soggetti rappresentati: “La Regione del Veneto ha ben espresso la sua presenza con i consiglieri regionali Zecchinato e Giacomin e anche gli altri attori sono stati importanti. Abbiamo inteso realizzare un confronto non solo come era accaduto in passato con la sola presenza dei tecnici ma anche con gli amministratori e i politici e portare un messaggio di disagio per l’impotenza rispetto alle sfide che ci troviamo a fronteggiare. Ci sono stati spunti interessanti sia dai sindaci che sono in prima linea sul territorio sia da altri livelli. Abbiamo infatti constatato che le difficoltà spesso sono le stesse, specie a livello normativo e imbrigliano le azioni di pronto intervento con conseguenze che si riversano immediatamente sulla collettività anche sotto l’aspetto economico.
Dobbiamo tradurre gli spunti offerti per cercare di superare l’impasse attuale. È importante la prevenzione, la cura, la collaborazione, da parte di tutti, dalla pianura alla montagna. Le quantità d’acqua che si riversano oggi devono trovare dei recettori messi nelle condizioni di massima portata per evitare dissesti ulteriori”.