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Thiene. Luca Rosa campione italiano di free fly: “Adesso vi insegno a volare”. Intervista e video

Thiene torna sotto i riflettori grazie al paracadutismo acrobatico e a Luca Rosa, che con la sua squadra, per la quinta volta, domenica scorsa a Fano ha portato a casa il titolo di ‘Campioni italiani’ di free fly.

Un titolo glorioso, meritatissimo, ottenuto con duri allenamenti, lucidità mentale e rispetto per uno sport estremo che richiede innumerevoli sacrifici. Una passione per Luca Rosa, che nella squadra ha il ruolo di film-maker e per i due performers Stefan Jacob e Denis Castioni, entrambi di Bolzano.

Ma qui in città il trionfo è tutto per Luca Rosa, che lo scorso dicembre è stato anche insignito del premio Thiene, proprio per i successi ottenuti ogni volta che si ‘tuffa’ da un’aereo con il paracadute.

Thienese doc, 47 anni, allenatore della nazionale italiana di free fly, istruttore di paracadutismo e wind tunnel, praticante speed fly e free riding, non è la prima vittoria importante per lui. E’ la quinta volta che porta a Thiene la medaglia di campione italiano. Ma  in saccoccia Luca Rosa vanta anche il titolo di campione europeo e il bronzo nella coppa del mondo.

“La passione per il paracadutismo è nata quando ero nella Folgore a Pisa – ha spiegato l’atleta – Poi mi sono fermato e ho pensato al lavoro. A 24 anni ho aperto un’attività e messo su famiglia. A 30 anni la voglia di volare è tornata prepotente, mi sono preso un po’ di tempo per me e ho ricominciato con il paracadutismo. Ho sempre avuto il pallino del volo”.

Sì però, tra dire ‘ricomincio’ e diventare campione, ce ne vuole…

Non mi bastava il salto della domenica. Volevo di più, per questo mi sono dato all’agonismo. Visto che non avevo paura e mi suscitava grandissime emozioni, ho deciso di ‘buttarmi’. Il paracadutismo mi ha aperto un nuovo mondo. Sono stato 4 volte campione italiano, questa è la quinta, ma non solo.

Che cosa la spinge a continuare a ‘buttarsi’?

Di carattere mi sento sempre in sfida con me stesso. E per abitudine, alzo sempre un po’ l’asticella della mia sfida personale. Quando ho cominciato a volare con costanza, la passione mi ha travolto e per me è diventato uno sport.

La sua carriera nel paracadutismo?

Ho fatto 4 mondiali: a Chicago, Dubai, in Russia e in Germania. Con notevole successo. Sono bravo, siamo bravi.

Che cos’è la disciplina ‘free fly’?

E’ volo a corpo libero, ginnastica artistica a corpo libero praticata nel cielo. Il regolamento è come quello del pattinaggio, ci sono 2 figure obbligatorie e 5 libere. Ogni salto dura 45 secondi. La squadra è formata da 3 persone: 2 ‘acrobati’ e il videoman che li riprende.

Qual è il ruolo del videoman?

E’ il ruolo fondamentale, per questo ci vuole la persona più esperta, però io nella mia carriera ho fatto anche il performer. Il free fly è una disciplina a 3 dove chi filma fa la differenza. Il videoman deve muoversi intorno ai performers, per riprenderli durante le loro evoluzioni. In volo ci si muove come ci si può muovere sulla terra, basta pensare agli uccelli. Certo, i movimenti da fare sono diversi.

Che tipo di sport è il paracadutismo acrobatico?

E’ sicuramente uno sport estremo. Dal lato emotivo richiede lucidità, sangue freddo, coraggio e sicuramente un po’ di pazzia. Dal lato pratico servono allenamento motorio, fisico e mentale. La combinazione di fisico e mente è fondamentale. Cadere a 300 chilometri l’ora e vedere il suolo che si avvicina e pensare di dover fare contemporaneamente esercizi coordinati, tenendo in mente l’apertura del paracadute, non è una passeggiata. Servono ordini mentali ben definiti. A terra si lavora sull’aspetto psicofisico e mentale e si va tutti i giorni in palestra. Faccio tantissimo nuoto.

Che tipo di vita conduce uno che fa questo sport, soprattutto a questi livelli? C’è spazio per i bagordi?

La lucidità mentale deriva da una vita sana. Ho pochissimi vizi, la soddisfazione che deriva dal volo è notevole, non cerco molto di più. Certo, quando non ci sono gare in preparazione, le quali determinano la necessità di un comportamento ligio, mangio e bevo da buon veneto. Ogni tanto mi concedo qualche sigaretta.

Ci insegna come si fa a volare?

Bisogna tenere in mente che in volo si cade. Questo è tassativo da ricordare. E mentre si cade, ci si può muovere. Ci si può avvicinare e allontanare dalle persone. Ci si muove con le mani, con la testa, con le gambe, in tutti gli assi a 360 gradi. Quasi come nel nuoto. Ci si butta da 4.500 metri e il paracadute si apre a mille metri. Si vola grazie al flusso d’aria che ti avvolge mentre cadi. Se si sposta il proprio asse, in verticale o in orizzontale o in obliquo, si cambia il flusso d’aria, di conseguenza cambiano i movimenti. In questo modo, posso anche cadere in orizzontale, non solo in verticale. Poi verso la fine del volo, a una certa distanza da terra, devo aprire il paracadute.

Cosa bisogna fare o non fare prima di ogni lancio?

E’ fondamentale essere lucidi, riposati e sempre preparati. Questa è una disciplina che convive con la paura, ma si impara a dominarla. E’ uno sport a tutti gli effetti. All’inizio c’è l’adrenalina, poi quando atterro mi chiedo se ho volato bene o se potevo fare meglio.

Dove si allena? E’ facile trovare ‘palestre’ per questo sport?

Mi alleno in giro per il mondo, ma anche all’aeroporto di Thiene. Mi alleno nei tunnel del vento, principalmente a Bedford in Inghilterra e a Varsavia, ma anche in Spagna.

Ora che ha vinto il campionato italiano si riposerà o ha altre sfide in mente?

Ho in programma una bella sorpresa per Thiene e i mondiali nel 2018 in Australia.

A chi deve il suo successo?

Alla mia famiglia e ai miei sponsor. Agli sponsor perché credono in me e alla mia famiglia perché, oltre a credere in me, mi lascia la libertà di viaggiare e di allenarmi e mi è sempre vicina.

Anna Bianchini