In questi tempi di disgregazione della famiglia, ascoltare la storia di Antonella e Mario, dove c’è chi dona all’altro la vita, solo per amore, solo con la promessa di poter condividere ancora la strada insieme, ci regala una speranza nel futuro, nostro e dei nostri figli.

Quella che vi raccontiamo è una storia di amore, ma soprattutto di coraggio. Una storia a lieto fine.

I protagonisti sono una coppia di Thiene, sposata da molti anni. I figli, ormai grandi, già percorrono ognuno la propria strada professionale.

La vita scorre serena. Ma Mario, in pensione da qualche anno, in un controllo di routine si accorge di avere qualche valore fuori norma, e si rivolge a uno specialista. Subito la diagnosi infausta che cambierà la sua vita e, come vedremo, quella dell’intera famiglia: insufficienza renale.

Non si sa quale possa essere stata la causa, ma si sa quale sarà l’effetto: una progressiva ed irreversibile perdita di funzionalità del rene. L’unica via di salvezza, il trapianto. Per tamponare, la dialisi giornaliera, un inferno in vita.

Gli specialisti che lo tengono in cura lo mettono subito in lista per un trapianto da cadavere, ma paventano la possibilità di un trapianto da donatore vivente.

Mario pondera le varie possibilità tra consanguinei, ma già sa che non potrebbe mai chiedere a nessuno, i figli hanno una vita davanti, i fratelli hanno ognuno la propria famiglia, e Mario, per carattere, è stato sempre schivo e riservato, figurarsi chiedere a chiunque sia di donargli la vita.

Ma, al contrario di Mario, Antonella non ci pensa, Antonella ha già deciso: sarà lei la donatrice.

Perché voi non conoscete Antonella, ma se un giorno la guardaste negli occhi e le stringeste la mano, lo capireste subito: lei è un duro, di quelli che piacciono a Lucio Corsi, solo che lei dura c’è nata, non come Lucio. La donna con gli occhi della tigre, la mamma che tutti amiamo e che risolve tutti i problemi in famiglia, che ti mette a posto la stanza, anche se nella tua stanza non la vedi mai, che trovi il piatto caldo ancora fumante sul tavolo, ma lei è già fuori casa, la mamma che, se si ammala papà, lo salva lei, e te lo riporta in casa come nuovo.

Così Antonella, forte e risoluta, non ci ha pensato su due volte e si è subito sottoposta a tutti gli esami diagnostici, per verificare prima di tutto il suo stato di salute, per comprendere se il suo fisico riuscirà a sopportare l’espianto, e quindi che ci sia la “compatibilità”, che garantisca dal rigetto, e che consenta la donazione.

Gli step da superare per poter solo sperare nella riuscita dell’intervento non sono né facili, né pochi. Per parecchi mesi Mario ed Antonella hanno seguito un duro protocollo, non solo esami diagnostici, ma anche un percorso di supporto psicologico sulla sicurezza del percorso donativo, sui rischi della donazione e sui risultati del trapianto da vivente e sulla tutela del donatore.

Mario intanto inizia la dialisi. Ogni notte, per otto ore, rimane attaccato a una macchina, in compagnia del rumore fastidioso e di pensieri non certo facili. Non può avere nemmeno il conforto della sua Antonella, che ha necessità del dovuto riposo, perché lei, insegnante, durante il giorno deve essere lucida, per i suoi (fortunati) ragazzi che l’aspettano a scuola.

La prima risposta che arriva dall’ospedale di Padova è sfavorevole, la compatibilità non c’è.

Ma Antonella non molla, se inizia una strada la percorre fino in fondo, e chiede ai medici di rifare cross-match e le verifiche degli antigeni di compatibilità.

Fatte le ultime analisi, per distrarsi qualche settimana da quest’inferno, Antonella e Mario, nonostante tutti i disagi, partono per le vacanze. Ed è lì che avviene il miracolo, che arriva la tanto attesa telefonata che cambierà l’inerzia del gioco. Nemmeno la dottoressa ci credeva, ma i secondi controlli avevano dato una risposta positiva. Antonella poteva diventare donatrice vivente di Mario, e per la felicità la dottoressa fissa già la data dell’intervento.

È così che alla fine dello scorso agosto Mario ed Antonella sono andati a concludere le loro vacanze proprio all’Ospedale di Padova, dove Antonella farà a Mario il regalo più grande che si possa fare a un uomo: come una mamma, la vita.

È questo l’unico momento del racconto in cui Antonella sveste per un attimo la sua corazza di guerriera, e per la prima volta si commuove. Non Mario, che con un groppo in gola non riesce nemmeno a raccontarla, la storia.

Quello che Antonella racconta ancora con gli occhi lucidi è l’incontro con Mario nell’astanteria della sala operatoria, tra l’espianto e il reimpianto, quando si stringono la mano, quando si guardano negli occhi sognando la fine dell’incubo, la chiave di volta del loro futuro, è questo il momento in cui Antonella si commuove.

E, quando riabbraccia i suoi figli, che aspettano trepidanti in stanza il ritorno dei loro eroi, Antonella ci confessa: “Ho pianto”.

Antonella torna a casa dopo tre giorni, a lei nessuno la ferma. Mario è rimasto una settimana in semintensiva, per prevenire eventuali crisi di rigetto, e poi è rinato a nuova vita.

Oggi, che il pericolo di rigetto appare sempre meno probabile, hanno deciso di raccontare la loro storia. L’incubo pare oramai alle spalle, un ricordo lontano, ma che lascia un insegnamento a tutti noi, la grande lezione che l’amore, l’unione famigliare, può essere più forte di tutto e di tutti, e può superare e battere anche il destino.

Oggi Mario è felice, e mentre raccontano la loro storia ride e scherza con noi, consapevole di avere Antonella per sempre dentro di sé, cosciente di portare con sé quella forza, che è parte di lei, e che adesso e per sempre sarà parte di lui.

Fabrizio Carta

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