“Quello che è successo a mio padre non deve succedere a nessun altro”. Questo l’appello di M.V., residente nell’Alto Vicentino che chiede giustizia per suo padre, che a 73 anni non ha più speranze se non lasciar correre il normale flusso della vita. La definisce una ‘disavventura sanitaria dal triste epilogo’, l’impotenza di un figlio davanti all’avanzare della malattia di un padre lo spinge a scrivere alla Regione Veneto, alla direzione sanitaria e all’Urp dai quali non ha ricevuto alcuna risposta, ora passa il compito di divulgazione ai giornali.
“Sono qui perché voglio denunciare la triste realtà di un figlio che dovrà accompagnare nella battaglia con la malattia il proprio genitore. Forse se avessero diagnosticato prima questo orrendo cancro avremmo potuto seguire altri percorsi per potergli dare una speranza in più e forse la realtà sarebbe stata diversa”.
Tutto ha inizio a giugno 2022, durante una normale operazione d’igiene personale quando ci si accorge al tatto che il padre aveva un rigonfiamento al lato sinistro del corpo. Da lì inizia un calvario di appuntamenti slittati, professionisti a suo dire ‘poco professionali’ e ingiustizie subite. La famiglia quindi interpella il medico di base che dà il via a l’iter per determinarne la diagnosi tramite agoaspirato e ecografia, eseguita in privato per via dei tempi di attesa, e fino qui, sostiene il figlio, “qualcosa di tollerabile”.
Ad agosto 2022 decidono di chiedere un altro parere allo specialista in modo da avere una risposta più veloce, e la diagnosi è di rilevanza importante ma non grave. Per scrupolo decidono di eseguire una RMN con contrasto e avviano la richiesta di riconoscimento d’invalidità tramite con varie visite, per le quali la famiglia riporta incompetenza e scarsa sensibilità da parte di qualche medico.
Ad agosto 2022 viene riconosciuta l’invalidità al 100% con sostegno e si aggiungono altri problemi fisici che aggravando il corpo del pensionato: dalla colonna vertebrale in sofferenza, ad una scarsa deambulazione, oltre a piccole ischemie riscontrate in fase di accertamento per invalidità. La risonanza richiesta dallo specialista viene messa in lista di attesa e nel frattempo per l’uomo arriva per la seconda volta anche il Covid che lo alletta a settembre 2022, durato 46 giorni tra ospedale ed RSA, un ricovero che segna ulteriormente la persona.
Nel novembre 2020 l’uomo era già stato curato, con scrupolo e professionalità, per via di un primo ricovero Covid, durato 19 giorni che lo ha segnato fisicamente con la perdita di 19 kg, in aggiunta un’embolia polmonare da controllare e mentalmente provato.
Dopo circa 60 giorni dalla visita dallo specialista, la famiglia viene contattata per effettuare l’esame ma dal Cup si vedono strappare l’impegnativa perché scaduta ed ‘impossibile da spostare’. “Questo a mio avviso è stata una mancanza di professionalità ed interpretazione della situazione da parte dell’operatrice, perché una soluzione si trova sempre al di là della burocrazia e degli schemi” racconta M.V.
La madre di M.V., con non poche difficoltà, riesce ad avere un’altra impegnativa dal medico con altro percorso di priorità e infine a novembre/dicembre 2022 si riesce ad eseguire la risonanza magnetica che fotografa una realtà davvero allarmante, il problema si è evoluto: da 1.4 cm a 4,5 cm x 4.5 cm x 4.5 cm. Interpellato di nuovo lo specialista si decide di ripetere l’agoaspirato a gennaio che sentenzia “carcinoma”.
Ad inizio febbraio un’altra visita oncologica con un professionista il quale, come sottolinea M.Z., ‘benché faccia parte del Sistema Sanitario Nazionale, ha dimostrato chiarezza ed empatia’. Li informa che sarà una battaglia difficile vista la situazione, ma decide comunque di mandarli a Vicenza in Radioterapia per un consulto. La segreteria del Cup li contatta chiedendo loro se vogliono fare subito una risonanza e il 24 Febbraio riescono ad eseguirla, una visita RMN relativa all’impegnativa in lista d’attesa di settembre, ben 180 giorni dopo! Troppo tempo in attesa, una priorità che a quanto afferma M.Z. non è stata presa in considerazione dal Cup che li ha fatti attendere 6 mesi, tempo che ha permesso al carcinoma di avanzare rapidamente.
“Ora finché durerà durerà. L’intervento chirugico sarebbe devastante, già mio padre è provato psicologicamente e sarebbe un intervento troppo gravoso sia a livello chirurgico. Se avessimo avutoper tempo la diagnosi forse ad oggi la realtà di mio padre sarebbe stata diversa. Spero di sensibilizzare le persone che siedono e dirigono la nostra Regione e Aussl 7. Sono lì per tutelare, informare e mettere a nostra disposizione medici che con professionalità ed empatia siano in grado di fare bene il loro lavoro. Che sia, quello che sta succedendo a mio papà’, un punto di inizio per migliorare la situazione. Sarà dura combattere ma ci proviamo, in 180 giorni il male cambia e si evolve”.
Firmato: ‘Un figlio che combatterà al fianco del genitore perché è colui che gli ha dato vita e formato la sua educazione’.
Laura San Brunone (foto generica dal web)