‘L’accoglienza senza misura dei migranti, che prende per il collo l’Europa fino a metterla in ginocchio, bandendo pietà e brandendo violenza, in nome del politicamente corretto’. Non una notizia di cronaca, ma pagine di un romanzo scritto nel 1973 che ricalcano le vicende d’oggi, con gli sbarchi continui sulle coste italiane.
“Il Campo dei Santi” di Jean Raspail è stato riproposto a Thiene, in un incontro aperto al pubblico nella sala riunioni della biblioteca comunale, tenuto da Silvia Valerio, scrittrice di attualità e cultura attraverso il filtro della satira, oltre a collaborare con le Edizioni di Ar, la casa editrice di Franco Freda che nel 1998 ne pubblicò l’edizione italiana.
Un libro che all’epoca costò l’etichetta di scrittore ‘maledetto’ a Raspail oltre che razzista da parte della sinistra, che ad oggi viene ripreso dai movimenti di destra come ‘il libro’ che, in tempi non sospetti, predisse l’annichilimento dell’occidente da parte degli immigrati giunti da terre povere.
Un libro che porta problemi, quando ne viene annunciata la presentazione, tra minacce ed annullamenti di serate, come successo in alcune città.
Thiene non s’è fatta venire una ruga in fronte, per l’evento organizzato da Christian Azzolin consigliere comunale di minoranza , da Luigi Piva dell’associazione Amici delle Edizioni di Ar e da Roberto De Toni militante di Forza Nuova.
Un pomeriggio thienese al cospetto di Raspail, filato liscio senza alcun genere di tensione, con Silvia Valerio che ha palpato nella profezia di Pascal, dal versamento incontrollato dell’immigrazione, ai mass media che, a suo dire, manipolano l’informazione, verso la resa di una civiltà, quella bianca.
Da tempo Silvia Valerio contribuisce alla diffusione di opere controcorrente, come ‘Il Campo dei Santi’ : “Per una visione del mondo più libera e vicina al cuore delle cose” come sottolinea.
Silvia, quello di Raspail un libro per tutti, ma non da tutti. Da dove nasce il suo impegno a farlo conoscere e perché?
“Il Campo dei Santi è un romanzo tremendamente bello e vero – sottolineando – E di bellezza e verità noi abbiamo bisogno come dell’aria e della luce. A maggior ragione in questo mondo di oggi, che vive (o meglio: non vive) di omissioni: i problemi di cui si parla non sono quelli davvero urgenti, i temi trattati dall’arte e dalla letteratura sono completamente estranei alla realtà. Si è diffuso un soave terrorismo sociale, per cui ognuno di noi apprende, già dalle prime classi di scuola, quali sono i temi pericolosi da cui astenersi. Così la maggior parte delle persone ha paura: di pensare, di dire, di osservare, di scegliere. Paralizzata, subisce quello che viene imposto dall’esterno e, nel tempo libero, si ammala di tristezza. Quanti, se fossero sinceri, dovrebbero dirsi che la società in cui vivono non è affatto così rispettosa, democratica e felice come si legge sul web? Il Campo dei Santi parla del mondo così com’è davvero. Dell’uomo così com’è davvero. È un grido di ribellione che squarcia i veli del mainstream. È verità, e quindi vita, salute e liberazione”
Secondo lei perché il ‘Campo dei Santi’, pur nel ritrovare conferme nel versamento migratorio di oggi, viene contrastato nell’opera di divulgazione culturale? Mi riferisco a boicottaggi di presentazione in Italia, ovvero al fatto che sia ripreso da movimenti ed associazioni che guardano alla salvaguardia del valore nazionale.
“Perché chi è abituato a vivere nel non-detto e nella menzogna non sopporta la sincerità. Mi viene in mente un altro grande pensatore controcorrente, Nicolás Gómez Dávila: Il traditore non ci perdonerà mai il suo tradimento. Non fa comodo a nessuno che le persone si scoprano a pensare in maniera indipendente, quindi a guardare il mondo senza ‘filtri bellezza’ preimpostati. È diventato un lusso osservare che il re è nudo e comunicarlo al nostro vicino! Invece, bisognerebbe che ci si liberasse dell’ossessione di incasellare pensatori e opere d’arte in categorie politiche e li si leggesse per quello che sono, prendendo in considerazione le loro tesi senza rimuoverle a priori”
La sinistra francese etichettò Raspail come razzista, dopo la pubblicazione de ‘Il Campo dei Santi’: quanto di più lontano a lui poteva, e può, essere questa definizione?
“Jean Raspail affiancò alla passione per la scrittura l’amore per l’esplorazione: viaggiò moltissimo, fu etnologo e perfino console di Patagonia. Ecco, se razzista significa amante delle razze, delle civiltà e delle culture, allora sì, Raspail fu sicuramente un grandissimo razzista”.
A quale politico, o persona, regalerebbe una copia del libro e perché?
“A un adolescente, perché apre la mente molto meglio del liceo classico. A un cittadino medio perfettamente inserito, perché si liberi dalla nevrosi del politicamente corretto. A una femminista, in particolare per le avventure degli ultimi capitoli. E poi ne seminerei un po’ in tutte le sedi dei vari partiti politici, di destra come di sinistra, e starei a vedere gli effetti che fa…”
Paola Viero