Il silenzio e l’odore della morte. Il camminare tra corpi senza vita e bare di legno, mentre al pianto del Vajont si sommavano i loro singhiozzi. Quelli di 6 giovani piovenesi: sei Alpini, all’epoca ventenni, che sin dalle prime ore prestarono soccorso. Chi un mese, chi quattro, questi sei alpini passarono ogni giorno a scavare tra fango e macerie. Nel 60emo della tragedia, a loro, il Gruppo Alpini di Piovene Rocchette e la Sezione ANA di Vicenza ‘Monte Pasubio’ hanno voluto riconoscere gratitudine.
Maurizio Bertollo, Osvaldo Buzzacchero, Flavio Chilò, Triestino Marigo, Vittorio Pasin e Mario Vallortigara. Ottantenni di oggi che ancora riportano con vividezza i loro ricordi di allora. Dal ritrovarsi in fretta e furia sulla carrozza di un treno, o su una camionetta militare. Destinazione Belluno, poi lo smistamento tra i luoghi della tragedia. Una mobilitazione che avviene in poco tempo: chi in una manciata d’ore, chi nel giro di una sole notte. Questi 6 piovenesi erano poco più che ventenni e soldati di leva: alpini che al motto ‘tasi e tira’ dall’oggi al domani si son trovati a scavare nel fango. A volte con picco e badile, a volte a mani nude. Restituendo alla luce del sole corpi priva di vita. “Non si contavano più”, ricordano come il numero di bare che aumentava di minuto in minuto. Una tragedia lontana ai nostri tempi, ma con una ferita ancora bruciante, che oggi viene resa anche dagli scatti in bianco e nero fatti dall’alpino Maurizio Bertollo.
“Quello che avete fatto è una cosa straordinaria-dichiara Vittorio Dal Zotto, consigliere della sezione di Vicenza ‘Monte Pasubio’ che, oltre ai 6 alpini di Piovene Rocchette, ha premiato anche altre duecento Penne Nere per i soccorsi prestati tra i paesi devastati dalla tragedia del Vajont-Porto i saluti del nostro direttivo assieme al massimo orgoglio che vogliamo esprimervi per quanto avete fatto all’epoca. Ai giorni nostri noi ricordiamo quel dramma tramite immagini di repertorio, in bianco e nero. Scatti duri e crudi che voi avete vissuto direttamente e da giovanissimi. Impegnati nella naja siete stati tra i primi ad arrivare.”
Scenari di distruzione e di morte. “Impossibili da dimenticare”, ricorda uno dei sei Alpini, Maurizio Bertollo “appena arrivato mi resi contro di trovarmi davanti ad un disastro. Passai un mese a scavare. Ad ogni colpo di piccone c’era una salma da recuperare: camminavano tra fila di corpi e bare. Tutto era irriconoscibile, la forza dell’acqua aveva travolto e spazzato via tutto”. Immagini indelebili nella loro mente, come racconta Flavio Chilò: “eravamo di leva e subito fummo spediti a prestare soccorso. Era un dovere-continua-Quella notte, del 9 ottobre, ero in caserma quando suonò l’allarme e senza sapere nulla fummo caricati su una camionetta. Solo quando arrivammo lì capimmo cosa era successo e cosa ci aspettava. Oltre alla morte di migliaia di persone, davanti ai nostri occhi la devastazione totale. L’acqua aveva avuto una forza tale da attorcigliare persino i binari della ferrovia”.
A ringraziare e premiare con un attestato questi sei Alpini anche il sindaco Erminio Masero: “Voi siete stati tra i primi soccorritori e avevate poco più che vent’anni. Dalle vostre testimonianza si capisce ancor di più quale dramma avete vissuto: trovandosi a scavare tra le macerie, prestando soccorso ai feriti e recuperando le salme di tante persone strappate alla vita dall’ondata furiosa dell’acqua-continua-La tragedia del Vajont innescata dall’ingordigia umana che ha strappato la vita di chi abitava a valle della diga, radendo al suolo molti comuni. E voi siete partiti, obbedendo agli ordini e ancor prima al nostro motto alpino ‘tasi e tira’. Per questo oggi siamo qua a ringraziarvi”.
Oltre ai ringraziamenti, anche la consegna di un attestato e una medaglia da parte di Dal Zotto e del capogruppo degli Alpini di Piovene Rocchette, Giovanni Pattanaro che commenta: “avervi qua tra noi in questa occasione riempie di orgoglio la nostra famiglia alpina di Piovene Rocchette-continua-Vi ringrazio di essere venuti e ancora una volta, a nome di tutto il Gruppo, voglio esprimervi gratitudine per quello che avete fatto, facendo vostro lo spirito alpino siete stati, e ancora siete, un grande esempio per noi”.
di Redazione AltovicentinOnline