A fronte di una domanda che aumenta esponenzialmente, non c’è una risposta sanitaria ed un problema mentale non curato può diventare una patologia irreversibile. Con costi per la società ben più alti di quelli che invece, servono se il caso viene preso in tempo. Questo vale sia per una semplice depressione non curata, sia per un disturbo vero e proprio.
La Regione Veneto dovrebbe investire di più sulla salute mentale, perché al momento investe “molto meno rispetto alla media nazionale”, fermandosi “sotto la soglia del 5% del Fondo sanitario”. Lo segnalano le consigliere regionali democratiche Anna Maria Bigon e Francesca Zottis, Elena Ostanel (Il Veneto che vogliamo), Erika Baldin (M5s) e Cristina Guarda (Europa Verde).”Siamo compatti nel chiedere con forza alla Regione del Veneto di investire molto di più nella salute mentale e in particolare nelle professionalità mediche necessarie per offrire servizi adeguati ai pazienti: psichiatri, psicologi, addetti alla riabilitazione” e “continuiamo la nostra battaglia affinché i giovani non vengano inseriti nei reparti di psichiatria destinati agli adulti”, afferma Bigon. “La Regione Veneto è penultima a livello nazionale sul fronte dei finanziamenti per la salute mentale: non raggiungiamo la percentuale minima fissata dallo Stato. Chiediamo quindi alla Giunta regionale se intenda, nella prossima manovra di bilancio, finanziare in modo adeguato la salute mentale, ricordando che solo il 4% delle risorse finanziarie è dedicato a questo fondamentale ambito”, ribadisce Ostanel.
Il modello regionale di intervento “non è più adeguato alla crescita delle patologie, che ormai interessano tutte le fasce d’età, con il diffondersi di disagi comportamentali e psicologici. Chiediamo un nuovo modello che possa accompagnare le persone fin dall’infanzia, con più attenzioni dedicate a giovani e adolescenti”, aggiunge Zottis. “Auspico che ci possa essere una rete che metta assieme insegnati, studenti e famiglie per rispondere in modo tempestivo e adeguato ai disagi legati alla salute mentale”, interviene Baldin che ha presentato un progetto di legge per la promozione del diritto all’educazione e allo studio, dell’innovazione didattica e del benessere della persona, che prevede che in tutte le scuole di ogni ordine e grado venga istituita una equipe multidisciplinare in grado di trattare possibili disagi mentali degli studenti. “È fondamentale che il paziente esca dal circolo vizioso dell’utenza, ovvero da una condizione basata sulla risoluzione dei problemi esclusivamente di tipo professionale e farmaceutico: le persone devono essere messe nella condizione di intraprendere un percorso nuovo di rinascita, di riprendere in mano le proprie vite in modo autonomo, senza che altri lo facciano per loro”, conclude Guarda. La nuova delibera della giunta regionale sui centri diurni presenta alcune criticità, sottolinea poi Andrea Angelozzi, già direttore del dipartimento di salute mentale di Treviso.
“Viene proposto un incremento dei posti disponibili all’interno delle strutture residenziali, ma i dati degli ultimi anni dimostrano come i posti già esistenti siano stati occupati solo in parte (al massimo al 60%) e quindi ci sfugge la ratio di un simile incremento”, afferma. “Inoltre, il provvedimento dell’esecutivo regionale rimarca il ruolo riabilitativo dei centri diurni ma, se analizziamo anche in questo caso i dati nazionali, possiamo renderci conto di come in Veneto le attività riabilitative siano molto rappresentate e sono il doppio di quelle nazionali, mentre vengono sottostimate le attività terapeutiche, nei centri di salute mentale, che invece sono la metà di quelle nazionali”. A questo si aggiunge l’impossibilità di far fronte alle esigenze assistenziali con gli operatori del servizio pubblico”, che “porta a effettuare ulteriori investimenti nel settore del privato, superiori al 50% della spesa che la Regione affronta per la salute mentale”.