Valutare la performance dei sistemi sanitari regionali anche in un anno particolarissimo come il 2020 quando, per la prima volta, sono stati travolti dallo tsunami della pandemia da Covid-19. E’ stata questa la sfida accolta dal ‘Network delle Regioni’, in collaborazione con il Laboratorio Management e Sanità dell’Istituto di Management della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, che oggi conta sull’adesione di 10 regioni e di due province autonome. Una sfida affrontata con coraggio che punta a utilizzare le evidenze quantitative, I numeri, ancora una volta come strumento di miglioramento, per imparare sempre di più a rispondere anche alle emergenze inaspettate come, nel 2020, si è rivelata la pandemia da covid 19.
I dati più significativi sono stati illustrati oggi dal team di ricerca della Scuola Superiore Sant’Anna coordinato dalla professoressa Milena Vainieri e dal dottor Federico Vola durante il seminario online, organizzato dal Laboratorio MeS Management e Sanità dell’Istituto di Management della Scuola Superiore Sant’Anna, a cui hanno partecipato anche il dottor Domenico Mantoan, direttore generale di Agenas e Sabina Nuti, rettrice della Scuola Superiore Sant’Anna.
Il lavoro svolto dal ‘Network delle Regioni’, che include su base volontaria dieci regioni italiane (Basilicata, Friuli-Venezia Giulia, Liguria, Marche, Puglia, Toscana, Umbria, Veneto, Lombardia e Piemonte) e le due province autonome di Trento e di Bolzano, permette di fornire a ciascuna regione una sintesi dei risultati conseguiti, messi a confronto con quelli delle altre, di certo non con uno spirito competititvo ma collaborativo, attraverso un processo di condivisione inter-regionale. Il metodo con cui è stata misurata la performance tiene conto della pandemia da covid-19 e include, per questa edizione, molti indicatori che misurano la capacità di resilienza, ovvero di tenuta e risposta all’emergenza.
Il ‘Network delle Regioni’ ha quindi risposto alla sfida di analizzare le proprie performance nel 2020, ridisegnando e integrando lo strumento che negli anni aveva sviluppato per valutare i propri risultati. Ha inoltre indagato la valutazione del gradimento dei servizi sanitari durante la pandemia da covid-19 da parte della popolazione italiana, attraverso un’indagine che coinvolto più di 12mila intervistati. Nel complesso, più di 70 nuovi indicatori hanno affiancato i 350 (per un totale di 420) che, negli anni scorsi, componevano il sistema di valutazione, proprio per monitorare gli andamenti regionali rispetto all’erogazione delle prestazioni sanitarie.
Il buon lavoro svolto dal Servizio sanitario nazionale (Ssn) nella gestione della pandemia viene, nel complesso, riconosciuto dai cittadini. E’ soltanto il 23 per cento della popolazione a dichiararsi non soddisfatto dell’assistenza ricevuta, con significative differenze riscontrate tra le regioni, oscillando dal 37% della Basilicata al 12.6% del Veneto, fino ad arrivare al 9.7% della Provincia autonoma di Trento. Si tratta di dati importanti, che restituiscono una fotografia dai contorni ancora più chiari. Chi ha partecipato al questionario e ha avuto un contatto con il covid-19 risulta, in media, più soddisfatto dell’assistenza ricevuta dal Ssn rispetto a chi non hanno avuto un contatto con il virus. Il dato dimostra come chi è stato preso in carico dal sistema sanitario tende a riconoscere e a valutarne l’operato in modo più positivo.
Se il termine ‘resilienza’ è ora al centro del dibattito pubblico, misurare la capacità di risposta del nostro Sistema sanitario allo shock pandemico significa inoltre monitorare in quale misura esso sia stato capace di garantire l’erogazione dei servizi non procrastinabili, ovvero di quelle prestazioni non differibili ai mesi successivi. Come hanno già evidenziato analisi precedenti, svolte dallo stesso ‘Network delle Regioni’, i cali per tante prestazioni sono significativi ma l’ampia variabilità tra le regioni permette di apprezzare come le specifiche scelte organizzative si siano tradotte in performance diverse, in termini di resilienza.
Dalle vaccinazioni alle prestazioni ambulatoriali, dagli screening oncologici ai ricoveri ospedalieri: la tenuta dei volumi erogati nel 2020, a confronto con quelli del 2019, è finita sotto la lente di ingrandimento del ‘Network delle Regioni’. Alcuni esempi. I volumi riferiti agli interventi chirurgici per tumore alla mammella (classe di priorità A) segnano un calo superiore al 20% per Liguria, Piemonte, Basilicata e Trento ma una sostanziale stabilità o anzi un leggero incremento rispetto al 2019 in Friuli Venezia Giulia, nelle Marche e a Bolzano; il numero di accessi domiciliari (ADI/ADP) cala rispetto al 2019 del 18 e del 16% rispettivamente in Puglia e in Toscana, ma meno del 3% in Friuli Venezia Giulia e a Trento; il numero di visite cardiologiche di controllo si riduce di più del 40% a Bolzano, in Basilicata e in Umbria, mentre si attesta sul 20% in Toscana, a Trento e in Veneto (-18%).
Oltre agli indicatori di valutazione di performance più tradizionali, hanno trovato spazio anche nuove e attuali aree di analisi, strettamente collegate alla rispondenza dei sistemi sanitari regionali alle nuove sfide poste dalla pandemia. Tra questi, l’accessibilità online delle informazioni sulla vaccinazione anti-Covid-19, che valuta la capacità delle aziende sanitarie di veicolare attraverso i propri siti internet le preziose informazioni inerenti alla campagna vaccinale contro il Covid-19.
“Ancora una volta le regioni che aderiscono al Network- commenta Sabina Nuti- hanno dimostrato una grande maturità politica nella loro scelta di non saltare l’appuntamento della valutazione, attente ai problemi emersi nel 2020 ma anche consapevoli che il sistema sanitario italiano, proprio nei mesi caldi della pandemia da covid-19, ha dato il massimo ed è grazie al lavoro instancabile dei professionisti sanitari che molte vite sono state salvate. I numeri sono alla base di un sano processo di confronto e di apprendimento e di miglioramento, mai esaustivi ma certamente capaci di segnalare come orientare l’azione”