La Miteni passa al contrattacco e presenta il conto. Depositato il ricorso al Tar del Veneto per danni da 100 milioni di euro.
Un conto pesante, che vede sommati i danni passati e futuri, in tutto poco meno di cento milioni di euro, 98,5 mln. Una cifra da capogiro che vede chiamati all’appello Regione, Provincia, Comune di Trissino, Arpav, il consorzio di bonifica alta pianura veneta ed inoltre Alto Vicentino Servizi.
Nello stilare il conto l’azienda chimica di Trissino ha messo in conto 44 milioni di euro di perdita, dovuta a calo di fatturato conseguente allo stop della produzione dei reparti. Altra voce rilevante i 48 milioni di euro per la demolizione di alcune parti dello stabilimento, con conseguente rimozione degli impianti di produzione. Un conteggio che si va a concludere col costo degli operai, pari a 4 milioni di euro, oltre ai soldi spesi per eseguire i carotaggi, circa 2,5 milioni di euro.
Nel ricorso presentato al Tar del Veneto i legali della Miteni puntano il dito sulla rete di indagini e la bonifica istituite dal comitato tecnico, che Miteni non riconosce perché al di fuori di leggi che ne prevedano l’esistenza.
Un intervento, quello delle indagini che prevede carotaggi ogni 10 metri, che la Miteni ha ritenuto paradossale perché, secondo l’azienda, immotivati quando i punti di prelievo del terreno vengono posizionati dove non c’è segnale di inquinamento di falda, ovvero sotto quelle parti di edificio tirate su quando la produzione dei Pfas non era ancora stata avviata.
Se per il momento i destinatari del pesante conto non proferiscono parola, preparandosi alla battaglia legale, a Trissino la sicurezza con cui l’amministrazione comunale sta portando avanti la sua battaglia conto i pfas, non vacilla, nemmeno sotto il colpo del riscorso. Vige perentoria, per il Comune di Trissino, di arrivare alla conclusione del caso Pfas, per dare una verità richiesta non solo dai propri cittadini, ma dalle oltre 350 mila persone esposte al veleno dei pfas.
P.V.