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Sarcedo. Dopo 70 anni medaglia d’onore al soldato Chemello

Una storia di guerra come ce ne sono tante, ma che vuole sopravvive nel tempo attraversando le generazioni dei protagonisti, e cambia le loro vite anche a distanza di molti anni, quando tutto sembra dimenticato e le sofferenze superate.

La consegna della medaglia d’onore al soldato Giuseppe Chemello di Sarcedo, classe 1916, morto di broncopolmonite in un lager tedesco, ufficializzata solo pochi giorni fa, è solo un tassello di una storia da raccontare, forse nemmeno l’ultimo.

‘Dopo lungo silenzio provo ancora scriverti questa lettera… coraggio, che tutto passa e tutto avrà fine.’, scriveva la moglie Angelina da Sarcedo nel luglio del 1944, ma Giuseppe Chemello è già morto da 3 mesi, e nessuno sapeva né dove né come. Per anni i figli Antonio e Giorgio Eugenio, rispettivamente 4 e 2 anni alla scomparsa del padre, hanno cercato di dipanare il mistero della sua morte, nei tempi così molto meno globali di oggi degli anni ‘70 ed ‘80, per trovarlo per caso, a pochi metri da casa, in un diario di un vicino.

 

Ma facendo un passo indietro, come racconta Giorgio, la ricerca di Giuseppe aveva già seguito le vie istituzionali. Moglie e figli avevano scoperto nel 1993 che l’uomo, fatto prigioniero a Trieste nel 1943, era stato sepolto nell’aprile del 1944 nel cimitero del lager di Mulheim nella Ruhr, poi spostato nel 1958 al cimitero di Amburgo. Decidono di partire treno e una volta arrivati là onorano le spoglie di Giuseppe, ma a quell’epoca non è ancora permesso spostare la salma, e per loro la morte del padre è un cerchio non ancora chiuso. Poi, il colpo di scena che riscrive una pagina della storia della famiglia Chemello. I familiari del sarcedense Luigi Santacaterina trovano per caso, dopo la sua morte, un diario di prigionia. Erano passati tanti anni e forse nessuno se ne ricordava più, ma letto con gli occhi nuovi dei figli compare, inaspettato, il racconto delle ultime ore di vita di Giuseppe.

Un diario che è stato dimenticato per anni, forse volutamente, da un uomo che non ha mai voluto parlare delle sofferenze del lager. Ma che ha testimoniato gli ultimi istanti di vita dell’amico da Sarcedo, e che lo scorso anno è diventato anche un’opera teatrale grazie alla nipote Eleonora Fontana, attrice, e al marito musicista Davide Peron. Questo diario il figlio Giorgio non lo ha voluto leggere subito, lo ha tenuto là, come una reliquia, per qualche tempo. Poi ha preso coraggio e lo ha letto insieme alla moglie Fiorella. ‘Sei qua anche tu? – scriveva Santacaterina a Chemello – per fortuna ci siamo ritrovati, noi da Sarcedo’. Leggono che, insieme ad un terzo paesano, Luigi ha vegliato le ultime ore di Giuseppe, lo hanno assistito mentre moriva. Aveva con sé 2 immagini sacre, una lettera della moglie e 5 fotografie.

Questa totale assenza Giorgio se l’è fatta bastare, il ricordo del padre è diventato per lui il convitato di pietra con il quale confrontarsi ogni istante della propria vita, che gli ha tenuto compagnia nei solitari anni del collegio, un esempio di vita semplice e onesta da onorare. ‘Mia madre me lo nominava sempre – ricorda con commozione Giorgio – ma aveva un carattere forgiato dalla povertà e dalla guerra, non mi ha mai raccontato episodi della loro vita. Nessuno mi parlava di lui, forse anche per questo ho sentito il bisogno di recuperare quel che potevo’.

‘Mi fratello Antonio – racconta ancora Giorgio – si ricorda l’ultimo giorno in cui lo ha visto. Stava ‘bruscando’ le piante da una scala. Poi a mio padre hanno portato la lettera di comunicazione che doveva ripartire per la guerra. L’ha letta, poi si è messo a piangere. E’ l’ultima immagine che abbiamo di lui’

 

Da poco la famiglia Chemello ha ricevuto l’autorizzazione dal Ministero della Difesa, grazie ad una legge del 2010, di portare la salma a Sarcedo. L’operazione è prevista per il prossimo autunno.

‘Consegnare loro l’onorificenza – ha detto il sindaco Luca Cortese, che ha ufficializzato la consegna della medaglia al valore in consiglio comunale – è stato commovente. So bene che non può colmare la sofferenza per la perdita di un padre, ma forse l’onore di cui è simbolo questa medaglia potrà dare un piccolo aiuto per chiudere una ferita aperta da troppo tempo’.

 

Marta Boriero