A Thiene si respira aria di cambiamento, grazie al team del Botanico 87, che ha abbracciato un nuovo componente: Stefano Nicoli, 34 anni e originario di Bassano del Grappa che, insieme ai suoi colleghi, intende trasformare l’esperienza di bere in qualcosa di molto più profondo e immersivo. A partire da metà ottobre, il team presenterà una cocktail list unica, composta da dieci drink che porteranno i clienti in un viaggio sensoriale intorno al mondo. La visione di Stefano, formata da esperienze di vita e lavoro all’estero, si fonderà con il rigore scientifico ereditato dalla sua famiglia e con la passione per l’arte sviluppata viaggiando e scoprendo diverse culture. Stefano e il suo team portano con sé un bagaglio di esperienze raccolte in luoghi unici, che si riflette in una nuova concezione di bar e ospitalità. Non si tratta solo di servire cocktail, ma di creare connessioni, raccontare storie, e far viaggiare le persone attraverso i sapori.
Le radici di una passione: la famiglia, i primi passi e il richiamo della scienza
La passione di Stefano per il mondo dei cocktail e del bartending ha radici che affondano nella sua infanzia, quando, insieme al fratello, trascorreva ore nel laboratorio della farmacia di famiglia. “Mio nonno preparava pomate, unguenti e rimedi omeopatici. Ricordo ancora le preparazioni con il mentolo, tanto irritante che dovevamo indossare maschere anti-gas. Ho una foto di me e mio fratello con queste enormi maschere, mentre osserviamo il nonno lavorare. È lì che ho sviluppato l’amore per la scienza e la precisione. Mi piaceva l’idea di creare qualcosa da zero, con attenzione e metodo.”
Il primo contatto di Stefano con il mondo della ristorazione avviene però in cucina, all’età di 14 anni, come aiuto cuoco. Solo più tardi, verso i 16-17 anni, inizia a lavorare dietro al bancone del bar, durante i fine settimana e per mantenersi durante gli studi universitari. Dopo un periodo di studi in Chimica e Tecnologie Farmaceutiche all’Università di Ferrara, Stefano decide di lasciare l’università per dedicarsi completamente al mondo del bartending. “Mi sono reso conto che il vero laboratorio per me non era la farmacia, ma il bancone del bar. Preparare cocktail è come preparare pozioni, e il legame con la scienza è sempre rimasto fortissimo. Le farmacie moderne non sono più come quelle di una volta, dove si preparavano ancora le pomate e gli unguenti. Questo è il motivo per cui ho scelto di dedicarmi a questo lavoro.”
I primi passi nel mondo del lavoro: da Bassano all’Europa
Il primo vero contatto di Stefano con il mondo del bar avviene a Bassano del Grappa, dove inizia a lavorare part-time nei bar Leon Bar e Danieli, gestiti da Achille Miotti e ora dai suoi figli Leone ed Edoardo Miotti, che hanno anche aperto un ristorante e avviato una produzione del liquore Leone. “Achille e i sui figli Leone ed Edoardo sono stati i miei mentori. Mi hanno insegnato l’importanza del rigore, del lavoro duro e del rispetto per il mestiere. Achille era il classico personaggio che non riusciva a staccarsi dal bar, anche quando andò in pensione. Tornavo ogni fine settimana da Ferrara per lavorare con loro, e ancora oggi siamo in contatto.”
Ma la svolta nella sua carriera arriva quando Stefano decide di partire per la Spagna. “Avevo 19 anni e mi sono detto: ‘Andiamo e vediamo cosa succede’. Sono partito con solo 500 euro in tasca, senza conoscere una parola di spagnolo. Ho passato un anno a lavorare nei bar, ed è lì che ho capito quanto il mondo del cocktail potesse essere molto più di un lavoro: era un modo per entrare in contatto con culture diverse, scoprire storie, e creare esperienze.”
Dopo la Spagna, Stefano torna in Italia per un breve periodo, lavorando al Bar Munari a Marsan. “Era un bar piccolo, ma c’era tanta voglia di sperimentare. Con il proprietario, che aveva la mia stessa età, abbiamo iniziato a fare fusion di cucina e cocktail, organizzando eventi settimanali. Quell’esperienza mi ha insegnato che, con passione ed energia, anche i piccoli progetti possono diventare grandi.”
L’espansione internazionale, tra Irlanda e Londra
La voglia di esplorare e crescere professionalmente porta Stefano in Irlanda, dove inizia a lavorare al prestigioso Sidecar Bar del Westbury Hotel a Dublino, considerato uno dei migliori cocktail bar d’Irlanda. “Lavorare lì è stato un punto di svolta per la mia carriera. Abbiamo organizzato eventi per persone come Obama, Britney Spears, Bono e 50 Cent. Il bar era un mix di lusso e tradizione. Servivamo il tè con pasticcini su piramidi di cristallo, e il Martini veniva preparato direttamente al tavolo con un carrello apposito.”
Nel 2018, durante la sua esperienza al Sidecar Bar, il locale viene premiato come miglior cocktail bar d’Irlanda agli Irish Craft Cocktail Awards. “Essere parte di questo team durante un periodo di così grande riconoscimento è stato incredibile. Abbiamo lavorato duramente per offrire ai nostri clienti un’esperienza indimenticabile, ed è stato un onore vedere il nostro impegno premiato.”
A Dublino, Stefano ha imparato che dietro a ogni cocktail c’è una storia da raccontare, e che il barista ha il compito di creare un legame emotivo con il cliente. “Ho visto persone entrare stressate dal lavoro e uscire completamente rigenerate dopo una conversazione e un buon drink. Lì ho capito che il barista non è solo un professionista del bere, ma anche un ascoltatore, un confidente. Questo approccio mi ha segnato profondamente.”
Dopo l’esperienza irlandese, Stefano visita Londra, dove ha l’occasione di esplorare i migliori bar al mondo, come l’American Bar al Savoy Hotel, il Connaught Bar e il Dandelyan. Tuttavia, l’esperienza che più lo ispira è quella all’Artesian Bar, noto per le sue sperimentazioni artistiche. “Uno dei cocktail più incredibili che ho visto era ispirato alla sensazione di essere nell’utero materno. Si trattava di una sferificazione che, una volta messa in bocca, esplodeva creando una sensazione di immersione totale. Era come un viaggio multisensoriale, e ho capito che il cocktail poteva diventare un’esperienza emotiva.”
Un altro cocktail memorabile era quello che ricreava la sensazione della prima caduta in bicicletta. “Era servito su una tovaglietta di jeans sporca di erba, con un profumo che ricordava le erbe di campo. Il drink aveva un gusto acido e pungente, che evocava l’adrenalina della caduta e il sapore del ferro del sangue. Un’esperienza che ti riportava indietro nel tempo, a un ricordo d’infanzia.”
L’Australia e l’incontro con la cultura aborigena
L’esperienza australiana è altrettanto significativa. Stefano lavora al Continental Resort nel deserto del Kimberley, dove apre il ristorante sudamericano Papa Fuego, ricreando un’atmosfera che trasporta i clienti in un’altra realtà. “Volevamo che ogni cliente, anche se non aveva mai viaggiato in Sud America, si sentisse come se fosse davvero lì. Non era solo una questione di sapori, ma di creare un ambiente immersivo.”
Ma è il contatto con la cultura aborigena a lasciare il segno più profondo. Stefano lavora al The Adnate, un hotel di lusso a Perth decorato dallo street artist Adnate, dove ogni dipinto ha il suo cocktail abbinato. “Lavorare con le botaniche aborigene mi ha fatto capire quanto gli ingredienti naturali possano raccontare storie. Ogni radice, frutto o spezia ha un significato profondo, e attraverso il cocktail puoi far rivivere un pezzo di quella cultura.” Questa esperienza lo ha spinto a considerare il contesto culturale di ogni cocktail, dando un’anima a ogni bevanda che prepara.
La Bushmills Competition e l’approfondimento delle tecniche
Un altro momento importante nel percorso di Stefano è la partecipazione alla Bushmills Competition, che si tiene presso la storica Old Bushmills Distillery in Irlanda del Nord, la distilleria più antica al mondo con licenza ufficiale. “Partecipare a questa competizione è stato incredibile. Non solo ho imparato di più sul whiskey, ma ho capito quanto sia importante l’equilibrio tra tecnica e creatività. La possibilità di creare il mio blend di whiskey mi ha fatto sentire parte di una tradizione secolare, e ho portato quella lezione con me ovunque sono andato.” Questo tipo di esperienze ha influenzato la filosofia di Stefano, che oggi applica al Botanico 87: ogni cocktail non è solo un mix di ingredienti, ma una storia, un’emozione, un viaggio.
L’Asia e la scoperta dell’arte nei cocktail
Un’altra tappa fondamentale nel percorso di Stefano è l’Asia, dove il concetto di cocktail si evolve ulteriormente, diventando una vera e propria forma d’arte. “In Birmania, ho visto bambini creare dipinti con la sabbia, senza avere la minima idea di scienza o tecnica. Era pura espressione artistica. Questo mi ha fatto riflettere su come l’arte e la scienza possano convivere nei cocktail. In Asia ho iniziato a studiare la cucina locale e a comprendere come il cibo e le bevande siano radicati nella cultura. Ancora oggi si usano ricette, utensili e riti che risalgono a secoli fa, e ogni boccone viene apprezzato e onorato. Questa visione ha influenzato il mio modo di pensare e preparare i drink.”
La fusione tra arte e scienza diventa così la chiave della visione di Stefano, che al Botanico 87 di Thiene porterà cocktail che non sono solo da bere, ma da vivere. “L’obiettivo è creare un’esperienza multisensoriale, che coinvolga tutti i sensi. Dal sapore al profumo, dall’impiattamento al colore, ogni dettaglio conta. Voglio che ogni cliente entri nel mio mondo e viaggi con me attraverso i cocktail.”
Il Botanico 87: un progetto di vita e di arte
Ora, dopo tanti viaggi e avventure, Stefano sente che è arrivato il momento di mettere radici. “Dopo tanti anni in giro per il mondo, sento che è il momento di fermarmi e costruire qualcosa qui a Thiene. La mia compagna ed io stiamo pensando a una famiglia, e voglio dedicarmi a creare un ambiente stabile, dove posso mettere in pratica tutto quello che ho imparato negli anni.”
Con la sua esperienza e la sua visione, Stefano Nicoli promette di trasformare il Botanico 87 in un luogo dove ogni drink diventa un viaggio, e dove ogni cliente può sentirsi parte di un’esperienza unica, che mescola scienza, arte e ospitalità.
Laura San Brunone
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